Com’è noto, le statistiche ufficiali in relazione alla durata dei processi penali sono scarsamente disponibili o comunque non pienamente affidabili. A partire dalle difficoltà legate all’accesso a fonti di tipo quantitativo e dalla loro limitata potenzialità informativa, abbiamo optato per selezionare un campione di operatori del diritto - togati e non – che potessero fungere da testimoni privilegiati. Alla ricerca fa da sfondo la realtà di alcuni tribunali italiani, eterogenei per contesto territoriale di riferimento, dimensioni e tipicità della criminalità locale. A proposito della composizione del campione degli intervistati, è da mettere in evidenza il fatto che per la prima volta in una ricerca di questo genere sono state analizzate anche le posizioni dei funzionari di cancelleria. Oltre a questi ultimi, il campione di testimoni privilegiati sottoposto a rilevazione si compone di magistrati, requirenti e giudicanti. Infine, sono state rilevate le posizioni di due Avvocati per ogni sede, ove possibile uno difensore e l’altro di parte civile. La traccia dell’intervista in profondità comprendeva una serie di temi-stimolo che affrontano molteplici questioni legate alla durata – eccessiva – dei processi penali in Italia. Tra questi, quesiti relativi alle rappresentazioni delle durate medie dei procedimenti secondo i singoli testimoni privilegiati, domande su quali fossero le durate considerate “normali” e quali invece quelle giudicate “patologiche”, sugli intoppi tipici che contribuiscono a rallentare il procedimento, e molte altre. In altri termini, l’obiettivo principale che ci ponevamo attraverso la conduzione del colloquio era quello di indagare in modo specifico elementi dell’esperienza personale, delle idee e delle prassi messe in atto da questi operatori del diritto. Volevamo conoscere dati e interpretazioni relativi alle esperienze vissute di fatto e non semplici osservazioni di senso comune. I colloqui, una volta registrati e trascritti integralmente, sono stati sottoposti ad analisi del contenuto. La procedura ha consentito di individuare se vi fossero corrispondenze tra qualità delle posizioni dei testimoni privilegiati sulla durata del processo e ruoli giocati nell’ambito del sistema della giustizia penale. Un’altra variabile indipendente ipoteticamente efficace sul piano interpretativo è rappresentata dalla realtà contestuale del tribunale sottoposto alla rilevazione. E’ noto, infatti, che tribunali diversi – ad esempio, più o meno grandi – possono evidenziare tempi variamente elevati a seconda delle dimensioni, ma anche del differente carico penale. Alcuni risultati ottenuti possono fungere, meglio di altri, da stimoli per instaurare un scambio proficuo tra operatori e studiosi del diritto e della società, nella prospettiva di proporre potenziali rimedi alla questione della durata eccessiva dei processi. Un primo aspetto riguarda il collegamento tra tempistica processuale e obbligatorietà dell’azione penale; un altro è relativo ai presupposti organizzativi per un uso efficace delle norme che affrontano il problema della durata dei processi; un terzo aspetto riguarda l’istituto della prescrizione. In primo luogo, nonostante il principio di obbligatorietà dell’azione penale, diversi operatori hanno dichiarato di impiegare modalità “fai da te” per ovviare al peso del carico penale e, nel caso particolare dei magistrati requirenti, di applicare criteri di priorità – magari ispirati al buon senso - nella trattazione dei casi. In secondo luogo, i dati evidenziano ulteriori strategie messe in atto per rendere possibile il corretto funzionamento del processo penale (gestione dei riti alternativi, organizzazione secondo specializzazione dei magistrati e così via). Infine, merita un cenno il tema complesso e delicato della prescrizione, vera peculiarità del sistema italiano.

Illustrazione della metodologia e dei risultati di una ricerca sociologica sulla durata del processo penale

ZANIER, Maria Letizia
2005-01-01

Abstract

Com’è noto, le statistiche ufficiali in relazione alla durata dei processi penali sono scarsamente disponibili o comunque non pienamente affidabili. A partire dalle difficoltà legate all’accesso a fonti di tipo quantitativo e dalla loro limitata potenzialità informativa, abbiamo optato per selezionare un campione di operatori del diritto - togati e non – che potessero fungere da testimoni privilegiati. Alla ricerca fa da sfondo la realtà di alcuni tribunali italiani, eterogenei per contesto territoriale di riferimento, dimensioni e tipicità della criminalità locale. A proposito della composizione del campione degli intervistati, è da mettere in evidenza il fatto che per la prima volta in una ricerca di questo genere sono state analizzate anche le posizioni dei funzionari di cancelleria. Oltre a questi ultimi, il campione di testimoni privilegiati sottoposto a rilevazione si compone di magistrati, requirenti e giudicanti. Infine, sono state rilevate le posizioni di due Avvocati per ogni sede, ove possibile uno difensore e l’altro di parte civile. La traccia dell’intervista in profondità comprendeva una serie di temi-stimolo che affrontano molteplici questioni legate alla durata – eccessiva – dei processi penali in Italia. Tra questi, quesiti relativi alle rappresentazioni delle durate medie dei procedimenti secondo i singoli testimoni privilegiati, domande su quali fossero le durate considerate “normali” e quali invece quelle giudicate “patologiche”, sugli intoppi tipici che contribuiscono a rallentare il procedimento, e molte altre. In altri termini, l’obiettivo principale che ci ponevamo attraverso la conduzione del colloquio era quello di indagare in modo specifico elementi dell’esperienza personale, delle idee e delle prassi messe in atto da questi operatori del diritto. Volevamo conoscere dati e interpretazioni relativi alle esperienze vissute di fatto e non semplici osservazioni di senso comune. I colloqui, una volta registrati e trascritti integralmente, sono stati sottoposti ad analisi del contenuto. La procedura ha consentito di individuare se vi fossero corrispondenze tra qualità delle posizioni dei testimoni privilegiati sulla durata del processo e ruoli giocati nell’ambito del sistema della giustizia penale. Un’altra variabile indipendente ipoteticamente efficace sul piano interpretativo è rappresentata dalla realtà contestuale del tribunale sottoposto alla rilevazione. E’ noto, infatti, che tribunali diversi – ad esempio, più o meno grandi – possono evidenziare tempi variamente elevati a seconda delle dimensioni, ma anche del differente carico penale. Alcuni risultati ottenuti possono fungere, meglio di altri, da stimoli per instaurare un scambio proficuo tra operatori e studiosi del diritto e della società, nella prospettiva di proporre potenziali rimedi alla questione della durata eccessiva dei processi. Un primo aspetto riguarda il collegamento tra tempistica processuale e obbligatorietà dell’azione penale; un altro è relativo ai presupposti organizzativi per un uso efficace delle norme che affrontano il problema della durata dei processi; un terzo aspetto riguarda l’istituto della prescrizione. In primo luogo, nonostante il principio di obbligatorietà dell’azione penale, diversi operatori hanno dichiarato di impiegare modalità “fai da te” per ovviare al peso del carico penale e, nel caso particolare dei magistrati requirenti, di applicare criteri di priorità – magari ispirati al buon senso - nella trattazione dei casi. In secondo luogo, i dati evidenziano ulteriori strategie messe in atto per rendere possibile il corretto funzionamento del processo penale (gestione dei riti alternativi, organizzazione secondo specializzazione dei magistrati e così via). Infine, merita un cenno il tema complesso e delicato della prescrizione, vera peculiarità del sistema italiano.
2005
9788834855287
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/40696
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