Non ogni istituzione è, evidentemente, un estenuare. Tra i significati del verbo c’è, infatti, quello di snervare, stancare, spossare, indebolire. Tuttavia, c’è un senso in cui estenuazione ed istituzione possono essere associate. Pur senza circoscrivere i limiti dell’epoca in cui ciò è accaduto, potremmo aggettivare tale fase storica con “moderna”, usando l’aggettivo in un senso alquanto ampio, ignorando tanto dichiaratamente quanto arbitrariamente ogni riferimento storico più preciso ed identificandolo con quel modo di intendere la coscienza caratterizzato da un gesto insuperato: l’estenuazione equivale all’istituzione di una coscienza capace di auto-individuare sé auto-garantendosi nella propria auto-attestazione. Non il soggetto, o l’ego, ma la coscienza, il conscium sui, il compos sui. Non il “sé”, efficacemente indagato come “altro” da Ricoeur, ma la coscienza (né “sé”, né “soggetto”, dunque). Coscienza della quale già Maine de Biran, dopo Descartes ed opponendosi al gesto da lui compiuto, aveva individuato la complessità, definendola come sentimento dell’esistenza di sé. Più complessa dell’io e del soggetto, questa è un sentire sé che implica padronanza di sé, consapevolezza di sé che nasce grazie all’effort. Il termine, normalmente tradotto con sforzo, potrebbe essere inteso, più opportunamente, come tentativo, giacché indica la nascita della singolarità non in quanto auto-posizione ma come sentimento di sé che nasce nello scontro con una resistenza, innanzitutto la resistenza del corpo proprio. Ad essere veramente indicibile è questa coscienza, la quale nasce nei tentativi che compie appropriandosi di sé. Nei tentativi nei quali nasce il sentimento di sé, e non in un tentativo (inaugurato invece da Descartes) che equivale all’auto-posizione di una res cogitans.

Le resistenze moderne: singolarità indicibile della coscienza ed estenuazione dell'autorità della cultura

CANULLO, Carla
2009-01-01

Abstract

Non ogni istituzione è, evidentemente, un estenuare. Tra i significati del verbo c’è, infatti, quello di snervare, stancare, spossare, indebolire. Tuttavia, c’è un senso in cui estenuazione ed istituzione possono essere associate. Pur senza circoscrivere i limiti dell’epoca in cui ciò è accaduto, potremmo aggettivare tale fase storica con “moderna”, usando l’aggettivo in un senso alquanto ampio, ignorando tanto dichiaratamente quanto arbitrariamente ogni riferimento storico più preciso ed identificandolo con quel modo di intendere la coscienza caratterizzato da un gesto insuperato: l’estenuazione equivale all’istituzione di una coscienza capace di auto-individuare sé auto-garantendosi nella propria auto-attestazione. Non il soggetto, o l’ego, ma la coscienza, il conscium sui, il compos sui. Non il “sé”, efficacemente indagato come “altro” da Ricoeur, ma la coscienza (né “sé”, né “soggetto”, dunque). Coscienza della quale già Maine de Biran, dopo Descartes ed opponendosi al gesto da lui compiuto, aveva individuato la complessità, definendola come sentimento dell’esistenza di sé. Più complessa dell’io e del soggetto, questa è un sentire sé che implica padronanza di sé, consapevolezza di sé che nasce grazie all’effort. Il termine, normalmente tradotto con sforzo, potrebbe essere inteso, più opportunamente, come tentativo, giacché indica la nascita della singolarità non in quanto auto-posizione ma come sentimento di sé che nasce nello scontro con una resistenza, innanzitutto la resistenza del corpo proprio. Ad essere veramente indicibile è questa coscienza, la quale nasce nei tentativi che compie appropriandosi di sé. Nei tentativi nei quali nasce il sentimento di sé, e non in un tentativo (inaugurato invece da Descartes) che equivale all’auto-posizione di una res cogitans.
2009
9788871052656
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