Più che mai oggi occorre salvaguardarsi, specie da parte di chi lavora all’educazione e alla formazione dell’umano, dal rischio di lasciarsi irretire dai vantaggi del buon funzionamento della vita e di cedere all’ appiattimento della ricchezza dell’umano sulle sole funzioni processuali ed esecutive messe in atto nel lavoro. Pressante si è fatta la questione, che già Max Weber e E. Husserl si posero, se sia possibile ai nostri giorni coniugare umanità e lavoro. La scoperta, evidenziata dalla fenomenologia del lavoro di Max Scheler, che il lavorare può essere portatore per l’uomo anche del significato morale di «eseguire un compito», ci libera almeno dall’unilateralità paralizzante dell’aspettativa di una soluzione esclusivamente oggettiva al problema dell’alienazione nel lavoro, aprendoci vie individuali da percorrere, mentre continuiamo ad adoperarci alla trasformazione strutturale del mondo. I dubbi dei professionisti della scienza e dell’educazione, scettici sulla possibilità di coniugare umanità e lavoro, possono così essere dissipati dalla nuova certezza, filosoficamente acquisita e affidata alla sfida della pratica realizzativa, per cui ciascun lavoratore può trovare, nella sua dimensione morale, all’interno del proprio progetto di vita, il personale motivo del suo lavoro, che gli consente sia di svincolarsi, attraversandola, dalla inevitabile alienazione, che ogni processo meramente esecutivo di per sé comporta, sia di non perdere i vantaggi che, in termini di efficacia ed efficienza, l’immanenza al lavoro nella sua oggettività organizzata, immancabilmente, produce.

Lavorare all’educazione con filosofia

VERDUCCI, Daniela
2007-01-01

Abstract

Più che mai oggi occorre salvaguardarsi, specie da parte di chi lavora all’educazione e alla formazione dell’umano, dal rischio di lasciarsi irretire dai vantaggi del buon funzionamento della vita e di cedere all’ appiattimento della ricchezza dell’umano sulle sole funzioni processuali ed esecutive messe in atto nel lavoro. Pressante si è fatta la questione, che già Max Weber e E. Husserl si posero, se sia possibile ai nostri giorni coniugare umanità e lavoro. La scoperta, evidenziata dalla fenomenologia del lavoro di Max Scheler, che il lavorare può essere portatore per l’uomo anche del significato morale di «eseguire un compito», ci libera almeno dall’unilateralità paralizzante dell’aspettativa di una soluzione esclusivamente oggettiva al problema dell’alienazione nel lavoro, aprendoci vie individuali da percorrere, mentre continuiamo ad adoperarci alla trasformazione strutturale del mondo. I dubbi dei professionisti della scienza e dell’educazione, scettici sulla possibilità di coniugare umanità e lavoro, possono così essere dissipati dalla nuova certezza, filosoficamente acquisita e affidata alla sfida della pratica realizzativa, per cui ciascun lavoratore può trovare, nella sua dimensione morale, all’interno del proprio progetto di vita, il personale motivo del suo lavoro, che gli consente sia di svincolarsi, attraversandola, dalla inevitabile alienazione, che ogni processo meramente esecutivo di per sé comporta, sia di non perdere i vantaggi che, in termini di efficacia ed efficienza, l’immanenza al lavoro nella sua oggettività organizzata, immancabilmente, produce.
2007
9788860560438
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