La natura singolare del genere letterario inaugurato da Agostino nelle “Confessiones”, dove i contenuti strettamente autobiografici sono costantementi modulati alla luce della fede, contiene una chiave di lettura implicita. Scostandosi dalla tradizione classica, il protagonista non interpreta la figura idealizzata e atemporale dell'eroe, di cui cantare, come per Ulisse, il cammino eroico e vittorioso di ritrovamento della patria perduta; si presenta piuttosto come il figlio prodigo della parabola evangelica, che compie un viaggio posto il segno dello smarrimento e del ritrovamento. L’Autore, che compare come soggetto e insieme oggetto della narrazione, intende affermare che il vero protagonista è un Altro. Si delinea cosi un autentico capovolgimento nella struttura narrativa: l’uomo può cercare e scoprire Dio nel tempo, solo in quanto Dio stesso, per primo, sin dall'eternità “scopre” e cerca l'uomo, il quale ne porta, nel cuore, un'impronta indelebile. A questo punto il rapporto dialogico è letteralmente ribaltato: dinanzi all’Altro, che si rivela come il polo costitutivo e fondante della relazione, l'“io” dell'uomo si ritrova posto all'accusativo del “me”, come colui che si scopre amato, perdonato, salvato.
Le Confessioni di Agostino e la scoperta dell’io
ALICI, Luigino
2003-01-01
Abstract
La natura singolare del genere letterario inaugurato da Agostino nelle “Confessiones”, dove i contenuti strettamente autobiografici sono costantementi modulati alla luce della fede, contiene una chiave di lettura implicita. Scostandosi dalla tradizione classica, il protagonista non interpreta la figura idealizzata e atemporale dell'eroe, di cui cantare, come per Ulisse, il cammino eroico e vittorioso di ritrovamento della patria perduta; si presenta piuttosto come il figlio prodigo della parabola evangelica, che compie un viaggio posto il segno dello smarrimento e del ritrovamento. L’Autore, che compare come soggetto e insieme oggetto della narrazione, intende affermare che il vero protagonista è un Altro. Si delinea cosi un autentico capovolgimento nella struttura narrativa: l’uomo può cercare e scoprire Dio nel tempo, solo in quanto Dio stesso, per primo, sin dall'eternità “scopre” e cerca l'uomo, il quale ne porta, nel cuore, un'impronta indelebile. A questo punto il rapporto dialogico è letteralmente ribaltato: dinanzi all’Altro, che si rivela come il polo costitutivo e fondante della relazione, l'“io” dell'uomo si ritrova posto all'accusativo del “me”, come colui che si scopre amato, perdonato, salvato.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.