Nel difficile e controverso rapporto che si instaura, all’indomani dell’Unità nazionale, tra la grande e le piccole patrie, la nascita dei musei civici costituisce uno snodo fondamentale per l’affermazione di un’identità locale che, molto spesso, si incardina intorno alla celebrazione del massimo artista cittadino, cui il museo stesso viene intitolato. In un’area di confine come Gualdo Tadino, a cavallo dell’Appennino umbro-marchigiano, questo processo verrà costruito nel nome di Matteo di Pietro di Ser Bernardo, pittore notaio, capostipite di una dinastia di artisti, operante nella metà del XV secolo ed esponente di una cultura di confine caratterizzata da una cifra “espressionistica” ed eccentrica che si sviluppa lungo un asse che unisce Padova, con la scuola dello Squarcione, a Foligno, passando per le Marche dei Crivelli. Alla sua figura, oltre al museo, tra la fine dell’800 e l’inizio del’900, allorchè la prima mostra dedicata all’Antica Arte Umbra (1907) ne definirà per la prima volta i caratteri precipui, si legherà infatti l’orgoglio civico di Gualdo Tadino, che a Matteo dedicherà lapidi, affreschi, alberghi e legherà la fortuna anche economica delle scuole ceramiche locali. La costruzione del mito di Matteo costituisce, dunque, un episodio probante del ruolo svolto dal museo nel clima culturale della tarda stagione ottocentesca, allorchè la questione della destinazione delle opere d’arte seguita alle demaniazioni divenne parte integrante ed emblematica del trauma complessivo sia istituzionale e amministrativo che sociale ed economico determinato dall’applicazione alla realtà regionale della legislazione piemontese.
Musei locali e mitografia artistica: Matteo da Gualdo
DRAGONI, PATRIZIA
2004-01-01
Abstract
Nel difficile e controverso rapporto che si instaura, all’indomani dell’Unità nazionale, tra la grande e le piccole patrie, la nascita dei musei civici costituisce uno snodo fondamentale per l’affermazione di un’identità locale che, molto spesso, si incardina intorno alla celebrazione del massimo artista cittadino, cui il museo stesso viene intitolato. In un’area di confine come Gualdo Tadino, a cavallo dell’Appennino umbro-marchigiano, questo processo verrà costruito nel nome di Matteo di Pietro di Ser Bernardo, pittore notaio, capostipite di una dinastia di artisti, operante nella metà del XV secolo ed esponente di una cultura di confine caratterizzata da una cifra “espressionistica” ed eccentrica che si sviluppa lungo un asse che unisce Padova, con la scuola dello Squarcione, a Foligno, passando per le Marche dei Crivelli. Alla sua figura, oltre al museo, tra la fine dell’800 e l’inizio del’900, allorchè la prima mostra dedicata all’Antica Arte Umbra (1907) ne definirà per la prima volta i caratteri precipui, si legherà infatti l’orgoglio civico di Gualdo Tadino, che a Matteo dedicherà lapidi, affreschi, alberghi e legherà la fortuna anche economica delle scuole ceramiche locali. La costruzione del mito di Matteo costituisce, dunque, un episodio probante del ruolo svolto dal museo nel clima culturale della tarda stagione ottocentesca, allorchè la questione della destinazione delle opere d’arte seguita alle demaniazioni divenne parte integrante ed emblematica del trauma complessivo sia istituzionale e amministrativo che sociale ed economico determinato dall’applicazione alla realtà regionale della legislazione piemontese.File | Dimensione | Formato | |
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