Il Ratto di Elena «Più non resisto, dice; e niun dannarmi / Potrà d’infida, se a mia fé si oppone / La tua beltade, Amor, Ciprigna e Giove». Con queste parole l’Elena sulgheriana decide di abbandonare Sparta e partire con Paride, non senza mettere in campo, comunque, un estremo tentativo di salvaguardare la propria onestà. L’autrice segue, infatti, la versione del rapimento consenziente, ma dà vita a una riscrittura della tradizione classica del tutto originale, forgiando una protagonista che, assecondando la propria passione, autodetermina la propria esistenza. Il poema "Il Ratto di Elena", finora inedito, non solo costituisce un tassello essenziale della storia della narrativa in versi nel Settecento ma, nel dialogo con le fonti, disegna anche un percorso di genere. Celeberrima ai suoi tempi come improvvisatrice, poi condannata all’oblio, Fortunata Sulgher (1755-1824) costituisce un caso esemplare e paradossale della “forclusione” (Sanguineti) della scrittura delle donne dal canone letterario. Munita di un’ampia preparazione che spaziava dalle lingue, classiche e moderne, alle scienze, è stata un’interprete peculiare della seconda metà del Settecento, assorbendo in un’amalgama originale istanze illuministiche, motivi neoclassici e fermenti romantici. Oltre alle poesie estemporanee, è autrice anche di “testi meditati”, in cui riponeva le speranze di una consacrazione letteraria, finora ignorati dalla critica.

Fortunata Sulgher Fantastici, "Il Ratto di Elena", edizione commentata a cura di Sara Lorenzetti

Lorenzetti, S
2025-01-01

Abstract

Il Ratto di Elena «Più non resisto, dice; e niun dannarmi / Potrà d’infida, se a mia fé si oppone / La tua beltade, Amor, Ciprigna e Giove». Con queste parole l’Elena sulgheriana decide di abbandonare Sparta e partire con Paride, non senza mettere in campo, comunque, un estremo tentativo di salvaguardare la propria onestà. L’autrice segue, infatti, la versione del rapimento consenziente, ma dà vita a una riscrittura della tradizione classica del tutto originale, forgiando una protagonista che, assecondando la propria passione, autodetermina la propria esistenza. Il poema "Il Ratto di Elena", finora inedito, non solo costituisce un tassello essenziale della storia della narrativa in versi nel Settecento ma, nel dialogo con le fonti, disegna anche un percorso di genere. Celeberrima ai suoi tempi come improvvisatrice, poi condannata all’oblio, Fortunata Sulgher (1755-1824) costituisce un caso esemplare e paradossale della “forclusione” (Sanguineti) della scrittura delle donne dal canone letterario. Munita di un’ampia preparazione che spaziava dalle lingue, classiche e moderne, alle scienze, è stata un’interprete peculiare della seconda metà del Settecento, assorbendo in un’amalgama originale istanze illuministiche, motivi neoclassici e fermenti romantici. Oltre alle poesie estemporanee, è autrice anche di “testi meditati”, in cui riponeva le speranze di una consacrazione letteraria, finora ignorati dalla critica.
2025
9788831225601
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