Il presente lavoro di tesi è composto da quattro sezioni. Nella prima (Premessa) vengono illustrate alcune prospettive metodologiche seguite nel corso della ricerca (§ 0.) e successivamente discusse questioni di carattere teorico che anticipano tematiche poi ulteriormente approfondite nei capitoli successivi (§ 1.). Oltre a disamine di carattere linguistico, in questa prima parte viene tracciato un profilo teorico sui rapporti che l’allegoria intrattiene con altre componenti del linguaggio figurato (metafore, similitudini, simboli, etc.) e chiarita la differenza che intercorre tra allegorismo poetico e teologico. La seconda sezione della tesi (Parte I – Verso Dante) apre più propriamente alla ricostruzione storico-critica delle dinamiche da cui sono scaturite le varie tipologie di allegoria che troveranno risonanza anche in Dante. Evitando un approccio monodimensionale unicamente focalizzato sul poeta fiorentino, ci si è impegnati a configurare un orizzonte geograficamente e cronologicamente così esteso da poter inglobare in esso i prodomi del pensiero dantesco sull’allegoria. La convinzione di chi scrive è infatti quella che uno studio serio che ha in Dante il suo centro propulsore non possa tralasciare ciò che gli orbita attorno, né tantomeno le esperienze pregresse di quei pensatori che a loro modo hanno preparato, e in alcuni casi anticipato, l’unicum dantesco. In questa macro-sezione viene prima di tutto riabilitata l’ermeneutica allegorica (§ 2.) come atto di risemantizzazione di sistemi culturali non più centrati rispetto a determinati paradigmi storicamente dominanti (l’inclusione del sapere pagano in quello cristiano) e successivamente valorizzate le proprietà difensive dell’allegoresi rispetto a casi di preannunciata inconciliabilità dottrinale (dalla riqualifica dei poemi omerici alle apparenti contraddittorietà dei testi sacri fino alla presunta eterodossia dantesca). Ampio spazio è riservato alla formazione della struttura tetrapartita dell’allegoria in factis (§ 3.). Individuata una figura di riferimento per ognuno dei quattro livelli interni dell’allegoria biblica – Ugo e Riccardo di San Vittore per la lettera, Paolo per la tipologia, Gregorio Magno per la tropologia e Agostino come propugnatore di un escatologismo figurato – si è progressivamente allargato il discorso dalle innovazioni che i vari teologi considerati hanno apportato al canone dell’allegorismo sacro a un piano olistico che restituisca la complessità della compagine sovratestuale mistica. Il rapporto tra figura e figuratum nell’ambito della scientia sacra pertiene tuttavia maggiormente a Tommaso, da cui Dante trasse gran parte delle coordinate dell’allegorismo biblico e soprattutto dell’anagogia (§ 4.). Ciò che viene privilegiato della teologia tomista non è solo la proiezione dei plures sensus dall’una littera sacra ma anche la conversione della polisemia divina mediante un comune repertorio metaforico. Quest’ultimo è inoltre pertinente a introdurre un secondo tipo di allegoria, quella in verbis, che idealmente chiude la sezione di avvicinamento a Dante. Riconoscendo anche alla poesia un ruolo didascalico – lungo un percorso di approssimazione alla Commedia si propone la codifica di una poesia scientifica con Alano di Lilla e il sorgere di una nuova sintassi allegorica con le rivoluzioni ipostatizzanti di Prudenzio e del Roman de la Rose – si è avuto modo di riflettere sulle strutture testuali (integumenta) che hanno permesso a racconti di finzione di trasmettere insegnamenti morali e filosofici (§ 5.). Nella seconda macro-sezione della tesi (Parte II – Dante) l’allegorismo dantesco viene indagato, senza tralasciare l’orizzonte culturale entro cui si è sviluppato (§ 6.), a partire dalla svolta crociana, evento che di fatto apre, in Italia come all’estero, le discussioni contemporanee sul tema. Degli apporti di Croce si evidenzia sia l’impianto teorico generato che le controreazioni di quei dantisti che hanno denunciato un eccessivo distacco dall’originaria mentalità medievale, sacrificata rispetto a sistemi concettuali poco adatti a cogliere l’autenticità della poetica dantesca (§ 7.). In aderenza con quest’ultima necessità si apre una lunga riflessione sull’attinenza o meno dell’allegoria teologica in Dante (§ 8.). Viene qui vagliata la possibilità di considerare la Commedia un’opera di fictio poetica rispondente però a un’intenzionalità espressiva di matrice sacra coerente soprattutto con le sollecitazioni di Singleton sulla semantica divina del poema e con le definizioni di Hollander di un profilo teologale del Dante auctor, del suo figuralismo verbale e dall’incidenza soteriologica delle sue terzine. In questo modo si è verificata l’attendibilità dell’ipotesi che porta a considerare le cantiche dantesche atte a esercitare una funzione didascalica sui lettori, educandoli al volere di Dio, grazie anche alla conformazione polisemica del poema, il cui piano letterale eccede le sole istanze allegorico-tropologiche proponendo al contempo contenuti di valenza anagogica. Pertinente in tal senso è stata anche la verifica dell’impiego nella Commedia di alcune tecniche di scrittura sacra che, in un autore proclamatosi scriba dei, determinano un innalzamento del valore del messaggio comunicato. Per giudicare al meglio la portata di questo rinnovamento di senso è stato tra l’altro utile un confronto tra la diversa morfologia allegorica del Convivio e quella della Commedia. Se autorevole è la corrente degli apologeti del sovrasenso biblico del poema, non meno significativa è quella contraria dei difensori dell’allegorismo poetico (§ 8.2.). Accomunati dall’idea che a un testo di finzione siano interdette le verità ultime, questi studiosi, forti anche dei caratteri della forma tractandi della Commedia, propongono modi alternativi di lettura dei versi danteschi, alcuni dei quali, come il consiglio di «deteologizzare» l’esperienza ultramondana del viator, sono stati esaminati in questo lavoro. A latere del discorso allegorico, ma non del tutto avulso da esso, è il processo figurale, applicato alla Commedia soprattutto sotto la spinta di Auerbach, che qui è trattato, al pari di sviluppi di ordine tipologico, come meccanismo integrato in dinamiche testuali di prefigurazione e inveramento cristologiche e poetiche (§. 9). L’ultimo capitolo della tesi avanza infine una proposta di lettura allegorica della Commedia con cui si cerca di modulare l’approccio al testo del poema non più secondo un’inclinazione disgiuntiva ma privilegiando al contrario una visione inclusiva. Ritenendo il lavoro dantesco pluriallegorico si è, cioè, tentata un’esegesi che, esplicitando la logica di pianificazione e funzionamento interno della narrazione poematica, riesca a incorporare, e non a estromettere vicendevolmente, l’allegoria in verbis con quella in factis (§ 10.). L’elaborato si chiude infine con due appendici. Nel primo si passano in rassegna alcune delle più rilevanti esperienze concettuali della tradizione greca dell’allegorismo – la Scuola di Alessandria con Clemente e Origene e la Scuola di Antiochia – che se non ebbero un’ascendenza diretta sulla formazione di Dante incisero per certo su quei pensatori cristiani da cui l’Alighieri attinse immagini e moduli dottrinari. Il secondo capitolo d’appendice presenta struttura e funzioni del Database Allegorico Dantesco, un nuovo repository digitale di testi sulle allegorie e l’allegorismo della Commedia sviluppato come prodotto coerente con l’offerta formativa del corso di Dottorato in Umanesimo e Tecnologie dell’Università di Macerata.

«Sotto ’l velame de li versi strani». Allegoria e allegorismo nella Commedia e nell’esegesi medievale. Studio critico e impostazione del Database Allegorico Dantesco (DAD).

M. MASELLI
2024-01-01

Abstract

Il presente lavoro di tesi è composto da quattro sezioni. Nella prima (Premessa) vengono illustrate alcune prospettive metodologiche seguite nel corso della ricerca (§ 0.) e successivamente discusse questioni di carattere teorico che anticipano tematiche poi ulteriormente approfondite nei capitoli successivi (§ 1.). Oltre a disamine di carattere linguistico, in questa prima parte viene tracciato un profilo teorico sui rapporti che l’allegoria intrattiene con altre componenti del linguaggio figurato (metafore, similitudini, simboli, etc.) e chiarita la differenza che intercorre tra allegorismo poetico e teologico. La seconda sezione della tesi (Parte I – Verso Dante) apre più propriamente alla ricostruzione storico-critica delle dinamiche da cui sono scaturite le varie tipologie di allegoria che troveranno risonanza anche in Dante. Evitando un approccio monodimensionale unicamente focalizzato sul poeta fiorentino, ci si è impegnati a configurare un orizzonte geograficamente e cronologicamente così esteso da poter inglobare in esso i prodomi del pensiero dantesco sull’allegoria. La convinzione di chi scrive è infatti quella che uno studio serio che ha in Dante il suo centro propulsore non possa tralasciare ciò che gli orbita attorno, né tantomeno le esperienze pregresse di quei pensatori che a loro modo hanno preparato, e in alcuni casi anticipato, l’unicum dantesco. In questa macro-sezione viene prima di tutto riabilitata l’ermeneutica allegorica (§ 2.) come atto di risemantizzazione di sistemi culturali non più centrati rispetto a determinati paradigmi storicamente dominanti (l’inclusione del sapere pagano in quello cristiano) e successivamente valorizzate le proprietà difensive dell’allegoresi rispetto a casi di preannunciata inconciliabilità dottrinale (dalla riqualifica dei poemi omerici alle apparenti contraddittorietà dei testi sacri fino alla presunta eterodossia dantesca). Ampio spazio è riservato alla formazione della struttura tetrapartita dell’allegoria in factis (§ 3.). Individuata una figura di riferimento per ognuno dei quattro livelli interni dell’allegoria biblica – Ugo e Riccardo di San Vittore per la lettera, Paolo per la tipologia, Gregorio Magno per la tropologia e Agostino come propugnatore di un escatologismo figurato – si è progressivamente allargato il discorso dalle innovazioni che i vari teologi considerati hanno apportato al canone dell’allegorismo sacro a un piano olistico che restituisca la complessità della compagine sovratestuale mistica. Il rapporto tra figura e figuratum nell’ambito della scientia sacra pertiene tuttavia maggiormente a Tommaso, da cui Dante trasse gran parte delle coordinate dell’allegorismo biblico e soprattutto dell’anagogia (§ 4.). Ciò che viene privilegiato della teologia tomista non è solo la proiezione dei plures sensus dall’una littera sacra ma anche la conversione della polisemia divina mediante un comune repertorio metaforico. Quest’ultimo è inoltre pertinente a introdurre un secondo tipo di allegoria, quella in verbis, che idealmente chiude la sezione di avvicinamento a Dante. Riconoscendo anche alla poesia un ruolo didascalico – lungo un percorso di approssimazione alla Commedia si propone la codifica di una poesia scientifica con Alano di Lilla e il sorgere di una nuova sintassi allegorica con le rivoluzioni ipostatizzanti di Prudenzio e del Roman de la Rose – si è avuto modo di riflettere sulle strutture testuali (integumenta) che hanno permesso a racconti di finzione di trasmettere insegnamenti morali e filosofici (§ 5.). Nella seconda macro-sezione della tesi (Parte II – Dante) l’allegorismo dantesco viene indagato, senza tralasciare l’orizzonte culturale entro cui si è sviluppato (§ 6.), a partire dalla svolta crociana, evento che di fatto apre, in Italia come all’estero, le discussioni contemporanee sul tema. Degli apporti di Croce si evidenzia sia l’impianto teorico generato che le controreazioni di quei dantisti che hanno denunciato un eccessivo distacco dall’originaria mentalità medievale, sacrificata rispetto a sistemi concettuali poco adatti a cogliere l’autenticità della poetica dantesca (§ 7.). In aderenza con quest’ultima necessità si apre una lunga riflessione sull’attinenza o meno dell’allegoria teologica in Dante (§ 8.). Viene qui vagliata la possibilità di considerare la Commedia un’opera di fictio poetica rispondente però a un’intenzionalità espressiva di matrice sacra coerente soprattutto con le sollecitazioni di Singleton sulla semantica divina del poema e con le definizioni di Hollander di un profilo teologale del Dante auctor, del suo figuralismo verbale e dall’incidenza soteriologica delle sue terzine. In questo modo si è verificata l’attendibilità dell’ipotesi che porta a considerare le cantiche dantesche atte a esercitare una funzione didascalica sui lettori, educandoli al volere di Dio, grazie anche alla conformazione polisemica del poema, il cui piano letterale eccede le sole istanze allegorico-tropologiche proponendo al contempo contenuti di valenza anagogica. Pertinente in tal senso è stata anche la verifica dell’impiego nella Commedia di alcune tecniche di scrittura sacra che, in un autore proclamatosi scriba dei, determinano un innalzamento del valore del messaggio comunicato. Per giudicare al meglio la portata di questo rinnovamento di senso è stato tra l’altro utile un confronto tra la diversa morfologia allegorica del Convivio e quella della Commedia. Se autorevole è la corrente degli apologeti del sovrasenso biblico del poema, non meno significativa è quella contraria dei difensori dell’allegorismo poetico (§ 8.2.). Accomunati dall’idea che a un testo di finzione siano interdette le verità ultime, questi studiosi, forti anche dei caratteri della forma tractandi della Commedia, propongono modi alternativi di lettura dei versi danteschi, alcuni dei quali, come il consiglio di «deteologizzare» l’esperienza ultramondana del viator, sono stati esaminati in questo lavoro. A latere del discorso allegorico, ma non del tutto avulso da esso, è il processo figurale, applicato alla Commedia soprattutto sotto la spinta di Auerbach, che qui è trattato, al pari di sviluppi di ordine tipologico, come meccanismo integrato in dinamiche testuali di prefigurazione e inveramento cristologiche e poetiche (§. 9). L’ultimo capitolo della tesi avanza infine una proposta di lettura allegorica della Commedia con cui si cerca di modulare l’approccio al testo del poema non più secondo un’inclinazione disgiuntiva ma privilegiando al contrario una visione inclusiva. Ritenendo il lavoro dantesco pluriallegorico si è, cioè, tentata un’esegesi che, esplicitando la logica di pianificazione e funzionamento interno della narrazione poematica, riesca a incorporare, e non a estromettere vicendevolmente, l’allegoria in verbis con quella in factis (§ 10.). L’elaborato si chiude infine con due appendici. Nel primo si passano in rassegna alcune delle più rilevanti esperienze concettuali della tradizione greca dell’allegorismo – la Scuola di Alessandria con Clemente e Origene e la Scuola di Antiochia – che se non ebbero un’ascendenza diretta sulla formazione di Dante incisero per certo su quei pensatori cristiani da cui l’Alighieri attinse immagini e moduli dottrinari. Il secondo capitolo d’appendice presenta struttura e funzioni del Database Allegorico Dantesco, un nuovo repository digitale di testi sulle allegorie e l’allegorismo della Commedia sviluppato come prodotto coerente con l’offerta formativa del corso di Dottorato in Umanesimo e Tecnologie dell’Università di Macerata.
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Descrizione: «Sotto ’l velame de li versi strani». Allegoria e allegorismo nella Commedia e nell’esegesi medievale. Studio critico e impostazione del Database Allegorico Dantesco (DAD).
Tipologia: Tesi di dottorato
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