Nell’ambito del diritto internazionale degli investimenti, ruolo cardine è ricoperto dal sistema di risoluzione delle controversie Stato-investitore. Si tratta di un meccanismo complementare alle tutele materiali emergenti dalla fitta trama di trattati d’investimento, in larga parte bilaterali, che costituisce il tessuto del diritto internazionale degli investimenti. Nel corso degli ultimi anni, è emersa la necessità di riformare il sistema tradizionale di risoluzione delle controversie, in ragione dell’emersione di alcuni profili problematici. La contraddittorietà della prassi arbitrale, unitamente al percepito difetto di trasparenza della risoluzione delle controversie Stato-investitore, sono alla base della crisi di legittimità del sistema stesso. Dal dibattito intorno tali temi sono affiorate proposte di riforma, accomunate dalla necessità di ridefinire il rapporto sinallagmatico tra Stato ospite ed investitore straniero. La crisi del sistema tradizionale di risoluzione delle controversie sembrerebbe, invero, riflettersi nelle criticità connaturate alla tutela sostanziale degli investimenti stranieri diretti. Ciò proprio in ragione dello squilibrio che caratterizza il rapporto Stato-investitore. Questo squilibrio si riverbera, inoltre, sull’esercizio della sovranità interna degli Stati. Allo scopo di esaminare i profili critici caratterizzanti il sistema di risoluzione delle controversie Stato-investitore da una prospettiva di riforma, si è scelto di esaminare il modello “giurisdizionalizzato” proposto al Capitolo 8 del Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA). Il trattato eurocanadese, infatti, delinea un meccanismo di risoluzione delle controversie che superi il tradizionale arbitrato internazionale in materia d’investimenti. Il CETA, inoltre, rimodula altresì le tutele materiali garantite agli investitori, contemperando questa finalità con la protezione dell’interesse pubblico. Di conseguenza, nella prima parte di questo lavoro si è affrontata la questione della frammentazione delle tutele sostanziali degli investimenti internazionali. Si è problematizzato l’orientamento che individua nell’emersione di una jurisprudence constante il correttivo alla contraddittorietà della prassi arbitrale. Sulla scorta di queste riflessioni, si è proceduto ad esaminare taluni standard di protezione degli investimenti disciplinati al Capitolo 8 del CETA, alla luce del dibattito intorno ciascuna delle tutele affrontate. Lo studio si è concentrato, in particolare, sul trattamento giusto ed equo, sulla disciplina in materia di esproprio, sul trattamento nazionale, sul principio della nazione più favorita, nonché sulle disposizioni tese a concretizzare il cosiddetto right to regulate. Ciascuna di queste disposizioni, attraverso una rigida codificazione, mira a ricercare un equilibrio tra la protezione degli investimenti stranieri, funzionale alla loro promozione, con il presidio dello spazio di esercizio della sovranità statuale interna. Nella seconda parte del lavoro, lo studio è stato orientato sui profili procedurali di tutela degli investimenti. Si tratta di aspetti tradizionalmente riconnessi al più generale dibattito intorno alla crisi del sistema di risoluzione delle controversie Stato-investitore. Di conseguenza, si sono prese le mosse dalla questione della natura giuridica di tale sistema, allo scopo di individuare la necessaria chiave di lettura dei profili riformatori insisti nel meccanismo “giurisdizionalizzato” CETA. Da questo orizzonte si sono poi osservate le disposizioni del Capitolo 8 del trattato eurocanadese concernenti la determinazione della giurisdizione, la costituzione del tribunale, la partecipazione del terzo e l’istituto dell’amicus curiae, nonché i profili etici relativi alla funzione giudicante. Particolare attenzione è stata dedicata, inoltre, all’innovativo meccanismo d’appello introdotto nel CETA, in ragione dei limiti dell’annullamento ICSID, al diritto applicabile alla controversia e al Parere 1/17 della Corte di giustizia dell’Unione europea, nonché all’esecuzione delle pronunce rese dal Tribunale CETA ed i profili problematici in tema di effettività. Si è qui cercato di approfondire se ed in che misura tali profili procedurali, così riformati, riescano a rifondare la legittimità complessiva del sistema. Infine, la terza parte dello studio è incentrata sulla disamina delle principali questioni riconnesse all’introduzione di una Corte permanente multilaterale in materia di investimenti. Si tratta, infatti, della prospettiva più ambiziosa in tema di riforma del sistema di risoluzione delle controversie Stato-investitore. A tal fine, si sono anzitutto inquadrati i profili critici ed i limiti che emergono dal modello “giurisdizionalizzato” CETA. Da queste riflessioni si sono prese le mosse per articolare una riflessione in ordine ai due possibili modelli alternativi: l’introduzione di un meccanismo d’appello multilaterale ovvero a due gradi di giudizio. Infine, ci si è confrontati con il Draft Statute of the Multilateral Investment Court elaborato in dottrina. In conclusione, si è tentato di riannodare le fila delle riflessioni in ordine alla necessità di riformare il sistema tradizionale di risoluzione delle controversie, individuando possibili spunti anche nel contesto della dinamica più generale delle tensioni caratterizzanti l’era della Deglobalizzazione che si profila all’orizzonte.

La crisi del sistema di risoluzione delle controversie Stato-investitore e la costituzione di una Corte multilaterale in materia di investimenti: il prototipo CETA.

F. D'Amario
2024-01-01

Abstract

Nell’ambito del diritto internazionale degli investimenti, ruolo cardine è ricoperto dal sistema di risoluzione delle controversie Stato-investitore. Si tratta di un meccanismo complementare alle tutele materiali emergenti dalla fitta trama di trattati d’investimento, in larga parte bilaterali, che costituisce il tessuto del diritto internazionale degli investimenti. Nel corso degli ultimi anni, è emersa la necessità di riformare il sistema tradizionale di risoluzione delle controversie, in ragione dell’emersione di alcuni profili problematici. La contraddittorietà della prassi arbitrale, unitamente al percepito difetto di trasparenza della risoluzione delle controversie Stato-investitore, sono alla base della crisi di legittimità del sistema stesso. Dal dibattito intorno tali temi sono affiorate proposte di riforma, accomunate dalla necessità di ridefinire il rapporto sinallagmatico tra Stato ospite ed investitore straniero. La crisi del sistema tradizionale di risoluzione delle controversie sembrerebbe, invero, riflettersi nelle criticità connaturate alla tutela sostanziale degli investimenti stranieri diretti. Ciò proprio in ragione dello squilibrio che caratterizza il rapporto Stato-investitore. Questo squilibrio si riverbera, inoltre, sull’esercizio della sovranità interna degli Stati. Allo scopo di esaminare i profili critici caratterizzanti il sistema di risoluzione delle controversie Stato-investitore da una prospettiva di riforma, si è scelto di esaminare il modello “giurisdizionalizzato” proposto al Capitolo 8 del Comprehensive Economic and Trade Agreement (CETA). Il trattato eurocanadese, infatti, delinea un meccanismo di risoluzione delle controversie che superi il tradizionale arbitrato internazionale in materia d’investimenti. Il CETA, inoltre, rimodula altresì le tutele materiali garantite agli investitori, contemperando questa finalità con la protezione dell’interesse pubblico. Di conseguenza, nella prima parte di questo lavoro si è affrontata la questione della frammentazione delle tutele sostanziali degli investimenti internazionali. Si è problematizzato l’orientamento che individua nell’emersione di una jurisprudence constante il correttivo alla contraddittorietà della prassi arbitrale. Sulla scorta di queste riflessioni, si è proceduto ad esaminare taluni standard di protezione degli investimenti disciplinati al Capitolo 8 del CETA, alla luce del dibattito intorno ciascuna delle tutele affrontate. Lo studio si è concentrato, in particolare, sul trattamento giusto ed equo, sulla disciplina in materia di esproprio, sul trattamento nazionale, sul principio della nazione più favorita, nonché sulle disposizioni tese a concretizzare il cosiddetto right to regulate. Ciascuna di queste disposizioni, attraverso una rigida codificazione, mira a ricercare un equilibrio tra la protezione degli investimenti stranieri, funzionale alla loro promozione, con il presidio dello spazio di esercizio della sovranità statuale interna. Nella seconda parte del lavoro, lo studio è stato orientato sui profili procedurali di tutela degli investimenti. Si tratta di aspetti tradizionalmente riconnessi al più generale dibattito intorno alla crisi del sistema di risoluzione delle controversie Stato-investitore. Di conseguenza, si sono prese le mosse dalla questione della natura giuridica di tale sistema, allo scopo di individuare la necessaria chiave di lettura dei profili riformatori insisti nel meccanismo “giurisdizionalizzato” CETA. Da questo orizzonte si sono poi osservate le disposizioni del Capitolo 8 del trattato eurocanadese concernenti la determinazione della giurisdizione, la costituzione del tribunale, la partecipazione del terzo e l’istituto dell’amicus curiae, nonché i profili etici relativi alla funzione giudicante. Particolare attenzione è stata dedicata, inoltre, all’innovativo meccanismo d’appello introdotto nel CETA, in ragione dei limiti dell’annullamento ICSID, al diritto applicabile alla controversia e al Parere 1/17 della Corte di giustizia dell’Unione europea, nonché all’esecuzione delle pronunce rese dal Tribunale CETA ed i profili problematici in tema di effettività. Si è qui cercato di approfondire se ed in che misura tali profili procedurali, così riformati, riescano a rifondare la legittimità complessiva del sistema. Infine, la terza parte dello studio è incentrata sulla disamina delle principali questioni riconnesse all’introduzione di una Corte permanente multilaterale in materia di investimenti. Si tratta, infatti, della prospettiva più ambiziosa in tema di riforma del sistema di risoluzione delle controversie Stato-investitore. A tal fine, si sono anzitutto inquadrati i profili critici ed i limiti che emergono dal modello “giurisdizionalizzato” CETA. Da queste riflessioni si sono prese le mosse per articolare una riflessione in ordine ai due possibili modelli alternativi: l’introduzione di un meccanismo d’appello multilaterale ovvero a due gradi di giudizio. Infine, ci si è confrontati con il Draft Statute of the Multilateral Investment Court elaborato in dottrina. In conclusione, si è tentato di riannodare le fila delle riflessioni in ordine alla necessità di riformare il sistema tradizionale di risoluzione delle controversie, individuando possibili spunti anche nel contesto della dinamica più generale delle tensioni caratterizzanti l’era della Deglobalizzazione che si profila all’orizzonte.
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Descrizione: La crisi del sistema di risoluzione delle controversie Stato-investitore e la costituzione di una Corte multilaterale in materia di investimenti: il prototipo CETA
Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/335850
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