Raccontare la storia non è facile. Intendo dire: raccontare in modo che tutti riescano a comprendere i ragionamenti complessi e la mole di dati che si celano dietro il lavoro degli specialisti. Noi abbiamo cercato di farlo trattando dei cambiamenti che si verificarono a vari livelli quando Roma varcò l’Appennino per affacciarsi sulle vallate e sulle coste marchigiane, nelle vaste terre in buona parte abitate dai Piceni. Fu un momento storico importante, perché la romanizzazione dei territori delle attuali Marche ebbe un impatto enorme sulla rete insediativa e stradale, sull’economia, sui costumi funerari, sulla struttura sociale e sulla vita delle persone. Agli autori che hanno collaborato a questa raccolta di saggi ho chiesto di dar vita a scenari narrativi provvisti di un solido impianto scientifico. Voglio essere chiaro: non sto parlando di quello storytelling superficiale che un po’ troppo spesso viene acclamato, ma piuttosto – mi si passi l’espressione – di una quinta scenica nella quale dar respiro ai conte nuti cari agli studiosi di professione. La Lupa e il Picchio si divide in due parti. La prima dedicata ai Piceni, al mondo dei vivi e a quello dei morti; la seconda ai Romani, la storia del loro arrivo, le loro città e le loro cam pagne, la loro cucina, la loro religiosità funeraria, i metalli con cui pagavano. Alessandro Naso, Stefano Finocchi, Simone Sisani, Roberto Perna, Sofia Cingolani, Emanuela Stortoni e Michele Asolati hanno trattato con competenza i diversi temi, offrendone un panorama ampio e aggiornato. Per parte mia, nell’introduzione, mi sono sforzato di raccontare la cornice dell’ambiente fisico nel quale Piceni e Romani si muovevano, perché il paesaggio in cui essi hanno vissuto è stato anche radicalmente diverso da quello nel quale noi ci tro viamo al presente. Per la copertina è stato scelto un denario del 137 a.C. in cui Romolo e Remo, allattati dal la Lupa e osservati dal pastore Faustolus, sono raffigurati di fronte al ficus ruminalis. Dei tre uccelli che compaiono sull’albero uno, quello appeso al tronco, è stato da alcuni interpreta to come un picchio. Sebbene non tutti gli studiosi concordino su tale interpretazione, ci è sembrata un’immagine appropriata al titolo della raccolta, sia perché il picchio è il simbolo del popolo piceno, sia perché Sextus Pompeius (il cui nome compare sul verso della mo neta) fu probabilmente il padre di Gneo Pompeo Strabone, tristemente noto agli ascolani.

La Lupa e il Picchio. Genti e luoghi tra l’Appennino e l’Adriatico

Moscatelli, U.;Perna, R.;Cingolani S.;Finocchi, S.;Stortoni, E.;
2022-01-01

Abstract

Raccontare la storia non è facile. Intendo dire: raccontare in modo che tutti riescano a comprendere i ragionamenti complessi e la mole di dati che si celano dietro il lavoro degli specialisti. Noi abbiamo cercato di farlo trattando dei cambiamenti che si verificarono a vari livelli quando Roma varcò l’Appennino per affacciarsi sulle vallate e sulle coste marchigiane, nelle vaste terre in buona parte abitate dai Piceni. Fu un momento storico importante, perché la romanizzazione dei territori delle attuali Marche ebbe un impatto enorme sulla rete insediativa e stradale, sull’economia, sui costumi funerari, sulla struttura sociale e sulla vita delle persone. Agli autori che hanno collaborato a questa raccolta di saggi ho chiesto di dar vita a scenari narrativi provvisti di un solido impianto scientifico. Voglio essere chiaro: non sto parlando di quello storytelling superficiale che un po’ troppo spesso viene acclamato, ma piuttosto – mi si passi l’espressione – di una quinta scenica nella quale dar respiro ai conte nuti cari agli studiosi di professione. La Lupa e il Picchio si divide in due parti. La prima dedicata ai Piceni, al mondo dei vivi e a quello dei morti; la seconda ai Romani, la storia del loro arrivo, le loro città e le loro cam pagne, la loro cucina, la loro religiosità funeraria, i metalli con cui pagavano. Alessandro Naso, Stefano Finocchi, Simone Sisani, Roberto Perna, Sofia Cingolani, Emanuela Stortoni e Michele Asolati hanno trattato con competenza i diversi temi, offrendone un panorama ampio e aggiornato. Per parte mia, nell’introduzione, mi sono sforzato di raccontare la cornice dell’ambiente fisico nel quale Piceni e Romani si muovevano, perché il paesaggio in cui essi hanno vissuto è stato anche radicalmente diverso da quello nel quale noi ci tro viamo al presente. Per la copertina è stato scelto un denario del 137 a.C. in cui Romolo e Remo, allattati dal la Lupa e osservati dal pastore Faustolus, sono raffigurati di fronte al ficus ruminalis. Dei tre uccelli che compaiono sull’albero uno, quello appeso al tronco, è stato da alcuni interpreta to come un picchio. Sebbene non tutti gli studiosi concordino su tale interpretazione, ci è sembrata un’immagine appropriata al titolo della raccolta, sia perché il picchio è il simbolo del popolo piceno, sia perché Sextus Pompeius (il cui nome compare sul verso della mo neta) fu probabilmente il padre di Gneo Pompeo Strabone, tristemente noto agli ascolani.
2022
88-7969-521-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/307770
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