Nei primi anni del secondo millennio, la comunità internazionale ha elaborato una serie di atti internazionali volti a regolamentare la prevenzione dei disastri. Si tratta perlopiù di strumenti privi di forza giuridica vincolante contenenti standard e principi finalizzati a limitare le perdite di vite umane nonché i danni ai beni e all’ambiente provocati da eventi naturali o antropici di elevata gravità. Gli strumenti di soft law in questione tendono a convergere attorno all’esigenza di anticipare il momento in cui si dovrebbe agire in via preventiva e, pertanto, le misure che essi raccomandano mirano a ridurre i rischi di disastro. Da quando l’obiettivo di disaster risk reduction (DRR) è stato per la prima volta inserito in un atto internazionale, ossia nello Hyogo framework, adottato nel 2005 in seno a una conferenza intergovernativa indetta nell’ambito della Strategia per la riduzione dei disastri dell’ONU, sono state avviate numerose iniziative a livello internazionale coerenti con tale obiettivo e si rinvengono riferimenti ad esso nelle diverse aree del diritto internazionale le cui norme rilevano ai fini della prevenzione dei disastri. L’emergere di una pluralità di atti internazionali che ribadiscono la necessità di adottare misure di DRR solleva l’esigenza di comprendere gli effetti giuridici che tali atti possono produrre. Infatti, alla luce della coerenza con cui gli strumenti internazionali che regolamentano la prevenzione dei disastri affermano l’esigenza di adottare un approccio anticipatorio, si può ritenere che si stia formando un certo consenso a livello internazionale circa l’adeguatezza di tale approccio ai fini della prevenzione dei disastri. Questo consenso può assumere rilevanza ai fini dell’interpretazione delle norme internazionali relative alla prevenzione dei disastri. La tesi analizza gli effetti giuridici derivanti dagli strumenti di soft law in materia di riduzione del rischio di disastri. In particolare, la ricerca mostra in che misura questi atti interagiscano con quelle norme internazionali da cui discende un obbligo di carattere generale di prevenzione dei disastri, con l’obiettivo di stabilire se e in che misura il contenuto di tale obbligo sia coerente con l’approccio alla prevenzione implicito nelle misure di DRR. Infatti, le norme di soft law, attraverso la loro interazione con il diritto internazionale positivo possono contribuire a determinare in maniera più precisa la portata di norme giuridiche di carattere generale. L’elaborato, quindi, illustra se e in quali condizioni le norme di soft law sulla DRR siano prese a riferimento ai fini dell’interpretazione e dell’applicazione delle norme internazionali in situazioni di disastro. Le norme internazionali da cui può derivare un obbligo di prevenzione dei disastri sono plurime: si va dalle norme di portata più settoriale, come quelle riguardanti il contrasto dei fenomeni epidemici, la protezione del patrimonio culturale, il commercio internazionale e la gestione dello spazio, alle norme di portata più generale come quelle sulla protezione dei diritti umani e sulla tutela dell’ambiente. La presente ricerca si è limitata a prendere in considerazione questi ultimi due ambiti del diritto internazionale al fine di farne emergere l’interazione con le norme di soft law in materia di DRR. La ricerca si suddivide in quattro parti. Nel Capitolo I si analizza il processo che ha portato allo sviluppo delle regole e dei principi internazionali in materia di disastri e sono individuate le fonti normative che hanno come ambito di applicazione specifico questo tipo di fenomeni. Dall’analisi emerge il ruolo centrale delle fonti di soft law nella regolamentazione della prevenzione dei disastri. In seguito, lo studio si concentra sull’identificazione degli elementi caratterizzanti l’obiettivo di riduzione dei rischi di disastro alla luce degli standard e dei principi contenuti negli atti di soft law che lo regolano. Si rileva così come le azioni volte a ridurre i rischi di disastro riflettano un approccio precauzionale alla prevenzione dei disastri e come per l’attuazione di tale approccio gli atti di soft law raccomandino l’adozione di una serie di misure di carattere procedurale. Nel Capitolo II sono dapprima individuate le norme internazionali relative alla tutela dei diritti umani da cui deriva l’obbligo di prevenire i disastri; successivamente, di tale obbligo di carattere generale viene determinato un contenuto minimo più preciso. A tal fine si prende in esame la prassi giurisprudenziale delle corti regionali e dei comitati istituiti dai trattati in materia di diritti umani e sono analizzati altresì gli atti adottati dallo Human Rights Council. Dalla prassi esaminata emergono degli approcci convergenti alla prevenzione dei disastri. In forza di questi approcci tra loro coerenti viene delineato un contenuto minimo concreto dell’obbligo di prevenzione dei disastri derivante dalle norme internazionali sulla protezione dei diritti umani. In particolare, si nota come la portata dell’obbligo vari a seconda che il rischio di disastro abbia origine dalle attività industriali, dagli eventi naturali o dal cambiamento climatico. Si osserva inoltre come le vulnerabilità sociali e personali siano considerate dalla prassi in materia di diritti umani quali rischi di disastro rispetto ai quali gli Stati hanno obblighi di carattere preventivo. Il Capitolo III è dedicato all’esame delle norme internazionali in materia di ambiente: sono identificate le fonti del diritto internazionale dell’ambiente da cui discende l’obbligo di prevenzione dei disastri e sono messe in rilievo le misure minime che gli Stati devono adottare per adempiere a tale obbligo. A questo scopo, sono analizzate le disposizioni dei trattati in materia di ambiente applicabili in situazioni di disastro e si guarda altresì all’interpretazione che delle disposizioni in oggetto viene data dalle corti e dai tribunali internazionali nonché dalle conferenze delle parti e dagli altri organismi istituiti da tali trattati. Dall’analisi emerge come anche in questa area si siano sviluppati degli approcci convergenti alla prevenzione dei disastri e sono delineate così le misure minime richieste agli Stati al fine di dare attuazione a tale obbligo. In particolare, si osserva come il contenuto dell’obbligo di prevenzione dei disastri imposto dalle norme sulla tutela dell’ambiente vari a seconda che il disastro derivi da incidenti industriali, dalla perdita della biodiversità o dal cambiamento climatico. Una volta comprese le caratteristiche della DRR e individuati gli obblighi di prevenzione dei disastri derivanti dal diritto internazionale in materia di diritti umani e di ambiente, nel Capitolo IV ci si concentra sul rapporto che intercorre tra gli standard contenuti negli atti di soft law sulla riduzione dei rischi di disastro e il diritto internazionale dei diritti umani e dell’ambiente. In questa parte sono messi in rilievo gli elementi di novità che la DRR presenta rispetto agli approcci alla prevenzione dei disastri più consolidati nel diritto internazionale dei diritti umani e dell’ambiente e si illustra se e in che misura tali novità siano o possano essere recepite nelle norme internazionali sulla protezione dei diritti umani e sulla tutela dell’ambiente. In particolare, si nota come alcuni elementi della prassi in materia di prevenzione dei disastri sviluppatasi in queste due aree del diritto internazionale facciano propendere per l’affermarsi in tali ambiti di approcci conformi a quello contenuto negli atti di soft law sulla riduzione dei rischi di disastro. Di conseguenza, si chiarisce se e fino a che punto le misure di DRR coincidano con il contenuto dell’obbligo di prevenzione dei disastri derivante dal diritto internazionale dei diritti umani e dell’ambiente. L’analisi svolta nel Capitolo IV mette altresì in luce le modalità con cui avviene l’interazione tra gli atti di soft law e le norme internazionali convenzionali.
La disaster risk reduction nel diritto internazionale
Federica Passarini
2022-01-01
Abstract
Nei primi anni del secondo millennio, la comunità internazionale ha elaborato una serie di atti internazionali volti a regolamentare la prevenzione dei disastri. Si tratta perlopiù di strumenti privi di forza giuridica vincolante contenenti standard e principi finalizzati a limitare le perdite di vite umane nonché i danni ai beni e all’ambiente provocati da eventi naturali o antropici di elevata gravità. Gli strumenti di soft law in questione tendono a convergere attorno all’esigenza di anticipare il momento in cui si dovrebbe agire in via preventiva e, pertanto, le misure che essi raccomandano mirano a ridurre i rischi di disastro. Da quando l’obiettivo di disaster risk reduction (DRR) è stato per la prima volta inserito in un atto internazionale, ossia nello Hyogo framework, adottato nel 2005 in seno a una conferenza intergovernativa indetta nell’ambito della Strategia per la riduzione dei disastri dell’ONU, sono state avviate numerose iniziative a livello internazionale coerenti con tale obiettivo e si rinvengono riferimenti ad esso nelle diverse aree del diritto internazionale le cui norme rilevano ai fini della prevenzione dei disastri. L’emergere di una pluralità di atti internazionali che ribadiscono la necessità di adottare misure di DRR solleva l’esigenza di comprendere gli effetti giuridici che tali atti possono produrre. Infatti, alla luce della coerenza con cui gli strumenti internazionali che regolamentano la prevenzione dei disastri affermano l’esigenza di adottare un approccio anticipatorio, si può ritenere che si stia formando un certo consenso a livello internazionale circa l’adeguatezza di tale approccio ai fini della prevenzione dei disastri. Questo consenso può assumere rilevanza ai fini dell’interpretazione delle norme internazionali relative alla prevenzione dei disastri. La tesi analizza gli effetti giuridici derivanti dagli strumenti di soft law in materia di riduzione del rischio di disastri. In particolare, la ricerca mostra in che misura questi atti interagiscano con quelle norme internazionali da cui discende un obbligo di carattere generale di prevenzione dei disastri, con l’obiettivo di stabilire se e in che misura il contenuto di tale obbligo sia coerente con l’approccio alla prevenzione implicito nelle misure di DRR. Infatti, le norme di soft law, attraverso la loro interazione con il diritto internazionale positivo possono contribuire a determinare in maniera più precisa la portata di norme giuridiche di carattere generale. L’elaborato, quindi, illustra se e in quali condizioni le norme di soft law sulla DRR siano prese a riferimento ai fini dell’interpretazione e dell’applicazione delle norme internazionali in situazioni di disastro. Le norme internazionali da cui può derivare un obbligo di prevenzione dei disastri sono plurime: si va dalle norme di portata più settoriale, come quelle riguardanti il contrasto dei fenomeni epidemici, la protezione del patrimonio culturale, il commercio internazionale e la gestione dello spazio, alle norme di portata più generale come quelle sulla protezione dei diritti umani e sulla tutela dell’ambiente. La presente ricerca si è limitata a prendere in considerazione questi ultimi due ambiti del diritto internazionale al fine di farne emergere l’interazione con le norme di soft law in materia di DRR. La ricerca si suddivide in quattro parti. Nel Capitolo I si analizza il processo che ha portato allo sviluppo delle regole e dei principi internazionali in materia di disastri e sono individuate le fonti normative che hanno come ambito di applicazione specifico questo tipo di fenomeni. Dall’analisi emerge il ruolo centrale delle fonti di soft law nella regolamentazione della prevenzione dei disastri. In seguito, lo studio si concentra sull’identificazione degli elementi caratterizzanti l’obiettivo di riduzione dei rischi di disastro alla luce degli standard e dei principi contenuti negli atti di soft law che lo regolano. Si rileva così come le azioni volte a ridurre i rischi di disastro riflettano un approccio precauzionale alla prevenzione dei disastri e come per l’attuazione di tale approccio gli atti di soft law raccomandino l’adozione di una serie di misure di carattere procedurale. Nel Capitolo II sono dapprima individuate le norme internazionali relative alla tutela dei diritti umani da cui deriva l’obbligo di prevenire i disastri; successivamente, di tale obbligo di carattere generale viene determinato un contenuto minimo più preciso. A tal fine si prende in esame la prassi giurisprudenziale delle corti regionali e dei comitati istituiti dai trattati in materia di diritti umani e sono analizzati altresì gli atti adottati dallo Human Rights Council. Dalla prassi esaminata emergono degli approcci convergenti alla prevenzione dei disastri. In forza di questi approcci tra loro coerenti viene delineato un contenuto minimo concreto dell’obbligo di prevenzione dei disastri derivante dalle norme internazionali sulla protezione dei diritti umani. In particolare, si nota come la portata dell’obbligo vari a seconda che il rischio di disastro abbia origine dalle attività industriali, dagli eventi naturali o dal cambiamento climatico. Si osserva inoltre come le vulnerabilità sociali e personali siano considerate dalla prassi in materia di diritti umani quali rischi di disastro rispetto ai quali gli Stati hanno obblighi di carattere preventivo. Il Capitolo III è dedicato all’esame delle norme internazionali in materia di ambiente: sono identificate le fonti del diritto internazionale dell’ambiente da cui discende l’obbligo di prevenzione dei disastri e sono messe in rilievo le misure minime che gli Stati devono adottare per adempiere a tale obbligo. A questo scopo, sono analizzate le disposizioni dei trattati in materia di ambiente applicabili in situazioni di disastro e si guarda altresì all’interpretazione che delle disposizioni in oggetto viene data dalle corti e dai tribunali internazionali nonché dalle conferenze delle parti e dagli altri organismi istituiti da tali trattati. Dall’analisi emerge come anche in questa area si siano sviluppati degli approcci convergenti alla prevenzione dei disastri e sono delineate così le misure minime richieste agli Stati al fine di dare attuazione a tale obbligo. In particolare, si osserva come il contenuto dell’obbligo di prevenzione dei disastri imposto dalle norme sulla tutela dell’ambiente vari a seconda che il disastro derivi da incidenti industriali, dalla perdita della biodiversità o dal cambiamento climatico. Una volta comprese le caratteristiche della DRR e individuati gli obblighi di prevenzione dei disastri derivanti dal diritto internazionale in materia di diritti umani e di ambiente, nel Capitolo IV ci si concentra sul rapporto che intercorre tra gli standard contenuti negli atti di soft law sulla riduzione dei rischi di disastro e il diritto internazionale dei diritti umani e dell’ambiente. In questa parte sono messi in rilievo gli elementi di novità che la DRR presenta rispetto agli approcci alla prevenzione dei disastri più consolidati nel diritto internazionale dei diritti umani e dell’ambiente e si illustra se e in che misura tali novità siano o possano essere recepite nelle norme internazionali sulla protezione dei diritti umani e sulla tutela dell’ambiente. In particolare, si nota come alcuni elementi della prassi in materia di prevenzione dei disastri sviluppatasi in queste due aree del diritto internazionale facciano propendere per l’affermarsi in tali ambiti di approcci conformi a quello contenuto negli atti di soft law sulla riduzione dei rischi di disastro. Di conseguenza, si chiarisce se e fino a che punto le misure di DRR coincidano con il contenuto dell’obbligo di prevenzione dei disastri derivante dal diritto internazionale dei diritti umani e dell’ambiente. L’analisi svolta nel Capitolo IV mette altresì in luce le modalità con cui avviene l’interazione tra gli atti di soft law e le norme internazionali convenzionali.File | Dimensione | Formato | |
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Descrizione: La disaster risk reduction nel diritto internazionale
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