Gli orrori e le atrocità che hanno caratterizzato le due guerre mondiali nella prima metà del ventesimo secolo, hanno di conseguenza innescato una serie di risposte atte a ristabilire la pace, eradicare la guerra e garantire un sistema di sicurezza internazionale. Fu proprio in questi decenni che la necessità di limitare e regolare i poteri dei singoli stati, e punire i responsabili di tanti orrori sono diventati catalizzatori per il graduale sviluppo del diritto penale internazionale. L’idea di rendere la guerra un atto illegale, un concetto del tutto nuovo fino alla fine del diciannovesimo secolo, si è cristallizzata negli anni del primo e secondo dopoguerra insieme a quella di attribuire la responsabilità penale al singolo individuo autore di crimini internazionali. Questi due aspetti hanno segnato il punto di svolta del diritto internazionale moderno. Ad ogni modo, l’adozione di strumenti giuridici in qualità di misure collettive ed efficaci per ristabilire e mantenere la pace e prevenire ulteriori minacce di guerra divenne la nuova modalità cardine delle scelte politiche internazionali. Questo ha portato ad una tensione crescente tra giustizia e il mantenimento di pace e sicurezza. La controparte istituzionale di tale dicotomia si rispecchia nella creazione delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza, organo politico responsabile per il mantenimento della pace e della sicurezza, e l’istituzione dei primi due tribunali internazionali a Norimberga e Tokyo che segnano l’inizio effettivo della giurisdizione penale internazionale. Il crimine di aggressione, nonché inizialmente conosciuto come crimine contro la pace, si è dimostrato terreno fertile e culla per tali tensioni, sia nella sua dimensione sostanziale che istituzionale. La complessità del crimine è principalmente legata alla sua doppia natura che comprende la responsabilità dello stato aggressore e quella del singolo individuo riconosciuto come responsabile per la pianificazione, iniziazione e realizzazione di tale atto di aggressione. Questo ricade direttamente sulla sensibilità delle questioni di sovranità degli stati. Nonostante l’istituzione della Corte Penale Internazionale (CPI) nel 1998, la codificazione del crimine di aggressione ha richiesto ulteriori anni di intensi negoziati che si sono conclusi con il raggiungimento del cosiddetto compromesso di Kampala nel 2010. Successivamente all’adozione degli emendamenti di Kampala, la risoluzione di attivazione del potere giurisdizionale della Corte Penale Internazionale sul crimine di aggressione è avvenuta nel 2017, per essere attivata il 17 Luglio 2018. Durante la seconda guerra mondiale, la Cina è stata uno dei teatri più volenti delle atrocità Giapponesi acquisendo un ruolo strategico sin dalle origini del diritto penale internazionale. Dai primi decenni del Novecento, all’attivazione della giurisdizione della CPI sul crimine di aggressione, la Cina ha partecipato attivamente e contribuito alla maggior parte della sua evoluzione. L’unicità di un paese come la Cina, in quanto Stato con una cultura e tradizione millenaria, la più grande nazione in via di sviluppo, membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e come singolo stato parte della comunità internazionale, ha sicuramente una rilevanza altrettanto unica in relazione alla creazione e alle attività della Corte Penale Internazionale e all’azione penale dei crimini internazionali. Negli anni la Cina ha infatti dimostrato uno spiccato interesse e supporto nello sviluppo del crimine di aggressione, ma con diverse riserve e rimandi presentati in maniera quasi sistematica. Questa ricerca vuole quindi investigare il comportamento dello Stato cinese durante lo sviluppo del crimine di aggressione per comprenderlo, ed interpretarlo tramite una possibile inclinazione nella dicotomia di pace e giustizia. Tale interpretazione ed elaborazione vuole essere affrontata con la costruzione di una logica che vede una sincronia tra un paese che gode di una cultura millenaria ed i meccanismi politici e giuridici nazionali ed internazionali. La complessità del crimine di aggressione si va a fondere in questa ricerca con la complessità di un paese come la Cina. Lo scopo della ricerca è quindi quello di esaminare il ruolo che la Cina ha giocato nello sviluppo sostanziale del crimine di aggressione attraverso una lente che guarda alla tenzione tra giustizia e mantenimento di pace e sicurezza. Tenta quindi di capire se tale ruolo nasconde un’attitudine che si piega verso l’aspetto più politico piuttosto che quello giuridico o viceversa, cercando di evidenziarne le possibili ragioni o interpretazioni.

FROM TAKASHI SAKAI TO KAMPALA. CHINA AND THE CRIMINALIZATION OF AGGRESSION THROUGH THE LOOKING GLASS OF THE DICHOTOMY JUSTICE AND MAINTENANCE OF PEACE AND SECURITY

BALDASSINI, Elisabetta
2022-01-01

Abstract

Gli orrori e le atrocità che hanno caratterizzato le due guerre mondiali nella prima metà del ventesimo secolo, hanno di conseguenza innescato una serie di risposte atte a ristabilire la pace, eradicare la guerra e garantire un sistema di sicurezza internazionale. Fu proprio in questi decenni che la necessità di limitare e regolare i poteri dei singoli stati, e punire i responsabili di tanti orrori sono diventati catalizzatori per il graduale sviluppo del diritto penale internazionale. L’idea di rendere la guerra un atto illegale, un concetto del tutto nuovo fino alla fine del diciannovesimo secolo, si è cristallizzata negli anni del primo e secondo dopoguerra insieme a quella di attribuire la responsabilità penale al singolo individuo autore di crimini internazionali. Questi due aspetti hanno segnato il punto di svolta del diritto internazionale moderno. Ad ogni modo, l’adozione di strumenti giuridici in qualità di misure collettive ed efficaci per ristabilire e mantenere la pace e prevenire ulteriori minacce di guerra divenne la nuova modalità cardine delle scelte politiche internazionali. Questo ha portato ad una tensione crescente tra giustizia e il mantenimento di pace e sicurezza. La controparte istituzionale di tale dicotomia si rispecchia nella creazione delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza, organo politico responsabile per il mantenimento della pace e della sicurezza, e l’istituzione dei primi due tribunali internazionali a Norimberga e Tokyo che segnano l’inizio effettivo della giurisdizione penale internazionale. Il crimine di aggressione, nonché inizialmente conosciuto come crimine contro la pace, si è dimostrato terreno fertile e culla per tali tensioni, sia nella sua dimensione sostanziale che istituzionale. La complessità del crimine è principalmente legata alla sua doppia natura che comprende la responsabilità dello stato aggressore e quella del singolo individuo riconosciuto come responsabile per la pianificazione, iniziazione e realizzazione di tale atto di aggressione. Questo ricade direttamente sulla sensibilità delle questioni di sovranità degli stati. Nonostante l’istituzione della Corte Penale Internazionale (CPI) nel 1998, la codificazione del crimine di aggressione ha richiesto ulteriori anni di intensi negoziati che si sono conclusi con il raggiungimento del cosiddetto compromesso di Kampala nel 2010. Successivamente all’adozione degli emendamenti di Kampala, la risoluzione di attivazione del potere giurisdizionale della Corte Penale Internazionale sul crimine di aggressione è avvenuta nel 2017, per essere attivata il 17 Luglio 2018. Durante la seconda guerra mondiale, la Cina è stata uno dei teatri più volenti delle atrocità Giapponesi acquisendo un ruolo strategico sin dalle origini del diritto penale internazionale. Dai primi decenni del Novecento, all’attivazione della giurisdizione della CPI sul crimine di aggressione, la Cina ha partecipato attivamente e contribuito alla maggior parte della sua evoluzione. L’unicità di un paese come la Cina, in quanto Stato con una cultura e tradizione millenaria, la più grande nazione in via di sviluppo, membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e come singolo stato parte della comunità internazionale, ha sicuramente una rilevanza altrettanto unica in relazione alla creazione e alle attività della Corte Penale Internazionale e all’azione penale dei crimini internazionali. Negli anni la Cina ha infatti dimostrato uno spiccato interesse e supporto nello sviluppo del crimine di aggressione, ma con diverse riserve e rimandi presentati in maniera quasi sistematica. Questa ricerca vuole quindi investigare il comportamento dello Stato cinese durante lo sviluppo del crimine di aggressione per comprenderlo, ed interpretarlo tramite una possibile inclinazione nella dicotomia di pace e giustizia. Tale interpretazione ed elaborazione vuole essere affrontata con la costruzione di una logica che vede una sincronia tra un paese che gode di una cultura millenaria ed i meccanismi politici e giuridici nazionali ed internazionali. La complessità del crimine di aggressione si va a fondere in questa ricerca con la complessità di un paese come la Cina. Lo scopo della ricerca è quindi quello di esaminare il ruolo che la Cina ha giocato nello sviluppo sostanziale del crimine di aggressione attraverso una lente che guarda alla tenzione tra giustizia e mantenimento di pace e sicurezza. Tenta quindi di capire se tale ruolo nasconde un’attitudine che si piega verso l’aspetto più politico piuttosto che quello giuridico o viceversa, cercando di evidenziarne le possibili ragioni o interpretazioni.
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Descrizione: FROM TAKASHI SAKAI TO KAMPALA. CHINA AND THE CRIMINALIZATION OF AGGRESSION THROUGH THE LOOKING GLASS OF THE DICHOTOMY JUSTICE AND MAINTENANCE OF PEACE AND SECURITY
Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/298779
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