Il presente elaborato è teso ad analizzare la potenziale evoluzione del regime di protezione internazionale in tempi di cambiamento climatico. Come tale, il lavoro si concentra sul nesso ambiente-migrazioni e cerca di osservare il modo in cui il diritto internazionale si approccia a questo fenomeno. La domanda che sottende l’indagine riguarda la misura in cui il quadro giuridico esistente sia sufficientemente dinamico da includere nel proprio campo di applicazione scenari di migrazione (forzata) derivanti da contesti in cui il cambiamento climatico, in qualità di “moltiplicatore di minacce”, sta intensificando situazioni di vulnerabilità contestuali e personali già presenti. Sebbene molte analisi giuridiche sull’argomento prendano come punto di partenza l’esistenza di un ‘vuoto normativo’ – ossia l’assenza di uno strumento giuridico internazionale dedicato ai cosiddetti ‘migranti climatici’ – e mirino a colmare tale lacuna per proteggere questa nuova categoria di migranti, il presente lavoro si astiene dal proporre ‘soluzioni’ giuridiche a tale ‘problema’. Ciò è dovuto principalmente al fatto che l’evidenza empirica esistente sul nesso ambiente-migrazioni rende estremamente difficile qualificare adeguatamente il ‘problema’ in questione, dato che le pressioni ambientali possono raramente essere identificate come principali fattori di spinta delle migrazioni. Di conseguenza, questa tesi inverte leggermente la questione giuridica di fondo: invece di chiedersi se il diritto internazionale fornisce protezione alle persone sfollate a causa degli impatti del cambiamento climatico, cerca anzitutto di concentrarsi su come le pressioni ambientali sono e possono essere integrate nelle richieste di protezione internazionale, e se – coerentemente con le osservazioni empiriche – esse possono avere un ruolo particolare nel sostanziare e rinforzare tali richieste. Al fine di delineare le questioni sottese al tema, questa tesi cerca di mettere in luce la relazione esistente tra cambiamento climatico, disastri, godimento dei diritti umani e protezione internazionale. Pertanto, il Capitolo 1 è teso a sviluppare il ‘background’ giuridico e teorico per una migliore comprensione di questa relazione. La prima parte del Capitolo affronta la dimensione giuridica del cambiamento climatico, delineandone l’evoluzione normativa nel diritto internazionale, e mettendo in luce il modo in cui la questione climatica si è progressivamente affermata quale tema di interesse trasversale oltreché prettamente del diritto internazionale dell’ambiente. Alla luce della relazione sempre più riconosciuta tra gli impatti climatici e il (mancato) godimento dei diritti umani, un’attenzione particolare è data alla prassi degli organi preposti alla tutela dei diritti umani sul tema della protezione ambientale, riflettendosi altresì sul crescente e vivace movimento in ambito di ‘climate litigation’ innanzi a organi giudiziari e quasi-giudiziari internazionali e regionali. Dopo aver dimostrato che questa prassi riflette un processo in corso, anche se embrionale, di integrazione sistemica tra i diritti umani e il diritto dell’ambiente, la seconda parte del Capitolo inizia ad approfondire la questione della mobilità umana nel contesto del cambiamento climatico e dei disastri. Ciò allo scopo di fornire un quadro concettuale attraverso la cui lente il nesso ambiente-migrazioni possa essere più facilmente analizzato in una prospettiva di protezione internazionale. Infatti, sebbene la prima parte del Capitolo 1 chiarisca che il cambiamento climatico genera danni ai diritti umani e che gli Stati hanno l’obbligo di proteggere gli individui da tali danni, è chiaramente incoerente dal punto di vista giuridico sostenere che qualsiasi individuo costretto a migrare a causa di condizioni ambientali difficili dovrebbe avere diritto alla protezione in uno Stato terzo. É pertanto necessario focalizzare l’attenzione dell’indagine sulle circostanze in cui, in contesti caratterizzati da una maggiore incidenza di disastri naturali e da una incrementata vulnerabilità agli impatti climatici, potrebbero sorgere esigenze di protezione internazionale. In tale prospettiva, il concetto di ‘disastro’ viene adottato e descritto al fine di far luce sulle dinamiche che stanno alla base della vulnerabilità ai disastri, delle potenziali violazioni di diritti umani, e della migrazione forzata. Dopo aver fornito il quadro giuridico e concettuale, la tesi entra nel vivo dell’indagine analizzando il regime giuridico che regola la migrazione forzata. Il Capitolo 2 affronta il regime dei rifugiati, sia a livello internazionale che regionale. L’analisi rivela che, sebbene la definizione di rifugiato fornita dalla Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati offra spazio per interpretazioni espansive, la prassi applicativa rivela una certa riluttanza ad apprezzare pienamente i danni legati ai disastri come motivi fondati per l’ottenimento dello status. Simili osservazioni possono essere svolte rispetto agli sviluppi del diritto dei rifugiati a livello regionale, dove nonostante l’esistenza di definizioni più ampie di rifugiato, la prassi nazionale suggerisce che il nesso ambiente-migrazioni è raramente considerato quale tema legato al diritto di asilo. Il Capitolo 3 è dedicato agli obblighi di protezione più ampi che nel tempo si sono sviluppati parallelamente al regime dei rifugiati. Dopo aver dimostrato il carattere in costante evoluzione del concetto di protezione internazionale nel diritto internazionale, il capitolo discute dapprima la nozione di protezione temporanea e la sua applicazione allo sfollamento per disastri attraverso una analisi della prassi degli Stati. Successivamente, l’indagine si rivolge alla protezione ‘complementare’ e al relativo sviluppo del principio di non-refoulement così come influenzato dalla normativa internazionale in materia di diritti umani. Le recenti considerazioni del Comitato ONU per i Diritti Umani sul caso Teitiota sono prese come punto di riferimento per riflettere sullo sviluppo degli obblighi di non-refoulement nell’ipotesi di rischi per la vita derivanti dagli impatti di disastri e cambiamenti climatici. Infine, verrà esaminata la giurisprudenza in ambito di non-refoulement della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo al fine di riflettere sulla portata degli obblighi di protezione ai sensi della CEDU in possibili future rivendicazioni legate al clima.

The international protection regime in the age of climate change

LAURIA, GIOVANNA
2022-01-01

Abstract

Il presente elaborato è teso ad analizzare la potenziale evoluzione del regime di protezione internazionale in tempi di cambiamento climatico. Come tale, il lavoro si concentra sul nesso ambiente-migrazioni e cerca di osservare il modo in cui il diritto internazionale si approccia a questo fenomeno. La domanda che sottende l’indagine riguarda la misura in cui il quadro giuridico esistente sia sufficientemente dinamico da includere nel proprio campo di applicazione scenari di migrazione (forzata) derivanti da contesti in cui il cambiamento climatico, in qualità di “moltiplicatore di minacce”, sta intensificando situazioni di vulnerabilità contestuali e personali già presenti. Sebbene molte analisi giuridiche sull’argomento prendano come punto di partenza l’esistenza di un ‘vuoto normativo’ – ossia l’assenza di uno strumento giuridico internazionale dedicato ai cosiddetti ‘migranti climatici’ – e mirino a colmare tale lacuna per proteggere questa nuova categoria di migranti, il presente lavoro si astiene dal proporre ‘soluzioni’ giuridiche a tale ‘problema’. Ciò è dovuto principalmente al fatto che l’evidenza empirica esistente sul nesso ambiente-migrazioni rende estremamente difficile qualificare adeguatamente il ‘problema’ in questione, dato che le pressioni ambientali possono raramente essere identificate come principali fattori di spinta delle migrazioni. Di conseguenza, questa tesi inverte leggermente la questione giuridica di fondo: invece di chiedersi se il diritto internazionale fornisce protezione alle persone sfollate a causa degli impatti del cambiamento climatico, cerca anzitutto di concentrarsi su come le pressioni ambientali sono e possono essere integrate nelle richieste di protezione internazionale, e se – coerentemente con le osservazioni empiriche – esse possono avere un ruolo particolare nel sostanziare e rinforzare tali richieste. Al fine di delineare le questioni sottese al tema, questa tesi cerca di mettere in luce la relazione esistente tra cambiamento climatico, disastri, godimento dei diritti umani e protezione internazionale. Pertanto, il Capitolo 1 è teso a sviluppare il ‘background’ giuridico e teorico per una migliore comprensione di questa relazione. La prima parte del Capitolo affronta la dimensione giuridica del cambiamento climatico, delineandone l’evoluzione normativa nel diritto internazionale, e mettendo in luce il modo in cui la questione climatica si è progressivamente affermata quale tema di interesse trasversale oltreché prettamente del diritto internazionale dell’ambiente. Alla luce della relazione sempre più riconosciuta tra gli impatti climatici e il (mancato) godimento dei diritti umani, un’attenzione particolare è data alla prassi degli organi preposti alla tutela dei diritti umani sul tema della protezione ambientale, riflettendosi altresì sul crescente e vivace movimento in ambito di ‘climate litigation’ innanzi a organi giudiziari e quasi-giudiziari internazionali e regionali. Dopo aver dimostrato che questa prassi riflette un processo in corso, anche se embrionale, di integrazione sistemica tra i diritti umani e il diritto dell’ambiente, la seconda parte del Capitolo inizia ad approfondire la questione della mobilità umana nel contesto del cambiamento climatico e dei disastri. Ciò allo scopo di fornire un quadro concettuale attraverso la cui lente il nesso ambiente-migrazioni possa essere più facilmente analizzato in una prospettiva di protezione internazionale. Infatti, sebbene la prima parte del Capitolo 1 chiarisca che il cambiamento climatico genera danni ai diritti umani e che gli Stati hanno l’obbligo di proteggere gli individui da tali danni, è chiaramente incoerente dal punto di vista giuridico sostenere che qualsiasi individuo costretto a migrare a causa di condizioni ambientali difficili dovrebbe avere diritto alla protezione in uno Stato terzo. É pertanto necessario focalizzare l’attenzione dell’indagine sulle circostanze in cui, in contesti caratterizzati da una maggiore incidenza di disastri naturali e da una incrementata vulnerabilità agli impatti climatici, potrebbero sorgere esigenze di protezione internazionale. In tale prospettiva, il concetto di ‘disastro’ viene adottato e descritto al fine di far luce sulle dinamiche che stanno alla base della vulnerabilità ai disastri, delle potenziali violazioni di diritti umani, e della migrazione forzata. Dopo aver fornito il quadro giuridico e concettuale, la tesi entra nel vivo dell’indagine analizzando il regime giuridico che regola la migrazione forzata. Il Capitolo 2 affronta il regime dei rifugiati, sia a livello internazionale che regionale. L’analisi rivela che, sebbene la definizione di rifugiato fornita dalla Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati offra spazio per interpretazioni espansive, la prassi applicativa rivela una certa riluttanza ad apprezzare pienamente i danni legati ai disastri come motivi fondati per l’ottenimento dello status. Simili osservazioni possono essere svolte rispetto agli sviluppi del diritto dei rifugiati a livello regionale, dove nonostante l’esistenza di definizioni più ampie di rifugiato, la prassi nazionale suggerisce che il nesso ambiente-migrazioni è raramente considerato quale tema legato al diritto di asilo. Il Capitolo 3 è dedicato agli obblighi di protezione più ampi che nel tempo si sono sviluppati parallelamente al regime dei rifugiati. Dopo aver dimostrato il carattere in costante evoluzione del concetto di protezione internazionale nel diritto internazionale, il capitolo discute dapprima la nozione di protezione temporanea e la sua applicazione allo sfollamento per disastri attraverso una analisi della prassi degli Stati. Successivamente, l’indagine si rivolge alla protezione ‘complementare’ e al relativo sviluppo del principio di non-refoulement così come influenzato dalla normativa internazionale in materia di diritti umani. Le recenti considerazioni del Comitato ONU per i Diritti Umani sul caso Teitiota sono prese come punto di riferimento per riflettere sullo sviluppo degli obblighi di non-refoulement nell’ipotesi di rischi per la vita derivanti dagli impatti di disastri e cambiamenti climatici. Infine, verrà esaminata la giurisprudenza in ambito di non-refoulement della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo al fine di riflettere sulla portata degli obblighi di protezione ai sensi della CEDU in possibili future rivendicazioni legate al clima.
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Descrizione: The international protection regime in the age of climate change
Tipologia: Tesi di dottorato
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