Il presente lavoro affronta il tema degli smart contracts in una prospettiva comparatistica e si propone di svolgere un’analisi sulla compatibilità teorica dei tradizionali principi del diritto contrattuale con le problematiche poste dall’uso dei protocolli informatici blockchain based nelle esperienze giuridiche italiana e inglese. Infatti, la tecnologia blockchain pone delle sfide incredibilmente ardue al diritto, soprattutto ove si consideri che esso è storicamente concepito come lo strumento principale per l’esercizio del potere statuale, mentre le DLT (Distributed Ledger Technologies) hanno come scopo principale quello di superare l’essenziale ruolo ricoperto dagli Stati. Le blockchains, infatti, mirano alla costruzione di una società i cui attori principali siano gli individui, e non enti istituzionali; una società che abbia come garanzia di stabilità la fiducia che i cittadini ripongono nel funzionamento delle nuove tecnologie costituenti piattaforme in grado di valorizzare il rapporto peer to peer. La scelta di porre in comparazione l’ordinamento italiano e inglese si lega al fatto che in essi sono state intraprese numerose iniziative per affrontare, attraverso strade diverse, il rapporto tra blockchain, smart contract e diritto. Se l’Italia, infatti, è stata tra i primi Paesi al mondo a dare una definizione legislativa a tali fenomeni digitali, l’Inghilterra si è attivata a livello istituzionale già da vari anni con importanti studi sul tema, al fine di comprendere al meglio la modalità con cui affrontare le rilevanti questioni sollevate dalle innovazioni tecnologiche. Gli istituti scelti come elementi chiave della strada da intraprendere sono stati il contratto italiano ed il contract inglese, attesa la capitale importanza che gli stessi hanno ricoperto nella storia delle relazioni umane e data la loro capacità di porre paradigmaticamente in luce i profili più critici attinenti al rapporto tra volontà umana, “volontà” della macchina e potere statale. A fronte di ciò, si è tentato di comprendere la potenziale incidenza di tali innovazioni tecnologiche sulla concezione stessa di contratto nell’ordinamento italiano e di contract in Inghilterra, nonché di far emergere le questioni più spinose come la giustiziabilità dei rapporti giuridici eseguiti nella piattaforme blockchain based e di evidenziare rilievi problematici di grande attualità pratica. Le soluzioni proposte dai legislatori nazionali, dalle istituzioni europee e dalla dottrina per disciplinare i nuovi fenomeni tecnologici spaziano dalla previsione di leggi statali ad una regolamentazione da parte dell’UE, sino all’applicazione di una sorta di lex mercatoria sovranazionale a cui i contraenti possano attingere per sfruttare al meglio le potenzialità delle innovazioni tecnologiche. Tuttavia, dall’analisi affrontata sulle caratteristiche della blockchain, degli smart contracts e di alcuni degli istituti contrattuali, è sembrata però emergere la possibilità di individuare un quadro di compatibilità, sul piano teorico, dei principi generali e delle disposizioni del diritto dei contratti degli ordinamenti posti in comparazione con le nuove tecnologie e, conseguentemente, pare manifestarsi la possibilità di applicare le norme esistenti ai protocolli informatici blockchain based. Invero, le tradizioni giuridiche prese in esame sembrano avere già in sé gli strumenti idonei ad assorbire le novità proposte dai programmi per elaboratore. Infatti, si è potuto osservare come l’autonomia privata, la modalità di formazione dell’accordo, la causa contrattuale, la consideration del contract, i concetti di illiceità e di illegality nonché l’oggetto e i requisiti di forma del contratto e del contract non corrono il rischio di essere travolti nei loro tratti essenziali a seguito dell’impatto col fenomeno degli smart contracts. Da ciò è emerso che la questione maggiormente rilevante non consiste tanto nell’urgenza di definire astrattamente gli smart contracts o nel prevedere delle regole per disciplinare gli stessi attraverso meccanismi di soft law, ma nella necessità di individuare delle modalità attraverso cui gli Stati possano contrastare gli effetti degli smart contracts non voluti o contrari ai principi fondamentali degli ordinamenti. A tal fine si è ipotizzato un meccanismo restitutorio di natura patrimoniale, utilizzando strumenti giuridici già esistenti negli ordinamenti nazionali posti in comparazione ma anche avanzando la possibilità che gli Stati, l’UE o i trattati internazionali possano decidere in futuro di integrare il diritto dei contratti prevedendo delle norme specifiche che siano meramente finalizzate ad approntare nuovi istituti che consentano un meccanismo di liquidazione di una somma di denaro che una parte dello smart contract deve versare alle altre, al fine di ristabilire il pregiudizio subito da quest’ultima, nel caso in cui non sia possibile eliminare o modificare gli effetti del protocollo informatico invalido. Dalla previsione di un intervento mirato in tal senso, oltre alla preservazione delle categorie giuridiche già conosciute dai diritti nazionali, cui sarebbero riconducibili gli smart contracts, si metterebbe in luce quella che è l’effettiva peculiarità dei protocolli informatici, ovvero l’autoesecutività degli stessi, senza la necessità di eliminare il fondamentale ruolo di garantire la giustiziabilità delle situazioni giuridiche svolto da sempre dagli Stati nazionali. Infine, tuttavia, è stato necessario ribadire che, in caso di invalidità del protocollo, il giudice nazionale non può, allo stato dei fatti, eliminare o modificare gli effetti immediati dello smart contract, a meno che in sede di scrittura del protocollo le parti non decidano di includere in esso la retrattabilità automatica dei suoi effetti al ricevimento di un certo input proveniente da un oracle, il quale possa veicolare dei dati provenienti anche indirettamente dall’autorità giudiziale. Permane, pertanto, la problematica dovuta all’ineliminabilità degli effetti concretizzatisi nel mondo digitale nonché di quegli effetti che si verificano nel mondo reale e che sono frutto dell’azione dello smart contract.

SMART CONTRACT, AUTONOMIA PRIVATA E DIRITTO DEI CONTRATTI NELLA PROSPETTIVA COMPARATISTICA

FORTUNA JACOPO
2022-01-01

Abstract

Il presente lavoro affronta il tema degli smart contracts in una prospettiva comparatistica e si propone di svolgere un’analisi sulla compatibilità teorica dei tradizionali principi del diritto contrattuale con le problematiche poste dall’uso dei protocolli informatici blockchain based nelle esperienze giuridiche italiana e inglese. Infatti, la tecnologia blockchain pone delle sfide incredibilmente ardue al diritto, soprattutto ove si consideri che esso è storicamente concepito come lo strumento principale per l’esercizio del potere statuale, mentre le DLT (Distributed Ledger Technologies) hanno come scopo principale quello di superare l’essenziale ruolo ricoperto dagli Stati. Le blockchains, infatti, mirano alla costruzione di una società i cui attori principali siano gli individui, e non enti istituzionali; una società che abbia come garanzia di stabilità la fiducia che i cittadini ripongono nel funzionamento delle nuove tecnologie costituenti piattaforme in grado di valorizzare il rapporto peer to peer. La scelta di porre in comparazione l’ordinamento italiano e inglese si lega al fatto che in essi sono state intraprese numerose iniziative per affrontare, attraverso strade diverse, il rapporto tra blockchain, smart contract e diritto. Se l’Italia, infatti, è stata tra i primi Paesi al mondo a dare una definizione legislativa a tali fenomeni digitali, l’Inghilterra si è attivata a livello istituzionale già da vari anni con importanti studi sul tema, al fine di comprendere al meglio la modalità con cui affrontare le rilevanti questioni sollevate dalle innovazioni tecnologiche. Gli istituti scelti come elementi chiave della strada da intraprendere sono stati il contratto italiano ed il contract inglese, attesa la capitale importanza che gli stessi hanno ricoperto nella storia delle relazioni umane e data la loro capacità di porre paradigmaticamente in luce i profili più critici attinenti al rapporto tra volontà umana, “volontà” della macchina e potere statale. A fronte di ciò, si è tentato di comprendere la potenziale incidenza di tali innovazioni tecnologiche sulla concezione stessa di contratto nell’ordinamento italiano e di contract in Inghilterra, nonché di far emergere le questioni più spinose come la giustiziabilità dei rapporti giuridici eseguiti nella piattaforme blockchain based e di evidenziare rilievi problematici di grande attualità pratica. Le soluzioni proposte dai legislatori nazionali, dalle istituzioni europee e dalla dottrina per disciplinare i nuovi fenomeni tecnologici spaziano dalla previsione di leggi statali ad una regolamentazione da parte dell’UE, sino all’applicazione di una sorta di lex mercatoria sovranazionale a cui i contraenti possano attingere per sfruttare al meglio le potenzialità delle innovazioni tecnologiche. Tuttavia, dall’analisi affrontata sulle caratteristiche della blockchain, degli smart contracts e di alcuni degli istituti contrattuali, è sembrata però emergere la possibilità di individuare un quadro di compatibilità, sul piano teorico, dei principi generali e delle disposizioni del diritto dei contratti degli ordinamenti posti in comparazione con le nuove tecnologie e, conseguentemente, pare manifestarsi la possibilità di applicare le norme esistenti ai protocolli informatici blockchain based. Invero, le tradizioni giuridiche prese in esame sembrano avere già in sé gli strumenti idonei ad assorbire le novità proposte dai programmi per elaboratore. Infatti, si è potuto osservare come l’autonomia privata, la modalità di formazione dell’accordo, la causa contrattuale, la consideration del contract, i concetti di illiceità e di illegality nonché l’oggetto e i requisiti di forma del contratto e del contract non corrono il rischio di essere travolti nei loro tratti essenziali a seguito dell’impatto col fenomeno degli smart contracts. Da ciò è emerso che la questione maggiormente rilevante non consiste tanto nell’urgenza di definire astrattamente gli smart contracts o nel prevedere delle regole per disciplinare gli stessi attraverso meccanismi di soft law, ma nella necessità di individuare delle modalità attraverso cui gli Stati possano contrastare gli effetti degli smart contracts non voluti o contrari ai principi fondamentali degli ordinamenti. A tal fine si è ipotizzato un meccanismo restitutorio di natura patrimoniale, utilizzando strumenti giuridici già esistenti negli ordinamenti nazionali posti in comparazione ma anche avanzando la possibilità che gli Stati, l’UE o i trattati internazionali possano decidere in futuro di integrare il diritto dei contratti prevedendo delle norme specifiche che siano meramente finalizzate ad approntare nuovi istituti che consentano un meccanismo di liquidazione di una somma di denaro che una parte dello smart contract deve versare alle altre, al fine di ristabilire il pregiudizio subito da quest’ultima, nel caso in cui non sia possibile eliminare o modificare gli effetti del protocollo informatico invalido. Dalla previsione di un intervento mirato in tal senso, oltre alla preservazione delle categorie giuridiche già conosciute dai diritti nazionali, cui sarebbero riconducibili gli smart contracts, si metterebbe in luce quella che è l’effettiva peculiarità dei protocolli informatici, ovvero l’autoesecutività degli stessi, senza la necessità di eliminare il fondamentale ruolo di garantire la giustiziabilità delle situazioni giuridiche svolto da sempre dagli Stati nazionali. Infine, tuttavia, è stato necessario ribadire che, in caso di invalidità del protocollo, il giudice nazionale non può, allo stato dei fatti, eliminare o modificare gli effetti immediati dello smart contract, a meno che in sede di scrittura del protocollo le parti non decidano di includere in esso la retrattabilità automatica dei suoi effetti al ricevimento di un certo input proveniente da un oracle, il quale possa veicolare dei dati provenienti anche indirettamente dall’autorità giudiziale. Permane, pertanto, la problematica dovuta all’ineliminabilità degli effetti concretizzatisi nel mondo digitale nonché di quegli effetti che si verificano nel mondo reale e che sono frutto dell’azione dello smart contract.
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