Linguaggio e violenza, ovvero l’eroismo minuzioso di Victor Klemperer

Victor Klemperer, di cui si occupa il mio scritto, era un filologo e uno storico della lingua. I suoi interessi erano rivolti al campo della storia. Finché ha potuto continuare le sue ricerche scientifiche, egli ha seguito gli eventi legati all’ascesa del nazismo come ogni altro ebreo: con timore e sconcerto. Ma quando l’hitlerismo giunse al potere delle coscienze, Klemperer dovette assumere uno sguardo nuovo, preoccupato e – per sua e nostra fortuna – acuto. Nei suoi diari e taccuini (pubblicati in tedesco come Ich will Zeugnis ablegen bis zum letzten. Tagebücher 1933-1941, a cura di Walter Nowojski, in collaborazione con Hadvig Klemperer, Aufbau, Berlin 1995. e come LTI. Notizbuch eines Philologen, Reclam, Stuttgart 2010) cominciarono a comparire appunti, sempre più dettagliati, relativi alla lingua della propaganda nazista, ai suoi neologismi, alla introduzione di forme e significati che determinano una presa di potere che ha nel linguaggio comune il suo campo di applicazione.