Quella incentrata sul concetto di alienazione è stata una delle teorie più utilizzate e dibattute nello scenario delle scienze umane e sociali del secolo scorso. La spinta alla sua diffusione è da far risalire alla pubblicazione dei Manoscritti economico-filosofici del 1844 al centro dei quali Marx pone l’analisi del lavoro estraneato (entfremdete) e delle conseguenze che esso comporta sulle condizioni di vita degli operai e sulle relazioni sociali. Attraverso la pubblicazione postuma di questi quaderni la tematica dell’alienazione, che già aveva ricoperto un ruolo di grande importanza in Feuerbach e in Hegel, trova il suo focus nella dimensione economica e diventa critica del sistema capitalista. Dopo una prima fase di scoperta e diffusione, l’idea di alienazione inizia ad essere applicata nei contesti più differenti e diviene di fatto, in modo particolare negli anni ‘60-‘70, sinonimo di ogni condizione di infelicità della vita umana. Da questa estrema diffusione il concetto di Entfremdung esce svuotato e talmente amplificato da risultare quasi inconsistente. Esso sembra aver perso la sua originale capacità critica e viene gradualmente messo da parte dal linguaggio filosofico e politico sino a quasi scomparire. A questa graduale dissoluzione del concetto non corrisponde, però, la scomparsa delle condizioni e dei fenomeni che esso denunciava. Tale constatazione rappresenta il punto di partenza da cui il mio lavoro di ricerca prende avvio. Esso si concentra in modo particolare sulla ripresa contemporanea del concetto di alienazione per comprendere se esso possa ancora oggi dimostrarsi analiticamente valido e necessario ad una lettura critica della società contemporanea. I vari capitoli intendono rispondere ad alcune domande-chiave: è ancora possibile parlare di alienazione? In che modo occorre farlo? E quale significato dare oggi a questo termine? Prima di prendere in esame gli autori che propongono oggi una riattualizzazione della teoria dell’alienazione, il lavoro ripercorre le origini del concetto soffermandosi in modo particolare su Hegel e Marx, per poi attraversare - seguendo un filo semantico - la sua evoluzione nel corso del ‘900. Questa prima parte della ricerca ha un duplice scopo: da un lato essa intende restituire una breve storia del concetto di alienazione mettendone in evidenza la vitalità; dall’altro si sofferma sugli elementi della tradizione classica che più risultano significativi per la rilettura contemporanea di questa categoria. Essa ha quindi un ruolo non soltanto introduttivo ma anche fondativo per le pagine che seguono. Dopo dopo questo primo capitolo, la seconda parte del lavoro si sposta nell’ambito della contemporanea teoria critica ed esplora il contributo degli autori e delle autrici che attualmente si occupano di alienazione proponendo una loro riattualizzazione del concetto. Un capitolo è dedicato a Rahel Jaeggi che, riposizionando l’Entfremdung in un paradigma relazionale, intende l’alienazione come un ostacolo alle relazioni di appropriazione attraverso le quali ci realizziamo, inteso nel senso che diamo realtà a noi stessi. Così ripensata, la categoria di alienazione diviene, secondo l’autrice, uno strumento d’indagine della filosofia sociale. Un secondo capitolo è dedicato all’analisi sociologica di Hartmut Rosa la quale prende avvio dalla constatazione di uno stretto rapporto tra i fenomeni di accelerazione sociale che caratterizzano le moderne società occidentali, e le odierne dinamiche di alienazione. L’unico modo di opporsi a queste ultime è individuato dal sociologo in un profondo ripensamento del nostro modo di relazionarci al mondo. Il terzo e ultimo capitolo di questa seconda parte esamina le teorie dell’alienazione proposte da Franck Fischbach e Stéphane Haber. Il primo recupera l’alienazione per descrivere la perdita del mondo che caratterizza l’epoca contemporanea in cui l’esistenza è divenuta qualcosa di realmente intollerabile. Haber amplia ulteriormente l’insieme dei significati che l’alienazione assume oggi e concentra la sua analisi sulla natura ubiqua del sistema neocapitalista che fuoriesce dall’economico e tende a plasmare interamente le nostre esistenze. Ciò che in estrema sintesi emerge da questa seconda parte del lavoro è che la categoria di Entfremdung rappresenta ancora oggi uno strumento analitico salvabile e da salvare. Gli autori presi in esame si dirigono in tal direzione e attraverso di loro diviene possibile tracciare un ampio quadro di che cosa significhi parlare di alienazione nella società contemporanea e di come occorra farlo. Partendo da questi primi risultati, la terza e ultima parte del lavoro si dirige verso tre direzioni. In primo luogo torna su quanto emerso con Jaeggi, Rosa, Fischbach e Haber per far emergere dei tratti comuni e delineare i contorni della contemporanea categoria di alienazione. Qui un breve focus è dedicato alla possibilità di interpretare l’Entfremdung come un abitare difettoso e, viceversa, di scorgere nel carattere dell’inabitabile almeno una traccia dell’Entfremdung. In secondo luogo, muovendo da alcune criticità evidenziabili negli autori presentati, vengono messi in luce alcuni limiti delle ridefinizioni esaminate nella seconda parte e se ne indaga l’origine attraverso due aspetti che emergono dai capitoli precedenti: 1) il graduale abbandono - da parte della teoria dell’alienazione - di una visione dialettica della realtà e 2) la più recente declinazione della teoria critica come filosofia sociale. Nell’ultimo capitolo, infine, il lavoro tenta di superare le criticità emerse e propone un nuovo paradigma all’interno del quale riposizionare la contemporanea teoria dell’alienazione. Presentato come un nuovo modello teoretico attraverso cui ripensare la categoria di Entfremdung, tale paradigma recupera la riflessione antropologica e la centralità della dignità umana restituendo alla critica un fondamento che non soffochi la pluralità del reale, ma riposizioni l’analisi in un orizzonte più ampio. In questo modo la teoria dell’alienazione appare nuovamente in grado di recuperare la sua radicalità critica e il suo slancio trasformativo. Nella sua ultima parte il lavoro risponde dunque alle domande da cui era partito ed elabora una proposta originale che si conclude, nelle ultimissime pagine, con una ridefinizione dell’alienazione come alterazione mortifera del sistema delle relazioni vitali.

LA VITA ESTRANEA. CRITICA E SUPERAMENTO DELL’ALIENAZIONE NEL PENSIERO CONTEMPORANEO

Romagnoli Alice
2021-01-01

Abstract

Quella incentrata sul concetto di alienazione è stata una delle teorie più utilizzate e dibattute nello scenario delle scienze umane e sociali del secolo scorso. La spinta alla sua diffusione è da far risalire alla pubblicazione dei Manoscritti economico-filosofici del 1844 al centro dei quali Marx pone l’analisi del lavoro estraneato (entfremdete) e delle conseguenze che esso comporta sulle condizioni di vita degli operai e sulle relazioni sociali. Attraverso la pubblicazione postuma di questi quaderni la tematica dell’alienazione, che già aveva ricoperto un ruolo di grande importanza in Feuerbach e in Hegel, trova il suo focus nella dimensione economica e diventa critica del sistema capitalista. Dopo una prima fase di scoperta e diffusione, l’idea di alienazione inizia ad essere applicata nei contesti più differenti e diviene di fatto, in modo particolare negli anni ‘60-‘70, sinonimo di ogni condizione di infelicità della vita umana. Da questa estrema diffusione il concetto di Entfremdung esce svuotato e talmente amplificato da risultare quasi inconsistente. Esso sembra aver perso la sua originale capacità critica e viene gradualmente messo da parte dal linguaggio filosofico e politico sino a quasi scomparire. A questa graduale dissoluzione del concetto non corrisponde, però, la scomparsa delle condizioni e dei fenomeni che esso denunciava. Tale constatazione rappresenta il punto di partenza da cui il mio lavoro di ricerca prende avvio. Esso si concentra in modo particolare sulla ripresa contemporanea del concetto di alienazione per comprendere se esso possa ancora oggi dimostrarsi analiticamente valido e necessario ad una lettura critica della società contemporanea. I vari capitoli intendono rispondere ad alcune domande-chiave: è ancora possibile parlare di alienazione? In che modo occorre farlo? E quale significato dare oggi a questo termine? Prima di prendere in esame gli autori che propongono oggi una riattualizzazione della teoria dell’alienazione, il lavoro ripercorre le origini del concetto soffermandosi in modo particolare su Hegel e Marx, per poi attraversare - seguendo un filo semantico - la sua evoluzione nel corso del ‘900. Questa prima parte della ricerca ha un duplice scopo: da un lato essa intende restituire una breve storia del concetto di alienazione mettendone in evidenza la vitalità; dall’altro si sofferma sugli elementi della tradizione classica che più risultano significativi per la rilettura contemporanea di questa categoria. Essa ha quindi un ruolo non soltanto introduttivo ma anche fondativo per le pagine che seguono. Dopo dopo questo primo capitolo, la seconda parte del lavoro si sposta nell’ambito della contemporanea teoria critica ed esplora il contributo degli autori e delle autrici che attualmente si occupano di alienazione proponendo una loro riattualizzazione del concetto. Un capitolo è dedicato a Rahel Jaeggi che, riposizionando l’Entfremdung in un paradigma relazionale, intende l’alienazione come un ostacolo alle relazioni di appropriazione attraverso le quali ci realizziamo, inteso nel senso che diamo realtà a noi stessi. Così ripensata, la categoria di alienazione diviene, secondo l’autrice, uno strumento d’indagine della filosofia sociale. Un secondo capitolo è dedicato all’analisi sociologica di Hartmut Rosa la quale prende avvio dalla constatazione di uno stretto rapporto tra i fenomeni di accelerazione sociale che caratterizzano le moderne società occidentali, e le odierne dinamiche di alienazione. L’unico modo di opporsi a queste ultime è individuato dal sociologo in un profondo ripensamento del nostro modo di relazionarci al mondo. Il terzo e ultimo capitolo di questa seconda parte esamina le teorie dell’alienazione proposte da Franck Fischbach e Stéphane Haber. Il primo recupera l’alienazione per descrivere la perdita del mondo che caratterizza l’epoca contemporanea in cui l’esistenza è divenuta qualcosa di realmente intollerabile. Haber amplia ulteriormente l’insieme dei significati che l’alienazione assume oggi e concentra la sua analisi sulla natura ubiqua del sistema neocapitalista che fuoriesce dall’economico e tende a plasmare interamente le nostre esistenze. Ciò che in estrema sintesi emerge da questa seconda parte del lavoro è che la categoria di Entfremdung rappresenta ancora oggi uno strumento analitico salvabile e da salvare. Gli autori presi in esame si dirigono in tal direzione e attraverso di loro diviene possibile tracciare un ampio quadro di che cosa significhi parlare di alienazione nella società contemporanea e di come occorra farlo. Partendo da questi primi risultati, la terza e ultima parte del lavoro si dirige verso tre direzioni. In primo luogo torna su quanto emerso con Jaeggi, Rosa, Fischbach e Haber per far emergere dei tratti comuni e delineare i contorni della contemporanea categoria di alienazione. Qui un breve focus è dedicato alla possibilità di interpretare l’Entfremdung come un abitare difettoso e, viceversa, di scorgere nel carattere dell’inabitabile almeno una traccia dell’Entfremdung. In secondo luogo, muovendo da alcune criticità evidenziabili negli autori presentati, vengono messi in luce alcuni limiti delle ridefinizioni esaminate nella seconda parte e se ne indaga l’origine attraverso due aspetti che emergono dai capitoli precedenti: 1) il graduale abbandono - da parte della teoria dell’alienazione - di una visione dialettica della realtà e 2) la più recente declinazione della teoria critica come filosofia sociale. Nell’ultimo capitolo, infine, il lavoro tenta di superare le criticità emerse e propone un nuovo paradigma all’interno del quale riposizionare la contemporanea teoria dell’alienazione. Presentato come un nuovo modello teoretico attraverso cui ripensare la categoria di Entfremdung, tale paradigma recupera la riflessione antropologica e la centralità della dignità umana restituendo alla critica un fondamento che non soffochi la pluralità del reale, ma riposizioni l’analisi in un orizzonte più ampio. In questo modo la teoria dell’alienazione appare nuovamente in grado di recuperare la sua radicalità critica e il suo slancio trasformativo. Nella sua ultima parte il lavoro risponde dunque alle domande da cui era partito ed elabora una proposta originale che si conclude, nelle ultimissime pagine, con una ridefinizione dell’alienazione come alterazione mortifera del sistema delle relazioni vitali.
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Descrizione: tesi di dottorato
Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/283005
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