L'obiettivo che mi sono proposta nel mio progetto di ricerca è stato quello di approfondire il tema della tutela nazionale ed internazionale del marchio con particolare focus sul marchio patronimico per valutare ed analizzare quali fossero le principali problematiche di contraffazione e concorrenza sleale nel settore manifatturiero e della moda. La mia analisi è iniziata analizzando le fonti normative nazionali ed internazionali, per poi spiegare quali fossero le modalità di registrazione del marchio in Italia e all'estero, avuto riguardo all’importante istituto della priorità. Ho quindi analizzato il coordinamento tra Accordo e Protocollo di Madrid anche al fine di comprendere quali sono le principali operazioni da compiere per la registrazione del marchio nazionale, comunitario e internazionale in funzione anche della valutazione economica dell'investimento da effettuare per un’azienda titolare di un marchio. Ho effettuato un’excursus circa le funzioni giuridicamente tutelate del marchio ed il contenuto del diritto di marchio anche alla luce della giurisprudenza della corte di giustizia europea. Nel secondo capitolo ho affrontato la questione della tutela del marchio celebre prima e dopo l’introduzione del d.lgs. 480 del 1992, anche alla luce della giurisprudenza della corte di giustizia europea. Sono quindi passata all’analisi dei rischi di confusione e di associazione del marchio identico o simile per prodotti o servizi identici o affini e ai principali elementi del marchio che gode di rinomanza. Infine mi sono interessata al fenomeno contraffattivo circa forme, lettere, colori del marchio con un breve excursus degli orientamenti giurisprudenziali ed al tema irrisolto della tutela marchio “made in italy”. Nel terzo ed ultimo capito ho invece focalizzato l’attenzione sulla tutela nazionale ed internazionale del marchio patronimico nel settore manifatturiero, per poi fornire una panoramica della protezione del marchio patronimico negli Stati Uniti ed in Cina. La questione più problematica che ho affrontato è stata quella relativa al quesito circa la trasferibilità dei marchi patronimici evocativi di una specifica tradizione familiare. Esistono marchi nel settore manifatturiero ove l’intera storia dell’azienda e del marchio ruotano sempre attorno alla famiglia proprietaria degli stessi marchi e alle varie generazioni dei suoi esponenti pertanto tali segni distintivi patronimici risultano estremamente evocativi del valore e del messaggio di tradizione familiare. Quando, per di più, questo messaggio risulta ampiamente comunicato al pubblico sia dall’azienda sia dagli organi di informazione, tanto che il messaggio veicolato dal marchio patronimico è chiaramente legato alla natura familiare e al contributo diretto e personale della famiglia in tutte le fasi essenziali dell’attività manifatturiera , e cioè le fasi di creazione, produzione, marketing e distribuzione dei prodotti con quel marchio si pone il problema se quei marchi registrati e usati, possano essere liberamente ceduti anche a soggetti estranei alla famiglia, e in tal caso se ciò non comporti di per sé inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi essenziali per il loro apprezzamento da parte del pubblico e che sono appunto legati alle persone il cui nome è oggetto del marchio, e se esistano limiti o oneri a carico dei cessionari. Va premesso che la cedibilità dei marchi è regolata in termini generali dall’art. 23.1 del Codice di Proprietà Industriale (c.p.i.), in base al quale: “Il marchio può essere trasferito per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato”. La norma è dettata in generale per tutti i marchi e non esistono previsioni particolari per i marchi patronimici. L’unico limite alla libera cessione, peraltro di fondamentale importanza nel nuovo assetto della disciplina, è stabilito all’art. 23.4 c.p.i. che impone che “in ogni caso” dal trasferimento non debba derivare inganno “in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico”. Ove dalla cessione si generasse inganno, il contratto di cessione sarebbe nullo e il marchio suscettibile di decadenza per decettività sopravvenuta ai sensi dell’art. 14.2 a) c.p.i. e non potrebbe essere più utilizzato in quanto ingannevole ai sensi dell’art. 21.2-3. Per dare una risposta a tale quesito occorre chiedersi se le caratteristiche menzionate dall’art. 23.4 c.p.i., l’inganno sulle quali rende la cessione illegittima, comprendano solo qualità intrinseche del prodotto in sé (caratteristiche “materiali”), o possano riguardare anche la percezione da parte del pubblico del contributo offerto dalla persona (o famiglia) il cui nome è richiamato dal marchio (caratteristiche “immateriali”). E’ ben possibile che si riveli come portatrice di inganno la cessione del marchio patronimico, nel quale il pubblico individui un’impronta di tradizione stilistica e produttiva di carattere personale e familiare, che sia effettuata a beneficio di un soggetto che non abbia più legami diretti con tale tradizione. Il pubblico infatti, anche dopo la cessione, potrebbe continuare a collegare al marchio l’idea che dietro ad esso prosegua la tradizione e il lavoro del gruppo familiare evocato dal segno, specie qualora tale messaggio sia sempre stato comunicato per effetto di un duraturo e forte legame che ha visto direttamente coinvolti i familiari in tutte le fasi dell’attività, dalla creazione e sviluppo dello stile delle collezioni, alla manifattura, alla distribuzione, al marketing etc. Occorre quindi chiedersi quanto la paternità stilistica di un prodotto influisca tra le motivazioni di acquisto del pubblico.. Per scongiurare il rischio di invalidità della cessione e di decadenza per decettività sopravvenuta del marchio patronimico oggetto di trasferimento, o di divieto di uso del marchio divenuto ingannevole, la dottrina propone che il cessionario segua una delle due seguenti alternative: (i) mantenere inalterate nei prodotti quelle caratteristiche (anche immateriali) per le quali il marchio era conosciuto e apprezzato quando utilizzato dall’originario titolare, e quindi non solo conservare immutata la qualità dei prodotti, ma anche mantenere uno stretto e diretto legame, anche professionale, con il soggetto o la famiglia il cui patronimico coincide con il marchio e che lo ha sviluppato nel tempo; (ii) impegnarsi ad informare adeguatamente il pubblico del mutamento di tali caratteristiche, e quindi a comunicare ai consumatori con opportune campagne che il marchio sarà utilizzato da una società che non ha più alcun rapporto con le persone e il gruppo familiare che erano identificati dal marchio e che hanno condotto l’omonima azienda . Ove il cessionario non abbia alcun rapporto (o interrompa successivamente i rapporti) con le persone o il gruppo familiare la cui attività è sempre risultata decisiva per determinare le caratteristiche materiali e immateriali dei prodotti, egli non potrà dunque che perseguire la seconda strada e impegnarsi in una adeguata campagna di informazione al mercato. In questa campagna informativa dovrà essere chiarito che: (i) il marchio è stato oggetto di trasferimento, (ii) è venuto meno ogni legame con la famiglia e le persone che determinavano in precedenza le caratteristiche dei prodotti. Una volta che il pubblico sarà stato correttamente e adeguatamente informato, il messaggio evocato sarà allineato alla nuova realtà e potrà quindi venir meno il rischio di inganno. Pertanto la cessione a terzi dei marchi patronimici del settore manifatturiero intrinsecamente e fortemente evocativi della tradizione stilistica e imprenditoriale legata al fondatore potrebbe considerarsi valida e i marchi sarebbero al riparo dal rischio di decadenza per decettività sopravvenuta e di divieto di uso solo se, in alternativa, l’acquirente: a) conservasse stretti legami con la famiglia assegnandole un ruolo decisivo nel determinare lo stile, la produzione, la commercializzazione e il marketing dei prodotti mantenendo nella gestione del marchio una linea di continuità con quanto avvenuto sino a oggi; b) si impegnasse ad effettuare una campagna informativa di adeguate proporzioni e durata per informare il pubblico che, a seguito della intervenuta cessione, il marchio patronimico non conserva più alcun legame con i componenti della famiglia, la quale non ha più alcun ruolo nella creazione, produzione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti. Tale campagna dovrebbe essere proporzionata al radicamento del messaggio fino a tale momento evocato in relazione al marchio patronimico stesso, e considerando la notorietà che tale fortissimo legame indubbiamente oggi ha, dovrebbe essere estesa su numerosi mezzi di informazione (giornali, riviste di settore, internet, radio e tv) e ripetuta per un lungo periodo di tempo per ottenere in maniera effettiva e duratura tale risultato. In difetto dell’una e dell’altra ipotesi, la cessione potrebbe essere ritenuta in violazione della legge e quindi nulla e i marchi patronimici evocativi di una lunga tradizione familiare potrebbero essere dichiarati decaduti per decettività sopravvenuta e l’uso del marchio potrebbe essere vietato in quanto decettivo.

LA TUTELA NAZIONALE ED INTERNAZIONALE DEL MARCHIO PATRONIMICO NEL SETTORE MANIFATTURIERO

Tombesi Giorgia
2019-01-01

Abstract

L'obiettivo che mi sono proposta nel mio progetto di ricerca è stato quello di approfondire il tema della tutela nazionale ed internazionale del marchio con particolare focus sul marchio patronimico per valutare ed analizzare quali fossero le principali problematiche di contraffazione e concorrenza sleale nel settore manifatturiero e della moda. La mia analisi è iniziata analizzando le fonti normative nazionali ed internazionali, per poi spiegare quali fossero le modalità di registrazione del marchio in Italia e all'estero, avuto riguardo all’importante istituto della priorità. Ho quindi analizzato il coordinamento tra Accordo e Protocollo di Madrid anche al fine di comprendere quali sono le principali operazioni da compiere per la registrazione del marchio nazionale, comunitario e internazionale in funzione anche della valutazione economica dell'investimento da effettuare per un’azienda titolare di un marchio. Ho effettuato un’excursus circa le funzioni giuridicamente tutelate del marchio ed il contenuto del diritto di marchio anche alla luce della giurisprudenza della corte di giustizia europea. Nel secondo capitolo ho affrontato la questione della tutela del marchio celebre prima e dopo l’introduzione del d.lgs. 480 del 1992, anche alla luce della giurisprudenza della corte di giustizia europea. Sono quindi passata all’analisi dei rischi di confusione e di associazione del marchio identico o simile per prodotti o servizi identici o affini e ai principali elementi del marchio che gode di rinomanza. Infine mi sono interessata al fenomeno contraffattivo circa forme, lettere, colori del marchio con un breve excursus degli orientamenti giurisprudenziali ed al tema irrisolto della tutela marchio “made in italy”. Nel terzo ed ultimo capito ho invece focalizzato l’attenzione sulla tutela nazionale ed internazionale del marchio patronimico nel settore manifatturiero, per poi fornire una panoramica della protezione del marchio patronimico negli Stati Uniti ed in Cina. La questione più problematica che ho affrontato è stata quella relativa al quesito circa la trasferibilità dei marchi patronimici evocativi di una specifica tradizione familiare. Esistono marchi nel settore manifatturiero ove l’intera storia dell’azienda e del marchio ruotano sempre attorno alla famiglia proprietaria degli stessi marchi e alle varie generazioni dei suoi esponenti pertanto tali segni distintivi patronimici risultano estremamente evocativi del valore e del messaggio di tradizione familiare. Quando, per di più, questo messaggio risulta ampiamente comunicato al pubblico sia dall’azienda sia dagli organi di informazione, tanto che il messaggio veicolato dal marchio patronimico è chiaramente legato alla natura familiare e al contributo diretto e personale della famiglia in tutte le fasi essenziali dell’attività manifatturiera , e cioè le fasi di creazione, produzione, marketing e distribuzione dei prodotti con quel marchio si pone il problema se quei marchi registrati e usati, possano essere liberamente ceduti anche a soggetti estranei alla famiglia, e in tal caso se ciò non comporti di per sé inganno in quei caratteri dei prodotti o servizi essenziali per il loro apprezzamento da parte del pubblico e che sono appunto legati alle persone il cui nome è oggetto del marchio, e se esistano limiti o oneri a carico dei cessionari. Va premesso che la cedibilità dei marchi è regolata in termini generali dall’art. 23.1 del Codice di Proprietà Industriale (c.p.i.), in base al quale: “Il marchio può essere trasferito per la totalità o per una parte dei prodotti o servizi per i quali è stato registrato”. La norma è dettata in generale per tutti i marchi e non esistono previsioni particolari per i marchi patronimici. L’unico limite alla libera cessione, peraltro di fondamentale importanza nel nuovo assetto della disciplina, è stabilito all’art. 23.4 c.p.i. che impone che “in ogni caso” dal trasferimento non debba derivare inganno “in quei caratteri dei prodotti o servizi che sono essenziali nell’apprezzamento del pubblico”. Ove dalla cessione si generasse inganno, il contratto di cessione sarebbe nullo e il marchio suscettibile di decadenza per decettività sopravvenuta ai sensi dell’art. 14.2 a) c.p.i. e non potrebbe essere più utilizzato in quanto ingannevole ai sensi dell’art. 21.2-3. Per dare una risposta a tale quesito occorre chiedersi se le caratteristiche menzionate dall’art. 23.4 c.p.i., l’inganno sulle quali rende la cessione illegittima, comprendano solo qualità intrinseche del prodotto in sé (caratteristiche “materiali”), o possano riguardare anche la percezione da parte del pubblico del contributo offerto dalla persona (o famiglia) il cui nome è richiamato dal marchio (caratteristiche “immateriali”). E’ ben possibile che si riveli come portatrice di inganno la cessione del marchio patronimico, nel quale il pubblico individui un’impronta di tradizione stilistica e produttiva di carattere personale e familiare, che sia effettuata a beneficio di un soggetto che non abbia più legami diretti con tale tradizione. Il pubblico infatti, anche dopo la cessione, potrebbe continuare a collegare al marchio l’idea che dietro ad esso prosegua la tradizione e il lavoro del gruppo familiare evocato dal segno, specie qualora tale messaggio sia sempre stato comunicato per effetto di un duraturo e forte legame che ha visto direttamente coinvolti i familiari in tutte le fasi dell’attività, dalla creazione e sviluppo dello stile delle collezioni, alla manifattura, alla distribuzione, al marketing etc. Occorre quindi chiedersi quanto la paternità stilistica di un prodotto influisca tra le motivazioni di acquisto del pubblico.. Per scongiurare il rischio di invalidità della cessione e di decadenza per decettività sopravvenuta del marchio patronimico oggetto di trasferimento, o di divieto di uso del marchio divenuto ingannevole, la dottrina propone che il cessionario segua una delle due seguenti alternative: (i) mantenere inalterate nei prodotti quelle caratteristiche (anche immateriali) per le quali il marchio era conosciuto e apprezzato quando utilizzato dall’originario titolare, e quindi non solo conservare immutata la qualità dei prodotti, ma anche mantenere uno stretto e diretto legame, anche professionale, con il soggetto o la famiglia il cui patronimico coincide con il marchio e che lo ha sviluppato nel tempo; (ii) impegnarsi ad informare adeguatamente il pubblico del mutamento di tali caratteristiche, e quindi a comunicare ai consumatori con opportune campagne che il marchio sarà utilizzato da una società che non ha più alcun rapporto con le persone e il gruppo familiare che erano identificati dal marchio e che hanno condotto l’omonima azienda . Ove il cessionario non abbia alcun rapporto (o interrompa successivamente i rapporti) con le persone o il gruppo familiare la cui attività è sempre risultata decisiva per determinare le caratteristiche materiali e immateriali dei prodotti, egli non potrà dunque che perseguire la seconda strada e impegnarsi in una adeguata campagna di informazione al mercato. In questa campagna informativa dovrà essere chiarito che: (i) il marchio è stato oggetto di trasferimento, (ii) è venuto meno ogni legame con la famiglia e le persone che determinavano in precedenza le caratteristiche dei prodotti. Una volta che il pubblico sarà stato correttamente e adeguatamente informato, il messaggio evocato sarà allineato alla nuova realtà e potrà quindi venir meno il rischio di inganno. Pertanto la cessione a terzi dei marchi patronimici del settore manifatturiero intrinsecamente e fortemente evocativi della tradizione stilistica e imprenditoriale legata al fondatore potrebbe considerarsi valida e i marchi sarebbero al riparo dal rischio di decadenza per decettività sopravvenuta e di divieto di uso solo se, in alternativa, l’acquirente: a) conservasse stretti legami con la famiglia assegnandole un ruolo decisivo nel determinare lo stile, la produzione, la commercializzazione e il marketing dei prodotti mantenendo nella gestione del marchio una linea di continuità con quanto avvenuto sino a oggi; b) si impegnasse ad effettuare una campagna informativa di adeguate proporzioni e durata per informare il pubblico che, a seguito della intervenuta cessione, il marchio patronimico non conserva più alcun legame con i componenti della famiglia, la quale non ha più alcun ruolo nella creazione, produzione, distribuzione e commercializzazione dei prodotti. Tale campagna dovrebbe essere proporzionata al radicamento del messaggio fino a tale momento evocato in relazione al marchio patronimico stesso, e considerando la notorietà che tale fortissimo legame indubbiamente oggi ha, dovrebbe essere estesa su numerosi mezzi di informazione (giornali, riviste di settore, internet, radio e tv) e ripetuta per un lungo periodo di tempo per ottenere in maniera effettiva e duratura tale risultato. In difetto dell’una e dell’altra ipotesi, la cessione potrebbe essere ritenuta in violazione della legge e quindi nulla e i marchi patronimici evocativi di una lunga tradizione familiare potrebbero essere dichiarati decaduti per decettività sopravvenuta e l’uso del marchio potrebbe essere vietato in quanto decettivo.
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