La figura mitologica della Sibilla ha ispirato numerosi componimenti letterari a partire dall’epoca classica (V sec. a.C.) fino a quella contemporanea. Tra questi compare, in epoca tardoantica, un poemetto latino di incipit Mundus Origo mea est, intercettato da B. Bischoff e da lui edito nel 1951 . Si tratta di un testo esametrico di 136 versi rappresentanti un vaticinio di natura apocalittico-escatologica. La Sibylla Maga, cui è attribuito l’oracolo, dopo essersi presentata al suo pubblico di lettori, ripercorre i momenti salienti della Creazione, annunciando la venuta di Cristo e dispensando consigli etici in attesa del Giudizio Universale. Il presente elaborato, tenuto conto dell’ampliamento delle testimonianze manoscritte attestanti il componimento, ha come scopo quello di indagare la vicenda ecdotica del testo sibillino, producendone una edizione critica con traduzione e commento e descrivendo le dinamiche storiche della sua diffusione. La poesia rientra a pieno titolo nel tipo specifico di letteratura ispirata alla image letteraria di Sibilla, la quale a partire da Eraclito, viene ripresa con continuità nella letteratura greca, romana, giudaico-ellenistica e cristiana. Muovendo dalla analisi comparata della raccolta degli Oracula Sibyllina, prodotti nel VI sec. d.C. da un anonimo compositore bizantino, viene proposta una lettura antropologico-letteraria e multifocale della produzione sibillina tout court. Essa è caratterizzata da un fenomeno di riscrittura per il quale un testo viene assemblato a partire da un avan-testo, cristallizzatosi come intertesto duro sibillino (imagologicamente inteso), il quale conserva, oltre alla tipica attribuzione alla profetessa Sibilla, anche l’impronta tematica politica, apocalittica, escatologica e salvifica e un assetto retorico conforme alle produzioni di enigmi e oracoli. Se ne ricava una specificità letteraria distintiva che permette una lettura a sistema di molti componimenti per lo più isolati o adespoti. Tra gli esempi degni di menzione vanno ricordati: 1)i Versus Sibylle Theodole Magne (X sec.- inedito), vero e proprio panphlet in cui la grande Sibilla, incalzata dall’arcangelo Michele, vaticina sulla venuta di Cristo, concedendosi un indugio descrittivo dell’Eden e degli episodi salienti della infanzia di Maria; 2) gli oracoli sibillini annessi alle varie edizioni (1481-1517) degli Opuscola di Filippo Barbieri, realizzati nel pieno XV sec., i quali rappresentano la pars poetica delle didascalie iconiche utili a designare i prototipi iconografici sibillini umanistici in voga fino al XIX sec.; 3) il Mundus Origo. Ribattezzato Prophetia ex Dictis Sibyllae Magae per confronto delle occorrenze manoscritte, il poemetto entra a far parte di un più ampio compendio caratterizzante e culturalmente poliedrico, recependo la complessa strutturazione tematica e retorico-stilistica del tempo di cui è figlio. Infatti, la Prophetia per la quale l’indagine filologica sul campo ha permesso di identificare 11 codici di trasmissione, databili tra IX e XV sec., è una vera e propria summa delle letture classiche in voga nel pieno V sec. d.C., evocate anche negli aspetti fonici e stilistici come rileva l’andamento parafonico delle partes terminali di verso e spesso re-interpretate in una funzionalità teologica impegnata, tutta votata alla diffusione dei messaggi salienti della novella religio cristiana. D’altra parte, ispirandosi alla metodologia comparata di matrice francese, viene proposto un raffronto del testo sibillino con quello più noto di Voluspà, appartenente alla raccolta norrena degli Edda. L’attinenza strutturale e le modalità con cui viene proposta la figura della Sibilla nel vaticinio hanno permesso di identificare l’analogia con il ruolo della volva di Odino: entrambe le ministre divine sono concepite come strumenti di dispensazione sapienziale e i messaggi offerti condividono la medesima struttura drammatico-dialogica nella presentazione degli argomenti. Condivisa è pure la matrice neoplatonica ravvisabile nella concezione degli spazi terrestri e nella organizzazione di quelli celesti. D’altra parte la Sibylla del componimento latino è considerata propriamente una Maga: il sostantivo, nonostante sia presumibilmente derivato da un errore filologico di eziologia meccanica, rivela un nuovo tipo sibillino, intermediario rispetto alla profetessa classica e cristiana e alla Sibilla fata e strega dei romanzi medievali, arricchendo l'idea del magico cristiano in epoca tardoantica. La Sibylla Maga rientra tra le manifestazioni del monstrum immaginario-letterario e antropologico, secondo quanto confermato dalla esemplificativa descrizione di Gervasio di Tilbury negli Otia imperalia (legitur autem Sibilla que in Italia vaticinata est Chimera dicta propter sua vaticinia, que mutabilitate sua varias profecie producebat figuras (cap. CXXI), per la quale si recepisce il transfert phantasmatico di questa donna mitemica sui generis. Eppure, la percezione transeunte del personaggio Sibilla nella Prophetia ex Dictis Sibyllae Magae rimane ancora conforme alla più tradizionale oracolistica cristiana, come pure è evidente dal core tematico del testo, rappresentato dall’annuncio della venuta di Cristo. Sulla scorta della ricezione cristiana della materia virgiliana e, specificamente, del valore messianico attribuito alla Ecloga IV (Carmen Cumaeum), anche la Maga tardoantica vaticina sulla venuta del Figlio di Dio in terra. Egli, per mezzo di una minuziosa costruzione retorica, viene sovente accostato alla figura classica di Saturno disceso nelle terre del Lazio a ristorare il mondo, collaudando un sistema di dialogo prolifico tra fonti pagane e cristiane nel passaggio al tardoantico. Il nome del Salvatore, appellato sempre per mezzo di perifrasi, viene rivelato solo attraverso il gioco acrostico dei versi 77-83, i quali restituiscono il nome CRISTUS, attestando una familiarità dell’anonimo autore con le più consuete scritture sibilline e con le tendenze tematiche e stilistiche dell’epoca. Infatti, l’uso acrostico accanto alla prassi metrica tecnicamente irregolare ma comunque finalizzata a una resa euritmica coerente con le norme classiche, l’uso del lessico e delle espressioni dialogicamente intervallate con soluzione di continuità hanno permesso di leggere il testo della Prophetia in maniera analogica rispetto alla produzione commodianea. Pur non potendo esprimersi in merito a una diretta attribuzione del testo, emergono chiaramente i lineamenti di una letteratura poetica teologicamente e storicamente impegnata dove, pur mancando l’attenzione politica, continua a risaltare l’impegno paideutico per la distinzione tra un comportamento cristiano ispirato alla fides Dei (v.4) e uno destinato ad essere punito con il Tartarus (v.129), nonché un certo rimaneggiamento sapiente delle fonti sia pagane sia cristiane (prioritariamente veterotestamentarie) che ne eleva lo stile e ne determina una longeva conservazione nel tempo. Il testo non rimane emarginato nella parentesi tardoantica ma è stato recepito in versione ridotta fino almeno al XV sec. L’estratto di sei/nove versi, relativo alla venuta di Cristo in terra, viene presto associato alla produzione dei carmi pseudo-virgiliani e della Appendix, per poi emigrare nella raccolta scolastica nota con il titolo Carmina Duodecim Sapientum. Si tratta di 12 serie di 12 carmi metrici ciascuna, con le quali la Prophetia ex Dictis Sibyllae Magae rimane affiancata fino alla più tarda epoca umanistica e, proprio in virtù di tale associazione letteraria, il componimento verrà trascritto anche nel noto codice autografo di Boccaccio Plut. 33.31, oggi presso la Biblioteca Medicea Laurenziana.

Prophetia ex Dictis Sibyllae Magae

Santilli Elena
2019-01-01

Abstract

La figura mitologica della Sibilla ha ispirato numerosi componimenti letterari a partire dall’epoca classica (V sec. a.C.) fino a quella contemporanea. Tra questi compare, in epoca tardoantica, un poemetto latino di incipit Mundus Origo mea est, intercettato da B. Bischoff e da lui edito nel 1951 . Si tratta di un testo esametrico di 136 versi rappresentanti un vaticinio di natura apocalittico-escatologica. La Sibylla Maga, cui è attribuito l’oracolo, dopo essersi presentata al suo pubblico di lettori, ripercorre i momenti salienti della Creazione, annunciando la venuta di Cristo e dispensando consigli etici in attesa del Giudizio Universale. Il presente elaborato, tenuto conto dell’ampliamento delle testimonianze manoscritte attestanti il componimento, ha come scopo quello di indagare la vicenda ecdotica del testo sibillino, producendone una edizione critica con traduzione e commento e descrivendo le dinamiche storiche della sua diffusione. La poesia rientra a pieno titolo nel tipo specifico di letteratura ispirata alla image letteraria di Sibilla, la quale a partire da Eraclito, viene ripresa con continuità nella letteratura greca, romana, giudaico-ellenistica e cristiana. Muovendo dalla analisi comparata della raccolta degli Oracula Sibyllina, prodotti nel VI sec. d.C. da un anonimo compositore bizantino, viene proposta una lettura antropologico-letteraria e multifocale della produzione sibillina tout court. Essa è caratterizzata da un fenomeno di riscrittura per il quale un testo viene assemblato a partire da un avan-testo, cristallizzatosi come intertesto duro sibillino (imagologicamente inteso), il quale conserva, oltre alla tipica attribuzione alla profetessa Sibilla, anche l’impronta tematica politica, apocalittica, escatologica e salvifica e un assetto retorico conforme alle produzioni di enigmi e oracoli. Se ne ricava una specificità letteraria distintiva che permette una lettura a sistema di molti componimenti per lo più isolati o adespoti. Tra gli esempi degni di menzione vanno ricordati: 1)i Versus Sibylle Theodole Magne (X sec.- inedito), vero e proprio panphlet in cui la grande Sibilla, incalzata dall’arcangelo Michele, vaticina sulla venuta di Cristo, concedendosi un indugio descrittivo dell’Eden e degli episodi salienti della infanzia di Maria; 2) gli oracoli sibillini annessi alle varie edizioni (1481-1517) degli Opuscola di Filippo Barbieri, realizzati nel pieno XV sec., i quali rappresentano la pars poetica delle didascalie iconiche utili a designare i prototipi iconografici sibillini umanistici in voga fino al XIX sec.; 3) il Mundus Origo. Ribattezzato Prophetia ex Dictis Sibyllae Magae per confronto delle occorrenze manoscritte, il poemetto entra a far parte di un più ampio compendio caratterizzante e culturalmente poliedrico, recependo la complessa strutturazione tematica e retorico-stilistica del tempo di cui è figlio. Infatti, la Prophetia per la quale l’indagine filologica sul campo ha permesso di identificare 11 codici di trasmissione, databili tra IX e XV sec., è una vera e propria summa delle letture classiche in voga nel pieno V sec. d.C., evocate anche negli aspetti fonici e stilistici come rileva l’andamento parafonico delle partes terminali di verso e spesso re-interpretate in una funzionalità teologica impegnata, tutta votata alla diffusione dei messaggi salienti della novella religio cristiana. D’altra parte, ispirandosi alla metodologia comparata di matrice francese, viene proposto un raffronto del testo sibillino con quello più noto di Voluspà, appartenente alla raccolta norrena degli Edda. L’attinenza strutturale e le modalità con cui viene proposta la figura della Sibilla nel vaticinio hanno permesso di identificare l’analogia con il ruolo della volva di Odino: entrambe le ministre divine sono concepite come strumenti di dispensazione sapienziale e i messaggi offerti condividono la medesima struttura drammatico-dialogica nella presentazione degli argomenti. Condivisa è pure la matrice neoplatonica ravvisabile nella concezione degli spazi terrestri e nella organizzazione di quelli celesti. D’altra parte la Sibylla del componimento latino è considerata propriamente una Maga: il sostantivo, nonostante sia presumibilmente derivato da un errore filologico di eziologia meccanica, rivela un nuovo tipo sibillino, intermediario rispetto alla profetessa classica e cristiana e alla Sibilla fata e strega dei romanzi medievali, arricchendo l'idea del magico cristiano in epoca tardoantica. La Sibylla Maga rientra tra le manifestazioni del monstrum immaginario-letterario e antropologico, secondo quanto confermato dalla esemplificativa descrizione di Gervasio di Tilbury negli Otia imperalia (legitur autem Sibilla que in Italia vaticinata est Chimera dicta propter sua vaticinia, que mutabilitate sua varias profecie producebat figuras (cap. CXXI), per la quale si recepisce il transfert phantasmatico di questa donna mitemica sui generis. Eppure, la percezione transeunte del personaggio Sibilla nella Prophetia ex Dictis Sibyllae Magae rimane ancora conforme alla più tradizionale oracolistica cristiana, come pure è evidente dal core tematico del testo, rappresentato dall’annuncio della venuta di Cristo. Sulla scorta della ricezione cristiana della materia virgiliana e, specificamente, del valore messianico attribuito alla Ecloga IV (Carmen Cumaeum), anche la Maga tardoantica vaticina sulla venuta del Figlio di Dio in terra. Egli, per mezzo di una minuziosa costruzione retorica, viene sovente accostato alla figura classica di Saturno disceso nelle terre del Lazio a ristorare il mondo, collaudando un sistema di dialogo prolifico tra fonti pagane e cristiane nel passaggio al tardoantico. Il nome del Salvatore, appellato sempre per mezzo di perifrasi, viene rivelato solo attraverso il gioco acrostico dei versi 77-83, i quali restituiscono il nome CRISTUS, attestando una familiarità dell’anonimo autore con le più consuete scritture sibilline e con le tendenze tematiche e stilistiche dell’epoca. Infatti, l’uso acrostico accanto alla prassi metrica tecnicamente irregolare ma comunque finalizzata a una resa euritmica coerente con le norme classiche, l’uso del lessico e delle espressioni dialogicamente intervallate con soluzione di continuità hanno permesso di leggere il testo della Prophetia in maniera analogica rispetto alla produzione commodianea. Pur non potendo esprimersi in merito a una diretta attribuzione del testo, emergono chiaramente i lineamenti di una letteratura poetica teologicamente e storicamente impegnata dove, pur mancando l’attenzione politica, continua a risaltare l’impegno paideutico per la distinzione tra un comportamento cristiano ispirato alla fides Dei (v.4) e uno destinato ad essere punito con il Tartarus (v.129), nonché un certo rimaneggiamento sapiente delle fonti sia pagane sia cristiane (prioritariamente veterotestamentarie) che ne eleva lo stile e ne determina una longeva conservazione nel tempo. Il testo non rimane emarginato nella parentesi tardoantica ma è stato recepito in versione ridotta fino almeno al XV sec. L’estratto di sei/nove versi, relativo alla venuta di Cristo in terra, viene presto associato alla produzione dei carmi pseudo-virgiliani e della Appendix, per poi emigrare nella raccolta scolastica nota con il titolo Carmina Duodecim Sapientum. Si tratta di 12 serie di 12 carmi metrici ciascuna, con le quali la Prophetia ex Dictis Sibyllae Magae rimane affiancata fino alla più tarda epoca umanistica e, proprio in virtù di tale associazione letteraria, il componimento verrà trascritto anche nel noto codice autografo di Boccaccio Plut. 33.31, oggi presso la Biblioteca Medicea Laurenziana.
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/282540
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