A chi giova rileggere Antonio Rosmini alla luce di questioni che non sono state le sue? A chi giova congiungere, senza ridurre le differenze, ‘Rosmini e la fenomenologia’? Che tipo di operazione tradisce e che attitudine filosofica manifesta? Giova alla compren- sione di Rosmini, o della fenomenologia o al fraintendimento di entrambi? Forse, sia chi conosce il pensiero di Rosmini, sia chi conosce il pensiero fenomenologico resterebbe insoddisfatto dall’arbitrarietà dell’accostamento. Un imporsi ed emergere che mostra fino a che punto esse siano ribelli, come scrive Olivier Boulnois in Métaphysiques rebelles.1 Dopo aver spiegato il suggestivo titolo del suo libro, Boulnois compie un’operazione prossima a questa tentata con la lettura rosminiana. Il suo proposito, infatti, è cogliere al di là di quanto è storicamente accaduto, la questione metafisica as such. Per farlo, parte da quest’osservazione di Paul Vignaux: «Lo storico che ha ricevuto una formazione filosofica deve guar- darsi dall’unificare troppo e dal sistematizzare; occorre che faccia vedere la diversità ribelle. Occorre che nella sua esposizione non vi sia l’illusione di poter disporre di una certezza omogenea». Affermazione che Boulnois commenta così: «Mostrerò anche la vitalità delle metafisiche medievali, le quali non smettono di ri- nascere e di cambiare forma, sfuggendo a formule già disponibili e pronte. Di qui l’aggettivo “ribelli”» che egli riprende anche da Vignaux. E seguendo un percorso che s’ispira al contempo alla genealogia e alla decostruzione,4tra le metafisiche ribelli Boulnois colloca anche quella di Duns Scoto.5 Lungi dal limitarsi a coniare una formula suggestiva, Boulnois pratica dunque un metodo che 1) non riduce la metafisica sotto un unico titolo e che, invece, 2) ne segue le questioni nel loro stesso manifestarsi mostrando con ciò l’esistenza di ‘metafisiche’ in luogo di un’unica ‘metafisica’. La stessa via sarà seguita in queste pagine in cui 1) si parlerà non di fenomenologia ma di fenomenologie, nella consapevolezza della vitalità del metodo husserliano, 2) definendole con l’aggettivo ribelli per indicare che esse si rinnovano e sottraggono a riduzioni e restrizioni tematiche troppo facili. Rinnovamento che accade per la vitalità delle questioni che affrontano perché in esse s’impongono. Tra tali questioni sta anche la questione-Dio, questione ‘ribelle’ già nel fondatore della fenomenologia.

Fenomenologie ribelli. Inattese riaperture della questione-Dio per un inedito incontro con Antonio Rosmini

Carla Canullo
2020-01-01

Abstract

A chi giova rileggere Antonio Rosmini alla luce di questioni che non sono state le sue? A chi giova congiungere, senza ridurre le differenze, ‘Rosmini e la fenomenologia’? Che tipo di operazione tradisce e che attitudine filosofica manifesta? Giova alla compren- sione di Rosmini, o della fenomenologia o al fraintendimento di entrambi? Forse, sia chi conosce il pensiero di Rosmini, sia chi conosce il pensiero fenomenologico resterebbe insoddisfatto dall’arbitrarietà dell’accostamento. Un imporsi ed emergere che mostra fino a che punto esse siano ribelli, come scrive Olivier Boulnois in Métaphysiques rebelles.1 Dopo aver spiegato il suggestivo titolo del suo libro, Boulnois compie un’operazione prossima a questa tentata con la lettura rosminiana. Il suo proposito, infatti, è cogliere al di là di quanto è storicamente accaduto, la questione metafisica as such. Per farlo, parte da quest’osservazione di Paul Vignaux: «Lo storico che ha ricevuto una formazione filosofica deve guar- darsi dall’unificare troppo e dal sistematizzare; occorre che faccia vedere la diversità ribelle. Occorre che nella sua esposizione non vi sia l’illusione di poter disporre di una certezza omogenea». Affermazione che Boulnois commenta così: «Mostrerò anche la vitalità delle metafisiche medievali, le quali non smettono di ri- nascere e di cambiare forma, sfuggendo a formule già disponibili e pronte. Di qui l’aggettivo “ribelli”» che egli riprende anche da Vignaux. E seguendo un percorso che s’ispira al contempo alla genealogia e alla decostruzione,4tra le metafisiche ribelli Boulnois colloca anche quella di Duns Scoto.5 Lungi dal limitarsi a coniare una formula suggestiva, Boulnois pratica dunque un metodo che 1) non riduce la metafisica sotto un unico titolo e che, invece, 2) ne segue le questioni nel loro stesso manifestarsi mostrando con ciò l’esistenza di ‘metafisiche’ in luogo di un’unica ‘metafisica’. La stessa via sarà seguita in queste pagine in cui 1) si parlerà non di fenomenologia ma di fenomenologie, nella consapevolezza della vitalità del metodo husserliano, 2) definendole con l’aggettivo ribelli per indicare che esse si rinnovano e sottraggono a riduzioni e restrizioni tematiche troppo facili. Rinnovamento che accade per la vitalità delle questioni che affrontano perché in esse s’impongono. Tra tali questioni sta anche la questione-Dio, questione ‘ribelle’ già nel fondatore della fenomenologia.
2020
978-88-8443-880-5
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