Quando ci si interroga sul possibile incontro tra due autori tanto distanti le difficoltà dell’accostamento, e forse anche il tratto non poco estrinseco di questo stesso, è stato e sarà, forse, giustamente sempre rimarcato nell’incipit di ogni indagine consapevole di dire, in merito ai due autori, quasi la stessa cosa, si potrebbe parafrasando il titolo di un bel libro di Umberto Eco – ma mai la stessa cosa. A ben vedere, tuttavia, questo rischio lo corre non soltanto l’accostamento di due autori dal diverso temperamento filosofico quali, in questo caso, Edmund Husserl e Antonio Rosmini, ma a esso si espongono tutti i tentativi che propongono accostamenti anche tra autori che condividono la medesima aria di famiglia. Addirittura è un rischio cui si espone ogni ermeneutica di un autore. Basti pensare alla ‘famiglia’ fenomenologica, la quale nasce con una rottura non voluta e venuta, per così dire, da un diverso modo d’intendere le ‘cose stesse’, ossia la rottura tra Husserl e Heideg- ger. Oppure si pensi alla lettera in cui Roman Ingarden chiedeva al maestro di perdonare le sue eresie, ancora, si pensi al contrasto (sempre interno alla famiglia fenomenologica) provocato da quella che è normalmente indicata come querelle tra realismo e idealismo. A ben vedere, allora, il rischio cui si espone l’operazione che si sta compiendo è il medesimo che si corre quando s’interpreta un autore ad intra. È con questa consapevolezza che sarà proposta una lettura meno mossa dalla preoccupazione di trovare compara- zioni e più preoccupata, invece, di mettere in luce come, insieme a Husserl e Rosmini, i temi scelti dell’intenzionalità e della riduzione possano essere ripensati.

Intenzionalità e riduzione: la coscienza Rosmini e Husserl

C. Canullo
2020-01-01

Abstract

Quando ci si interroga sul possibile incontro tra due autori tanto distanti le difficoltà dell’accostamento, e forse anche il tratto non poco estrinseco di questo stesso, è stato e sarà, forse, giustamente sempre rimarcato nell’incipit di ogni indagine consapevole di dire, in merito ai due autori, quasi la stessa cosa, si potrebbe parafrasando il titolo di un bel libro di Umberto Eco – ma mai la stessa cosa. A ben vedere, tuttavia, questo rischio lo corre non soltanto l’accostamento di due autori dal diverso temperamento filosofico quali, in questo caso, Edmund Husserl e Antonio Rosmini, ma a esso si espongono tutti i tentativi che propongono accostamenti anche tra autori che condividono la medesima aria di famiglia. Addirittura è un rischio cui si espone ogni ermeneutica di un autore. Basti pensare alla ‘famiglia’ fenomenologica, la quale nasce con una rottura non voluta e venuta, per così dire, da un diverso modo d’intendere le ‘cose stesse’, ossia la rottura tra Husserl e Heideg- ger. Oppure si pensi alla lettera in cui Roman Ingarden chiedeva al maestro di perdonare le sue eresie, ancora, si pensi al contrasto (sempre interno alla famiglia fenomenologica) provocato da quella che è normalmente indicata come querelle tra realismo e idealismo. A ben vedere, allora, il rischio cui si espone l’operazione che si sta compiendo è il medesimo che si corre quando s’interpreta un autore ad intra. È con questa consapevolezza che sarà proposta una lettura meno mossa dalla preoccupazione di trovare compara- zioni e più preoccupata, invece, di mettere in luce come, insieme a Husserl e Rosmini, i temi scelti dell’intenzionalità e della riduzione possano essere ripensati.
2020
978-88-8443-880-5
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