Da diversi anni, in vari settori della società, dell’economia, del pensiero scientifico, viene sempre più valorizzata l’importanza della costruzione di reti, di collaborazioni, del “fare squadra”. I social network hanno rivoluzionato il linguaggio, la comunicazione e persino lo scenario politico: sono diventati uno dei media di riferimento per la circolazione di notizie e di annunci ufficiali, ci hanno messo in contatto con amici lontani, contribuiscono alla diffusione di informazioni utili come la ricerca di lavoro o di un ristorante. Hanno persino cambiato il nostro modo di esprimerci attraverso modalità veloci e sintetiche, spesso accompagnate da espressioni emozionali frutto di combinazioni di caratteri testuali: i cosiddetti emoticon. I social network sono certamente una delle applicazioni della teoria delle reti a maggiore impatto degli ultimi decenni, ma non la sola. L’esistenza e la costruzione di legami fiduciari è sempre più vista come la chiave di volta di strategie vincenti, caratterizzate da reti aziendali solide (sia formali che informali), sentieri di sviluppo economico collaborativi, specie laddove la soglia dimensionale è troppo piccola per consentire la competizione a livello internazionale o globale. Già negli anni Settanta la crisi della grande azienda fordista è stata superata grazie al concetto di rete, con la nascita dei distretti industriali, che hanno declinato l’esigenza della “specializzazione flessibile” tramite la costruzione di network di piccole e medie imprese integrate sul piano produttivo e caratterizzate dalla condivisione territoriale e di rapporti fiduciari. Nel corso dei decenni poi il concetto di impresa a rete si è ulteriormente evoluto, aprendosi a collaborazioni intersettoriali e, nell’internazionalizzazione su mercati a elevata distanza culturale, a relazioni stabili con associazioni, enti di varia natura, governi nazionali e locali, fino a toccare le municipalità.Molti altri fenomeni economici e sociali mostrano una configurazione “a rete”: di fatto, è possibile identificare una struttura reticolare ovunque esista un sistema di relazioni. Persino a livello macroistituzionale la competizione globale non avviene più tra paesi, ma tra network di paesi: il tema della integrazione europea e dei suoi limiti ne rappresenta l’evidenza a noi più prossima. Nelle grandi sfide mondiali della politica, dall’ambiente alla sicurezza, dall’approvvigionamento energetico alla lotta alla povertà, difficilmente i player sono rappresentati da Stati–nazione, bensì da alleanze di Paesi. Allo stesso modo l’accesso ai fondi comunitari tende sempre a privilegiare progetti portati avanti da reti di attori. L’esempio più rappresentativo affonda nella drammatica attualità: l’emergenza Covid–19 è il tipo rischio globale — come mutatis mutandis lo è per certi versi il terrorismo degli ultimi decenni — che può essere fronteggiato solo da una rete di soggetti e comunità mediche, politiche e istituzionali, integrando risorse, conoscenze e informazioni. Sono passati oltre trent’anni da quando un grande pensatore come Mark Granovetter ricollocò la sfera di azione dell’attore economico, a metà strada tra quella iposocializzata propria dell’economia e quella ipersocializzata propria di alcuni filoni sociologici, parlando della “forza dei legami deboli”. Oggi pare più che mai opportuno interrogarsi in profondità sul significato delle reti e della forza dei legami, tramite una analisi interdisciplinare. In questo volume proveremo a declinare la “forza delle reti” secondo diversi punti di vista. La prima parte del volume è dedicata all’analisi delle reti come strumenti di sviluppo economico. La seconda parte del volume è dedicata al contributo che le reti e le dinamiche fiduciarie e relazionali possono dare sul versante delle politiche e della cooperazione tra attori. La terza e ultima parte del volume è costituita da tre contributi di professionisti che, tramite la loro esperienza, rappresentano l’importanza e la forza dei network in vari settori lavorativi.

La forza delle reti

Busilacchi G;Cedrola E.
2020-01-01

Abstract

Da diversi anni, in vari settori della società, dell’economia, del pensiero scientifico, viene sempre più valorizzata l’importanza della costruzione di reti, di collaborazioni, del “fare squadra”. I social network hanno rivoluzionato il linguaggio, la comunicazione e persino lo scenario politico: sono diventati uno dei media di riferimento per la circolazione di notizie e di annunci ufficiali, ci hanno messo in contatto con amici lontani, contribuiscono alla diffusione di informazioni utili come la ricerca di lavoro o di un ristorante. Hanno persino cambiato il nostro modo di esprimerci attraverso modalità veloci e sintetiche, spesso accompagnate da espressioni emozionali frutto di combinazioni di caratteri testuali: i cosiddetti emoticon. I social network sono certamente una delle applicazioni della teoria delle reti a maggiore impatto degli ultimi decenni, ma non la sola. L’esistenza e la costruzione di legami fiduciari è sempre più vista come la chiave di volta di strategie vincenti, caratterizzate da reti aziendali solide (sia formali che informali), sentieri di sviluppo economico collaborativi, specie laddove la soglia dimensionale è troppo piccola per consentire la competizione a livello internazionale o globale. Già negli anni Settanta la crisi della grande azienda fordista è stata superata grazie al concetto di rete, con la nascita dei distretti industriali, che hanno declinato l’esigenza della “specializzazione flessibile” tramite la costruzione di network di piccole e medie imprese integrate sul piano produttivo e caratterizzate dalla condivisione territoriale e di rapporti fiduciari. Nel corso dei decenni poi il concetto di impresa a rete si è ulteriormente evoluto, aprendosi a collaborazioni intersettoriali e, nell’internazionalizzazione su mercati a elevata distanza culturale, a relazioni stabili con associazioni, enti di varia natura, governi nazionali e locali, fino a toccare le municipalità.Molti altri fenomeni economici e sociali mostrano una configurazione “a rete”: di fatto, è possibile identificare una struttura reticolare ovunque esista un sistema di relazioni. Persino a livello macroistituzionale la competizione globale non avviene più tra paesi, ma tra network di paesi: il tema della integrazione europea e dei suoi limiti ne rappresenta l’evidenza a noi più prossima. Nelle grandi sfide mondiali della politica, dall’ambiente alla sicurezza, dall’approvvigionamento energetico alla lotta alla povertà, difficilmente i player sono rappresentati da Stati–nazione, bensì da alleanze di Paesi. Allo stesso modo l’accesso ai fondi comunitari tende sempre a privilegiare progetti portati avanti da reti di attori. L’esempio più rappresentativo affonda nella drammatica attualità: l’emergenza Covid–19 è il tipo rischio globale — come mutatis mutandis lo è per certi versi il terrorismo degli ultimi decenni — che può essere fronteggiato solo da una rete di soggetti e comunità mediche, politiche e istituzionali, integrando risorse, conoscenze e informazioni. Sono passati oltre trent’anni da quando un grande pensatore come Mark Granovetter ricollocò la sfera di azione dell’attore economico, a metà strada tra quella iposocializzata propria dell’economia e quella ipersocializzata propria di alcuni filoni sociologici, parlando della “forza dei legami deboli”. Oggi pare più che mai opportuno interrogarsi in profondità sul significato delle reti e della forza dei legami, tramite una analisi interdisciplinare. In questo volume proveremo a declinare la “forza delle reti” secondo diversi punti di vista. La prima parte del volume è dedicata all’analisi delle reti come strumenti di sviluppo economico. La seconda parte del volume è dedicata al contributo che le reti e le dinamiche fiduciarie e relazionali possono dare sul versante delle politiche e della cooperazione tra attori. La terza e ultima parte del volume è costituita da tre contributi di professionisti che, tramite la loro esperienza, rappresentano l’importanza e la forza dei network in vari settori lavorativi.
2020
9788825535327
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/268305
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