La tesi si propone di indagare due aspetti fondamentali della questione ammianea, ovvero la tradizione e la ricezione delle Res gestae nell’Umanesimo, prima dell’editio princeps di Angelo Sabino nel 1474. Tale indagine è in primo luogo resa possibile dalla natura stessa della tradizione manoscritta superstite – 14 codici del XV/inizio XVI sec. – che ha origine (direttamente o indirettamente) da un unico testimone del IX sec. (Vat.Lat. 1873 nella Biblioteca Apostolica Vaticana), mentre di un secondo testimone del medesimo periodo restano soltanto sei fogli (Kassel, Landesbibliothek, 2° Ms. philolos. 27, chiamati Fragmenta Marburgensia) e nessun apografo conosciuto. In secondo luogo, la decisione di restringere il campo di indagine al XV secolo e precisamente, al periodo che precede la circolazione dell’opera a stampa, si è resa necessaria al fine di ottenere risultati più precisi e dettagliati circa il successo dell’opera ammianea. Si introduce il tema facendo il punto sugli studi su Ammiano a partire dalle edizioni a stampa fino ai giorni nostri. In generale si fa notare come, data la natura sfuggente sia della personalità che dell’opera di Ammiano, tutto riporti necessariamente alla centralità del testo delle Res gestae, da considerarsi come fondamentale punto di partenza e di arrivo delle indagini su ogni aspetto della questione (storiografico-letterario, stilistico, critico-filologico, storico-culturale, etc.). Si constata pertanto come qualsiasi tipologia di avanzamento sul fronte della ricerca sia strettamente connessa a tutti i domini indagati nella misura in cui va ad appoggiarsi, e allo stesso tempo abbia una ricaduta su di essi. Allo stesso tempo, nell’esposizione dello Stato dell’Arte si ha cura di mettere in particolare evidenza l’apporto dell’indagine sulla tradizione manoscritta e il contributo dell’analisi codicologica così come essa si è sviluppata negli ultimi 40 anni. Si insiste inoltre sulla necessità e il potenziale di una ricerca “combinata”, che includa cioè due approcci differenti, da una parte l’analisi delle note in margine ai testimoni manoscritti, dall’altra l’indagine sulle tracce di Ammiano nelle opere letterarie degli Umanisti. Punto di partenza vero e proprio è la testimonianza dei manoscritti delle Res gestae cui è dedicata la prima parte. Oltre alla descrizione dettagliata di ciascun codice si presenta un’analisi delle principali note a margine, indicatori principali della consultazione dell’opera. Di tali marginalia si analizzano pertanto le caratteristiche nonché l’apporto critico-filologico e storico-culturale all’analisi dell’opera. D’altra parte le stesse annotazioni in margine sono spesso anche la base per risalire alle competenze e al bagaglio intellettuale di ciascun annotatore e, da qui, alla sua figura e al suo contesto storico-culturale. Il periodo interessato è il XV secolo prima delle edizioni a stampa di Ammiano e – ove siano meritevoli di menzione – anche i secc. XVI e XVII. La seconda parte dell’elaborato si occupa della “ricezione” delle Res gestae nell’Umanesimo, da intendersi nel senso più ampio di “accoglienza” e allo stesso tempo di “influenza” su altri autori ed opere. Punto di riferimento sono ancora una volta i testimoni manoscritti di Ammiano e la relazione che con essi intrattennero direttamente o indirettamente alcuni intellettuali, così come emerge dalle loro note sui codici ammianei, dalle loro opere o dalle testimonianze di contemporanei. Il periodo di riferimento è ancora quello anteriore al 1474, con alcune propaggini fino al XVI secolo. Un capitolo introduttivo presenta in forma organica alcuni dati emersi nel corso delle ricerche sulla ricezione di Ammiano, cui non è stato possibile dedicare uno spazio esclusivo in ragione della scarsa disponibilità o della difficile reperibilità di informazioni. Le figure di umanisti presentate hanno infatti caratteristiche e provenienza geografica (o appartenenza) apparentemente molto diverse. Si precisa che vi sono figure di umanisti (la cerchia di Poggio e del cardinale Colonna ad esempio) e situazioni (i manoscritti perduti di Ammiano) che meriterebbero di essere approfondite, ma sulle quali non si trova sufficiente documentazione e per le quali sarebbero necessari studi molto più approfonditi. D’altra parte, ad altre personalità ci si limita a rimandare ad alcuni studi di riferimento, in particolare quelli di Rita Cappelletto. Si aggiunge da ultimo, per amor di completezza, qualche informazione sulla figura più tarda, ma di grande importanza per lo studio e la trasmissione culturale, di Aulo Giano Parrasio (XVI sec.), proprio perché si sa con certezza che aveva realizzato una copia manoscritta di Ammiano per uso personale. Si dedicano infine i successivi capitoli a tre personalità di spicco: Poggio Bracciolini e Giulio Pomponio Leto per l’area romana (in periodi differenti) e Roberto Valturio per l’area riminese/cesenate. Nelle conclusioni si cera di fare il punto sui risultati ottenuti. In particolare si può affermare, tracce dell’interessamento per Ammiano nel XV secolo sono graduali e si trovano presso singole personalità che per vari motivi sono venute a contatto direttamente o indirettamente con gli ambienti propulsori della sua diffusione, principalmente la cerchia del cardinale Prospero Colonna, la Curia romana e in seguito, appunto con Pomponio Leto, l’Accademia Romana. In particolare la tipologia di tale interesse varia sia per estensione che per intensità. Si possono distinguere tendenzialmente due gruppi di intellettuali: quelli che leggono Ammiano parzialmente (in maniera mirata o per soddisfare qualche semplice curiosità) e quelli che invece mirano ad acquisire una piena conoscenza delle Res gestae sia dal punto di vista critico-filologico che contenutistico. Da una parte dunque l’impressione che si ricava è quella che il testo ammianeo richiedesse uno studio mirato e di livello avanzato e pertanto la sua fruibilità viaggiasse con maggiore lentezza rispetto ad altri testi. D’altra parte sorprende come l’opera di Ammiano, nonostante la sua complessità e la natura problematica della sua tradizione, si sia saputa sposare alle tante e varie esigenze e curiosità di un’epoca. Ciò può senz’altro essere imputato alla ricchezza, varietà e spessore delle Res gestae.

AMMIANO MARCELLINO E L’UMANESIMO. TRADIZIONE E RICEZIONE DELLE RES GESTAE A PARTIRE DAI TESTIMONI MANOSCRITTI DEL XV SEC. FINO ALLE PRIME EDIZIONI A STAMPA

BARGAGNA, Agnese
2020-01-01

Abstract

La tesi si propone di indagare due aspetti fondamentali della questione ammianea, ovvero la tradizione e la ricezione delle Res gestae nell’Umanesimo, prima dell’editio princeps di Angelo Sabino nel 1474. Tale indagine è in primo luogo resa possibile dalla natura stessa della tradizione manoscritta superstite – 14 codici del XV/inizio XVI sec. – che ha origine (direttamente o indirettamente) da un unico testimone del IX sec. (Vat.Lat. 1873 nella Biblioteca Apostolica Vaticana), mentre di un secondo testimone del medesimo periodo restano soltanto sei fogli (Kassel, Landesbibliothek, 2° Ms. philolos. 27, chiamati Fragmenta Marburgensia) e nessun apografo conosciuto. In secondo luogo, la decisione di restringere il campo di indagine al XV secolo e precisamente, al periodo che precede la circolazione dell’opera a stampa, si è resa necessaria al fine di ottenere risultati più precisi e dettagliati circa il successo dell’opera ammianea. Si introduce il tema facendo il punto sugli studi su Ammiano a partire dalle edizioni a stampa fino ai giorni nostri. In generale si fa notare come, data la natura sfuggente sia della personalità che dell’opera di Ammiano, tutto riporti necessariamente alla centralità del testo delle Res gestae, da considerarsi come fondamentale punto di partenza e di arrivo delle indagini su ogni aspetto della questione (storiografico-letterario, stilistico, critico-filologico, storico-culturale, etc.). Si constata pertanto come qualsiasi tipologia di avanzamento sul fronte della ricerca sia strettamente connessa a tutti i domini indagati nella misura in cui va ad appoggiarsi, e allo stesso tempo abbia una ricaduta su di essi. Allo stesso tempo, nell’esposizione dello Stato dell’Arte si ha cura di mettere in particolare evidenza l’apporto dell’indagine sulla tradizione manoscritta e il contributo dell’analisi codicologica così come essa si è sviluppata negli ultimi 40 anni. Si insiste inoltre sulla necessità e il potenziale di una ricerca “combinata”, che includa cioè due approcci differenti, da una parte l’analisi delle note in margine ai testimoni manoscritti, dall’altra l’indagine sulle tracce di Ammiano nelle opere letterarie degli Umanisti. Punto di partenza vero e proprio è la testimonianza dei manoscritti delle Res gestae cui è dedicata la prima parte. Oltre alla descrizione dettagliata di ciascun codice si presenta un’analisi delle principali note a margine, indicatori principali della consultazione dell’opera. Di tali marginalia si analizzano pertanto le caratteristiche nonché l’apporto critico-filologico e storico-culturale all’analisi dell’opera. D’altra parte le stesse annotazioni in margine sono spesso anche la base per risalire alle competenze e al bagaglio intellettuale di ciascun annotatore e, da qui, alla sua figura e al suo contesto storico-culturale. Il periodo interessato è il XV secolo prima delle edizioni a stampa di Ammiano e – ove siano meritevoli di menzione – anche i secc. XVI e XVII. La seconda parte dell’elaborato si occupa della “ricezione” delle Res gestae nell’Umanesimo, da intendersi nel senso più ampio di “accoglienza” e allo stesso tempo di “influenza” su altri autori ed opere. Punto di riferimento sono ancora una volta i testimoni manoscritti di Ammiano e la relazione che con essi intrattennero direttamente o indirettamente alcuni intellettuali, così come emerge dalle loro note sui codici ammianei, dalle loro opere o dalle testimonianze di contemporanei. Il periodo di riferimento è ancora quello anteriore al 1474, con alcune propaggini fino al XVI secolo. Un capitolo introduttivo presenta in forma organica alcuni dati emersi nel corso delle ricerche sulla ricezione di Ammiano, cui non è stato possibile dedicare uno spazio esclusivo in ragione della scarsa disponibilità o della difficile reperibilità di informazioni. Le figure di umanisti presentate hanno infatti caratteristiche e provenienza geografica (o appartenenza) apparentemente molto diverse. Si precisa che vi sono figure di umanisti (la cerchia di Poggio e del cardinale Colonna ad esempio) e situazioni (i manoscritti perduti di Ammiano) che meriterebbero di essere approfondite, ma sulle quali non si trova sufficiente documentazione e per le quali sarebbero necessari studi molto più approfonditi. D’altra parte, ad altre personalità ci si limita a rimandare ad alcuni studi di riferimento, in particolare quelli di Rita Cappelletto. Si aggiunge da ultimo, per amor di completezza, qualche informazione sulla figura più tarda, ma di grande importanza per lo studio e la trasmissione culturale, di Aulo Giano Parrasio (XVI sec.), proprio perché si sa con certezza che aveva realizzato una copia manoscritta di Ammiano per uso personale. Si dedicano infine i successivi capitoli a tre personalità di spicco: Poggio Bracciolini e Giulio Pomponio Leto per l’area romana (in periodi differenti) e Roberto Valturio per l’area riminese/cesenate. Nelle conclusioni si cera di fare il punto sui risultati ottenuti. In particolare si può affermare, tracce dell’interessamento per Ammiano nel XV secolo sono graduali e si trovano presso singole personalità che per vari motivi sono venute a contatto direttamente o indirettamente con gli ambienti propulsori della sua diffusione, principalmente la cerchia del cardinale Prospero Colonna, la Curia romana e in seguito, appunto con Pomponio Leto, l’Accademia Romana. In particolare la tipologia di tale interesse varia sia per estensione che per intensità. Si possono distinguere tendenzialmente due gruppi di intellettuali: quelli che leggono Ammiano parzialmente (in maniera mirata o per soddisfare qualche semplice curiosità) e quelli che invece mirano ad acquisire una piena conoscenza delle Res gestae sia dal punto di vista critico-filologico che contenutistico. Da una parte dunque l’impressione che si ricava è quella che il testo ammianeo richiedesse uno studio mirato e di livello avanzato e pertanto la sua fruibilità viaggiasse con maggiore lentezza rispetto ad altri testi. D’altra parte sorprende come l’opera di Ammiano, nonostante la sua complessità e la natura problematica della sua tradizione, si sia saputa sposare alle tante e varie esigenze e curiosità di un’epoca. Ciò può senz’altro essere imputato alla ricchezza, varietà e spessore delle Res gestae.
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