Nota del curatore Questo numero di «Marca/Marche» nasce in un brutto periodo della storia italiana, segnato da una pandemia che ha colto il mondo di sorpresa; per meglio dire, ha colto di sorpresa tutti coloro che pensano alla storia come qualcosa che ti fa stagnare nel passato, mentre al contrario dovresti guardare avanti con positività. Invece la storia è la memoria di ciò che è accaduto e che ancora può accadere, come abbiamo dolorosamente toccato con mano. Bloccati nelle loro case, gli autori hanno lavorato alla costruzione di un volume dedicato all’archeologia medievale, una disciplina che nelle Marche non ha una grande tradizione, anche perché le preferenze di molti, forse troppi, vanno all’archeologia classica o pre-classica, a dispetto del fatto che i tratti più peculiari del nostro paesaggio sono quelli sedimentatisi dal Medioevo in poi: castelli, borghi murati, chiese, abbazie e perfino le forme dei parcellari rurali nelle zone più interne. I saggi raccolti in questa sezione monografica del volume 14/2020 di «Marca/ Marche» sono firmati da studiosi che fanno capo alle Università marchigiane di Macerata e Urbino e a quelle della Basilicata (sede di Matera), Suor Orsola Benincasa di Napoli e Udine, tra loro unite da un filo rosso che racconta di esperienze condivise e di accordi di collaborazione scientifica più recenti. La raccolta di otto saggi che viene qui proposta non può certo essere ritenuta esaustiva, né poteva essere altrimenti per tutta una serie di valutazioni di opportunità su cui qui non mi dilungo. Gli argomenti trattati, tuttavia, coprono un ventaglio abbastanza ampio che potrà catturare − o così speriamo − anche l’attenzione dei “non addetti ai lavori” e stimolarne la curiosità. Ad aprire la parte speciale è il lavoro di Simonetta Minguzzi dedicato alla presenza delle comunità cristiane nelle Marche (IV-VII secolo), uno spazio di discussione di grande importanza considerando il ruolo che nei secoli successivi tali comunità ebbero nel modellare, assieme ai poteri laici, i quadri insediativi delle campagne e la stessa fisionomia degli spazi urbani. Seguono i due saggi di Daniele Sacco e del curatore di questa raccolta, focalizzati sui temi generali dell’archeologia medievale nelle Marche e centrati sulle aree preferenzialmente oggetto delle attività di ricerca degli atenei di appartenenza, da sempre uniti da una comune attenzione al Medioevo, che da qualche tempo si è tradotta in concreta condivisione di obbiettivi progettuali. Sui temi dell’architettura vertono gli articoli firmati, rispettivamente, da Alessia Frisetti - Marianna Cuomo - Daniele Ferraiuolo e Maria Teresa Gigliozzi, nei quali 8 14/2020 archeologi dell’architettura, epigrafisti, storici dell’architettura e storici dell’arte realizzano una visione unitaria degli oggetti di studio, in questo caso rappresentati da edifici storici. La cifra peculiare dei contributi presentati, peraltro, è proprio l’approccio multidisciplinare, correttamente praticato entro i confini di un percorso in sé coerente, nel senso che esso ha il fine di analizzare gli oggetti medesimi in tutte le sfaccettature che ne sostanziano l’unitarietà materiale. Troppo spesso, in questi ultimi tempi eccessivamente mediatici, si abusa di termini come “multidisciplinarità”, “interdisciplinarità”, o di espressioni come “abbattimento delle barriere disciplinari” (o altre equipollenti) senza che ci sia reale contezza della natura dei problemi da affrontare. A quel fine rispondono pienamente gli ultimi tre studi. Quelli di Anna Lia Ermeti e di Ester Maria Annunziata, dedicati ad alcune classi ceramiche in uso nel tardo Medioevo che, oltre ad illustrare la perizia raggiunta dai maestri vasai nelle loro botteghe, ci introducono anche alle problematiche della circolazione delle merci e degli usi a tavola, senza dimenticare le connessioni con le tematiche dell’architettura, chiaramente esemplificate dai bacini ceramici che impreziosivano le facciate delle chiese o di altri edifici ecclesiastici. Quello di Siegfried Vona, infine, ci porta in un ambito particolare, quello degli armamenti; si tratta di un filone troppo spesso trascurato nelle Marche e che invece meriterebbe molta più attenzione. Basti pensare all’indotto economico mosso dalla circolazione delle armi in vari modi: attività produttiva di botteghe specializzate, costi delle materie prime necessarie, approvvigionamento degli eserciti, circolazione di costosi armamenti di parata (non destinati quindi all’uso in battaglia) e cioè di oggetti cui spetta a pieno titolo la definizione di “oggetti d’arte”.

L’archeologia medievale nelle Marche. Storia, ricerche sul campo, materiali, architetture, armamenti.

U. Moscatelli
2020-01-01

Abstract

Nota del curatore Questo numero di «Marca/Marche» nasce in un brutto periodo della storia italiana, segnato da una pandemia che ha colto il mondo di sorpresa; per meglio dire, ha colto di sorpresa tutti coloro che pensano alla storia come qualcosa che ti fa stagnare nel passato, mentre al contrario dovresti guardare avanti con positività. Invece la storia è la memoria di ciò che è accaduto e che ancora può accadere, come abbiamo dolorosamente toccato con mano. Bloccati nelle loro case, gli autori hanno lavorato alla costruzione di un volume dedicato all’archeologia medievale, una disciplina che nelle Marche non ha una grande tradizione, anche perché le preferenze di molti, forse troppi, vanno all’archeologia classica o pre-classica, a dispetto del fatto che i tratti più peculiari del nostro paesaggio sono quelli sedimentatisi dal Medioevo in poi: castelli, borghi murati, chiese, abbazie e perfino le forme dei parcellari rurali nelle zone più interne. I saggi raccolti in questa sezione monografica del volume 14/2020 di «Marca/ Marche» sono firmati da studiosi che fanno capo alle Università marchigiane di Macerata e Urbino e a quelle della Basilicata (sede di Matera), Suor Orsola Benincasa di Napoli e Udine, tra loro unite da un filo rosso che racconta di esperienze condivise e di accordi di collaborazione scientifica più recenti. La raccolta di otto saggi che viene qui proposta non può certo essere ritenuta esaustiva, né poteva essere altrimenti per tutta una serie di valutazioni di opportunità su cui qui non mi dilungo. Gli argomenti trattati, tuttavia, coprono un ventaglio abbastanza ampio che potrà catturare − o così speriamo − anche l’attenzione dei “non addetti ai lavori” e stimolarne la curiosità. Ad aprire la parte speciale è il lavoro di Simonetta Minguzzi dedicato alla presenza delle comunità cristiane nelle Marche (IV-VII secolo), uno spazio di discussione di grande importanza considerando il ruolo che nei secoli successivi tali comunità ebbero nel modellare, assieme ai poteri laici, i quadri insediativi delle campagne e la stessa fisionomia degli spazi urbani. Seguono i due saggi di Daniele Sacco e del curatore di questa raccolta, focalizzati sui temi generali dell’archeologia medievale nelle Marche e centrati sulle aree preferenzialmente oggetto delle attività di ricerca degli atenei di appartenenza, da sempre uniti da una comune attenzione al Medioevo, che da qualche tempo si è tradotta in concreta condivisione di obbiettivi progettuali. Sui temi dell’architettura vertono gli articoli firmati, rispettivamente, da Alessia Frisetti - Marianna Cuomo - Daniele Ferraiuolo e Maria Teresa Gigliozzi, nei quali 8 14/2020 archeologi dell’architettura, epigrafisti, storici dell’architettura e storici dell’arte realizzano una visione unitaria degli oggetti di studio, in questo caso rappresentati da edifici storici. La cifra peculiare dei contributi presentati, peraltro, è proprio l’approccio multidisciplinare, correttamente praticato entro i confini di un percorso in sé coerente, nel senso che esso ha il fine di analizzare gli oggetti medesimi in tutte le sfaccettature che ne sostanziano l’unitarietà materiale. Troppo spesso, in questi ultimi tempi eccessivamente mediatici, si abusa di termini come “multidisciplinarità”, “interdisciplinarità”, o di espressioni come “abbattimento delle barriere disciplinari” (o altre equipollenti) senza che ci sia reale contezza della natura dei problemi da affrontare. A quel fine rispondono pienamente gli ultimi tre studi. Quelli di Anna Lia Ermeti e di Ester Maria Annunziata, dedicati ad alcune classi ceramiche in uso nel tardo Medioevo che, oltre ad illustrare la perizia raggiunta dai maestri vasai nelle loro botteghe, ci introducono anche alle problematiche della circolazione delle merci e degli usi a tavola, senza dimenticare le connessioni con le tematiche dell’architettura, chiaramente esemplificate dai bacini ceramici che impreziosivano le facciate delle chiese o di altri edifici ecclesiastici. Quello di Siegfried Vona, infine, ci porta in un ambito particolare, quello degli armamenti; si tratta di un filone troppo spesso trascurato nelle Marche e che invece meriterebbe molta più attenzione. Basti pensare all’indotto economico mosso dalla circolazione delle armi in vari modi: attività produttiva di botteghe specializzate, costi delle materie prime necessarie, approvvigionamento degli eserciti, circolazione di costosi armamenti di parata (non destinati quindi all’uso in battaglia) e cioè di oggetti cui spetta a pieno titolo la definizione di “oggetti d’arte”.
2020
88-7969-451-0
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