La logica ci fornisce un insieme di regole per costruire deduzioni, e quando sussiste una deduzione che sulla base di regole logiche conduce da certe premesse a una certa conclusione, diciamo che le premesse implicano logicamente la conclusione. Tra le regole logiche vi sono per esempio il Modus Ponens (MP), che permette di inferire la proposizione Q dalle proposizioni P e se P allora Q, o l’esemplificazione universale, che permette di inferire la proposizione che attribuisce a un certo oggetto la proprietà P, dalla proposizione che asserisce che tutti gli oggetti hanno la proprietà P. La logica ci appare normativa per la credenza razionale, nel senso che ci impartisce obblighi, o quanto meno permessi o ragioni, riguardanti le nostre credenze, il mancato rispetto (o il non tener conto) dei quali mette in dubbio la nostra razionalità. Questa connessione normativa tra logica e credenza razionale è stata messa in discussione da Gilbert Harman, che è arrivato a sostenere che l’una non ha una “speciale rilevanza” per l’altra (1986, p. 11). Harman procede ipotizzando e poi criticando alcuni principi a prima vista plausibili che dovrebbero governare la connessione in questione. Negli ultimi anni si è sviluppato un vivace dibattito su questo tema, soprattutto a partire da un articolo di John MacFarlane (2004), che propone una complessa classificazione di “principi ponte” candidati a connettere logica e credenza razionale, tra i quali quelli presi in esame da Harman. Un’utile ulteriore sistematizzazione del dibattito è dovuta a Florian Steinberger (2017), che concentra l’attenzione su un principio ponte a prima vista particolarmente plausibile e cioè: IMP. Se le credenze di un soggetto S implicano logicamente P, allora S dovrebbe (è obbligato a) credere P. Steinberger procede presentando le argomentazioni di Harman come obiezioni a tale principio, che in effetti risulta particolarmente vulnerabile, per poi passare in rassegna le più plausibili alternative a IMP che emergono dalla classificazione di MacFarlane; con lo scopo di identificare quelle che meglio resistono alle obiezioni. Steinberger, come MacFarlane prima di lui, vorrebbe allontanare lo scetticismo di Harman, eppure tutti i principi ponte considerati nella sua trattazione appaiono insoddisfacenti, o perché troppo deboli per assegnare alla logica uno statuto effettivamente normativo, o perché non rispondono a tutte le obiezioni. In questo saggio, dopo aver passato in rassegna le obiezioni di Harman (§2), vorrei in primo luogo ingigantire la questione da lui sollevata, mettendo ulteriormente l’accento sulla minaccia alla normatività della logica (§3); farò leva su problemi posti dai paradossi logici, in particolare quello di Curry, e dalla regola della logica classica Ex Falso Quodlibet (EFQ), secondo la quale qualsiasi proposizione è inferibile da una contraddizione, o da due proposizioni contraddittorie. In secondo luogo, vorrei proporre una mia via per riguadagnare la normatività della logica, sulla base di due idee guida. La prima è di tenere conto del fatto che la logica deve essere utilizzata per aggiungere nuove credenze a credenze date soltanto in modo teleologico, in vista cioè di obiettivi epistemologici e pratici ben precisi. La seconda è che sia lecito attribuire gradi di validità a ragionamenti deduttivi e decretare inaffidabili alcuni di essi. A partire da ciò, proporrò (§5) un principio ponte diverso sia da IMP che da tutte le possibili alternative a IMP identificate da MacFarlane (discusse nel §4).

La normatività della logica: una proposta

Francesco Orilia
2020-01-01

Abstract

La logica ci fornisce un insieme di regole per costruire deduzioni, e quando sussiste una deduzione che sulla base di regole logiche conduce da certe premesse a una certa conclusione, diciamo che le premesse implicano logicamente la conclusione. Tra le regole logiche vi sono per esempio il Modus Ponens (MP), che permette di inferire la proposizione Q dalle proposizioni P e se P allora Q, o l’esemplificazione universale, che permette di inferire la proposizione che attribuisce a un certo oggetto la proprietà P, dalla proposizione che asserisce che tutti gli oggetti hanno la proprietà P. La logica ci appare normativa per la credenza razionale, nel senso che ci impartisce obblighi, o quanto meno permessi o ragioni, riguardanti le nostre credenze, il mancato rispetto (o il non tener conto) dei quali mette in dubbio la nostra razionalità. Questa connessione normativa tra logica e credenza razionale è stata messa in discussione da Gilbert Harman, che è arrivato a sostenere che l’una non ha una “speciale rilevanza” per l’altra (1986, p. 11). Harman procede ipotizzando e poi criticando alcuni principi a prima vista plausibili che dovrebbero governare la connessione in questione. Negli ultimi anni si è sviluppato un vivace dibattito su questo tema, soprattutto a partire da un articolo di John MacFarlane (2004), che propone una complessa classificazione di “principi ponte” candidati a connettere logica e credenza razionale, tra i quali quelli presi in esame da Harman. Un’utile ulteriore sistematizzazione del dibattito è dovuta a Florian Steinberger (2017), che concentra l’attenzione su un principio ponte a prima vista particolarmente plausibile e cioè: IMP. Se le credenze di un soggetto S implicano logicamente P, allora S dovrebbe (è obbligato a) credere P. Steinberger procede presentando le argomentazioni di Harman come obiezioni a tale principio, che in effetti risulta particolarmente vulnerabile, per poi passare in rassegna le più plausibili alternative a IMP che emergono dalla classificazione di MacFarlane; con lo scopo di identificare quelle che meglio resistono alle obiezioni. Steinberger, come MacFarlane prima di lui, vorrebbe allontanare lo scetticismo di Harman, eppure tutti i principi ponte considerati nella sua trattazione appaiono insoddisfacenti, o perché troppo deboli per assegnare alla logica uno statuto effettivamente normativo, o perché non rispondono a tutte le obiezioni. In questo saggio, dopo aver passato in rassegna le obiezioni di Harman (§2), vorrei in primo luogo ingigantire la questione da lui sollevata, mettendo ulteriormente l’accento sulla minaccia alla normatività della logica (§3); farò leva su problemi posti dai paradossi logici, in particolare quello di Curry, e dalla regola della logica classica Ex Falso Quodlibet (EFQ), secondo la quale qualsiasi proposizione è inferibile da una contraddizione, o da due proposizioni contraddittorie. In secondo luogo, vorrei proporre una mia via per riguadagnare la normatività della logica, sulla base di due idee guida. La prima è di tenere conto del fatto che la logica deve essere utilizzata per aggiungere nuove credenze a credenze date soltanto in modo teleologico, in vista cioè di obiettivi epistemologici e pratici ben precisi. La seconda è che sia lecito attribuire gradi di validità a ragionamenti deduttivi e decretare inaffidabili alcuni di essi. A partire da ciò, proporrò (§5) un principio ponte diverso sia da IMP che da tutte le possibili alternative a IMP identificate da MacFarlane (discusse nel §4).
2020
9788857568591
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/265706
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