Mediante la previsione di cui all’art. 2740 c.c., secondo la quale il debitore risponde delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, il legislatore ha perseguito l'intenzione di rafforzare la sicurezza dei traffici economici imponendo agli operatori di assumere responsabilmente ogni vincolo giuridico, sollecitando l’adempimento mediante la previsione di una responsabilità patrimoniale generale. Ciò stante i privati, avvertendo l'esigenza di tutelarsi più efficacemente distinguendo la propria posizione da quella degli altri creditori chirografari, frequentemente optano per il ricorso a forme di garanzia che rendono l’inadempimento antieconomico per il debitore sì da indurlo ad onorare l’obbligazione assunta, dotando al contempo il creditore di uno strumento che gli consente di soddisfarsi agevolmente in caso di mancata restituzione del credito. Tali strumenti sono contemplati dalla legge che tipicizza numerose forme di garanzia nell'alveo delle quali è possibile tracciare una summa divisio tra personali e reali a seconda della natura della garanzia offerta. A differenza delle garanzie personali, per le quali i privati sono liberi di predisporre schemi negoziali atipici, le seconde, incidendo sui diritti reali, costituiscono un numerus clausus tradizionalmente ritenuto insuscettibile di estensione. Ciò nonostante, la prassi ha progressivamente portato alla nascita di nuove forme di garanzie mobiliari frutto dell’incontro fra il “tipo” codicistico e le esigenze del mercato e dei privati, nate per ovviare alla rigidità del codice e riconosciute grazie all'opera di dottrina e giurisprudenza che, chiamate a più riprese ad esprimersi sulla loro meritevolezza, ne hanno appurato la validità giuridica. Così il contratto reale di pegno, derivato dal pignus datum romanistico introdotto nell’età preclassica e ancor prima dalla più gravosa fiducia cum creditore, è stato declinato in numerose variazioni rispetto al modello di cui all'art. 2784 c.c. quali il pegno rotativo, il pegno omnibus, il pegno irregolare, il pegno di cosa futura, il pegno di cosa indivisa ed il pegno di titoli di credito (estensione della forma tipica del pegno di crediti). Il pegno rotativo, nato nella prassi bancaria, si compone del tipico contratto di pegno al quale accede il c.d. patto di “rotatività” con cui si concorda di attribuire all'Istituto la possibilità di mutare la res vincolata, sostituendola di volta in volta con i titoli di credito, le obbligazioni o gli strumenti finanziari di cui il cliente debitore diviene titolare durante il rapporto di credito, mentre la prestazione garantita resta sempre la medesima. La fattispecie, da taluni considerata a formazione progressiva, è stata foriera di molte discussioni in ordine alla sua legittimità. Il pegno rotativo, infatti, è dotato di una peculiare forza espansiva laddove consente di costituire una garanzia su una res diversa da quella oggetto dell’accordo iniziale senza che il debitore presti volta per volta il consenso al vincolo dei beni che entrano successivamente nella disponibilità della banca. Si tratta dunque di una garanzia che ha natura reale soltanto nel momento genetico del contratto in cui si attua la traditio del titolo di credito e che diviene di natura obbligatorio nella successiva fase in cui i beni di nuova disponibilità vengono surrogati a quello inizialmente consegnato. Ad ogni modo, ad oggi la giurisprudenza ne riconosce la legittimità tenuto conto che l’interesse del creditore non è al bene nella sua specificità bensì al suo valore economico. Il bene sostituito deve essere oggettivamente di pari valore a quello vincolato in origine, non soltanto per poter presumere il consenso del debitore alla rotazione, ma soprattutto per evitare che il pegno rotativo rappresenti uno strumento idoneo a depauperare, fraudolentemente o non, la garanzia dei creditori. Nel pegno omnibus, invece, la res non muta, ma ciò che muta è il rapporto garantito in quanto le parti convengono di istituire un vincolo su uno o più beni mobili a garanzia di tutti i crediti presenti e futuri che l'Istituto maturerà nei confronti del cliente debitore. In realtà tale fattispecie, che viene descritta anche come una forma di esasperazione del diritto di ritenzione, è oggetto di una nutrita discussione poiché la sua ammissibilità è stata contestata da quanti hanno ritenuto l'invalidità di una siffatta obbligazione nella quale la garanzia viene prestata per crediti indeterminati e futuri, piuttosto che presenti e determinati come la norma vorrebbe. Parte della giurisprudenza, nel far salva la legittimità di tale contratto, ha ritenuto al contrario che la sua struttura sia da ricondurre ad una fattispecie a formazione progressiva in cui volta per volta contestualmente alla nascita del nuovo credito garantito nascono contratti di pegno, sulla base di una dichiarazione di volontà delle parti tacita. Anche nel pegno di cosa futura (derivante dal pignus nominis romanistico), in cui il debitore fornisce al creditore come garanzia un bene non ancora esistente, il rapporto si caratterizza per l’obbligatorietà del vincolo assunto e, secondo la giurisprudenza di legittimità che ormai ne ammette la validità, si sostanzia in una fattispecie a formazione progressiva caratterizzata da due elementi: l’accordo e la successiva venuta ad esistenza dei beni. Il debitore, infatti, non consegna alcunché ma si obbliga a vincolare un determinato bene con effetto dal momento in cui questo verrà ad esistenza. Allo stesso modo, anche nel c.d. pegno di bene indiviso l’istituto si discosta dal modello codicistico poiché il debitore costituisce un pegno su una quota astratta di un bene del quale non è comproprietario in uno ad altri soggetti. In tal caso, finché la comunione sulla res non è sciolta la garanzia ha unicamente l'effetto di obbligare il debitore alla futura concessione del vincolo sulla quota che a seguito della divisione del bene risulterà essere di sua spettanza. In entrambi i casi, dunque, la peculiarità consta nella circostanza che il bene dedotto non è ancora nella piena disponibilità del debitore e che, conseguentemente, il contratto ha effetti obbligatori e non reali. Nel pegno irregolare invece il bene vincolato è un bene fungibile (nella prassi per lo più una somma di denaro) che viene consegnato alla libera disponibilità del creditore, salvo l’obbligo di questi di restituire un’eguale quantità e qualità di quel bene una volta che il debitore abbia adempiuto l’obbligazione garantita. Per le sue caratteristiche tale istituto viene ricondotto da taluni ad un’ipotesi di proprietà temporanea, da altri invece ad una alienazione con funzione di garanzia non lesiva del divieto del patto commissorio dal momento in cui il creditore trattiene per sé unicamente la somma garantita e non l’intero valore della res. Dal quadro esposto si evince come la prassi economica abbia ad oggi svilito il dogma della realità delle garanzie mobiliari attagliandole alle sue esigenze di maggiore flessibilità ed elasticità, sino al riconoscimento di numerose fattispecie a carattere obbligatorio e consensualistico elaborate mediante un’interpretazione fortemente estensiva degli schemi tipizzati dal codice e soltanto in apparenza rispettose del menzionato numerus clausus poiché nella sostanza molto innovative. In questo orizzonte dinamico e in continua evoluzione, si è inserita la legge 119/2016 varata con l’intenzione di agevolare i canali di finanziamento alle imprese onde evitarne la decozione e garantire un continuo afflusso di risorse o comunque, laddove già in stato di crisi, rendendo più agevole il reperimento di nuovi finanziatori. In tal senso la norma interviene – tra l’altro - con l’istituzione di un “pegno non possessorio” di cui possono avvalersi i soli imprenditori iscritti nel Registro delle Imprese molto distante dall’archetipo previsto dal codice civile dal quale differisce quanto alle modalità di nascita del contratto e quanto alla natura del vincolo di garanzia istituito. In particolare, in risposta alle esigenze dell’economia che suggerisce la predisposizione di forme di credito garantite e al contempo facilmente accessibili anche per quanti non abbiano la possibilità di spossessarsi dei beni da vincolare, il legislatore ha sancito la nascita di una garanzia reale mobiliare speciale rispetto al tipico pegno, limitata settorialmente ai crediti inerenti l’esercizio dell’impresa.

IL PEGNO NON POSSESSORIO

ANNA FRANCESCA GUARICCI
2020-01-01

Abstract

Mediante la previsione di cui all’art. 2740 c.c., secondo la quale il debitore risponde delle sue obbligazioni con tutti i suoi beni presenti e futuri, il legislatore ha perseguito l'intenzione di rafforzare la sicurezza dei traffici economici imponendo agli operatori di assumere responsabilmente ogni vincolo giuridico, sollecitando l’adempimento mediante la previsione di una responsabilità patrimoniale generale. Ciò stante i privati, avvertendo l'esigenza di tutelarsi più efficacemente distinguendo la propria posizione da quella degli altri creditori chirografari, frequentemente optano per il ricorso a forme di garanzia che rendono l’inadempimento antieconomico per il debitore sì da indurlo ad onorare l’obbligazione assunta, dotando al contempo il creditore di uno strumento che gli consente di soddisfarsi agevolmente in caso di mancata restituzione del credito. Tali strumenti sono contemplati dalla legge che tipicizza numerose forme di garanzia nell'alveo delle quali è possibile tracciare una summa divisio tra personali e reali a seconda della natura della garanzia offerta. A differenza delle garanzie personali, per le quali i privati sono liberi di predisporre schemi negoziali atipici, le seconde, incidendo sui diritti reali, costituiscono un numerus clausus tradizionalmente ritenuto insuscettibile di estensione. Ciò nonostante, la prassi ha progressivamente portato alla nascita di nuove forme di garanzie mobiliari frutto dell’incontro fra il “tipo” codicistico e le esigenze del mercato e dei privati, nate per ovviare alla rigidità del codice e riconosciute grazie all'opera di dottrina e giurisprudenza che, chiamate a più riprese ad esprimersi sulla loro meritevolezza, ne hanno appurato la validità giuridica. Così il contratto reale di pegno, derivato dal pignus datum romanistico introdotto nell’età preclassica e ancor prima dalla più gravosa fiducia cum creditore, è stato declinato in numerose variazioni rispetto al modello di cui all'art. 2784 c.c. quali il pegno rotativo, il pegno omnibus, il pegno irregolare, il pegno di cosa futura, il pegno di cosa indivisa ed il pegno di titoli di credito (estensione della forma tipica del pegno di crediti). Il pegno rotativo, nato nella prassi bancaria, si compone del tipico contratto di pegno al quale accede il c.d. patto di “rotatività” con cui si concorda di attribuire all'Istituto la possibilità di mutare la res vincolata, sostituendola di volta in volta con i titoli di credito, le obbligazioni o gli strumenti finanziari di cui il cliente debitore diviene titolare durante il rapporto di credito, mentre la prestazione garantita resta sempre la medesima. La fattispecie, da taluni considerata a formazione progressiva, è stata foriera di molte discussioni in ordine alla sua legittimità. Il pegno rotativo, infatti, è dotato di una peculiare forza espansiva laddove consente di costituire una garanzia su una res diversa da quella oggetto dell’accordo iniziale senza che il debitore presti volta per volta il consenso al vincolo dei beni che entrano successivamente nella disponibilità della banca. Si tratta dunque di una garanzia che ha natura reale soltanto nel momento genetico del contratto in cui si attua la traditio del titolo di credito e che diviene di natura obbligatorio nella successiva fase in cui i beni di nuova disponibilità vengono surrogati a quello inizialmente consegnato. Ad ogni modo, ad oggi la giurisprudenza ne riconosce la legittimità tenuto conto che l’interesse del creditore non è al bene nella sua specificità bensì al suo valore economico. Il bene sostituito deve essere oggettivamente di pari valore a quello vincolato in origine, non soltanto per poter presumere il consenso del debitore alla rotazione, ma soprattutto per evitare che il pegno rotativo rappresenti uno strumento idoneo a depauperare, fraudolentemente o non, la garanzia dei creditori. Nel pegno omnibus, invece, la res non muta, ma ciò che muta è il rapporto garantito in quanto le parti convengono di istituire un vincolo su uno o più beni mobili a garanzia di tutti i crediti presenti e futuri che l'Istituto maturerà nei confronti del cliente debitore. In realtà tale fattispecie, che viene descritta anche come una forma di esasperazione del diritto di ritenzione, è oggetto di una nutrita discussione poiché la sua ammissibilità è stata contestata da quanti hanno ritenuto l'invalidità di una siffatta obbligazione nella quale la garanzia viene prestata per crediti indeterminati e futuri, piuttosto che presenti e determinati come la norma vorrebbe. Parte della giurisprudenza, nel far salva la legittimità di tale contratto, ha ritenuto al contrario che la sua struttura sia da ricondurre ad una fattispecie a formazione progressiva in cui volta per volta contestualmente alla nascita del nuovo credito garantito nascono contratti di pegno, sulla base di una dichiarazione di volontà delle parti tacita. Anche nel pegno di cosa futura (derivante dal pignus nominis romanistico), in cui il debitore fornisce al creditore come garanzia un bene non ancora esistente, il rapporto si caratterizza per l’obbligatorietà del vincolo assunto e, secondo la giurisprudenza di legittimità che ormai ne ammette la validità, si sostanzia in una fattispecie a formazione progressiva caratterizzata da due elementi: l’accordo e la successiva venuta ad esistenza dei beni. Il debitore, infatti, non consegna alcunché ma si obbliga a vincolare un determinato bene con effetto dal momento in cui questo verrà ad esistenza. Allo stesso modo, anche nel c.d. pegno di bene indiviso l’istituto si discosta dal modello codicistico poiché il debitore costituisce un pegno su una quota astratta di un bene del quale non è comproprietario in uno ad altri soggetti. In tal caso, finché la comunione sulla res non è sciolta la garanzia ha unicamente l'effetto di obbligare il debitore alla futura concessione del vincolo sulla quota che a seguito della divisione del bene risulterà essere di sua spettanza. In entrambi i casi, dunque, la peculiarità consta nella circostanza che il bene dedotto non è ancora nella piena disponibilità del debitore e che, conseguentemente, il contratto ha effetti obbligatori e non reali. Nel pegno irregolare invece il bene vincolato è un bene fungibile (nella prassi per lo più una somma di denaro) che viene consegnato alla libera disponibilità del creditore, salvo l’obbligo di questi di restituire un’eguale quantità e qualità di quel bene una volta che il debitore abbia adempiuto l’obbligazione garantita. Per le sue caratteristiche tale istituto viene ricondotto da taluni ad un’ipotesi di proprietà temporanea, da altri invece ad una alienazione con funzione di garanzia non lesiva del divieto del patto commissorio dal momento in cui il creditore trattiene per sé unicamente la somma garantita e non l’intero valore della res. Dal quadro esposto si evince come la prassi economica abbia ad oggi svilito il dogma della realità delle garanzie mobiliari attagliandole alle sue esigenze di maggiore flessibilità ed elasticità, sino al riconoscimento di numerose fattispecie a carattere obbligatorio e consensualistico elaborate mediante un’interpretazione fortemente estensiva degli schemi tipizzati dal codice e soltanto in apparenza rispettose del menzionato numerus clausus poiché nella sostanza molto innovative. In questo orizzonte dinamico e in continua evoluzione, si è inserita la legge 119/2016 varata con l’intenzione di agevolare i canali di finanziamento alle imprese onde evitarne la decozione e garantire un continuo afflusso di risorse o comunque, laddove già in stato di crisi, rendendo più agevole il reperimento di nuovi finanziatori. In tal senso la norma interviene – tra l’altro - con l’istituzione di un “pegno non possessorio” di cui possono avvalersi i soli imprenditori iscritti nel Registro delle Imprese molto distante dall’archetipo previsto dal codice civile dal quale differisce quanto alle modalità di nascita del contratto e quanto alla natura del vincolo di garanzia istituito. In particolare, in risposta alle esigenze dell’economia che suggerisce la predisposizione di forme di credito garantite e al contempo facilmente accessibili anche per quanti non abbiano la possibilità di spossessarsi dei beni da vincolare, il legislatore ha sancito la nascita di una garanzia reale mobiliare speciale rispetto al tipico pegno, limitata settorialmente ai crediti inerenti l’esercizio dell’impresa.
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Tipologia: Tesi di dottorato
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/264435
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