Sommario: Questo lavoro sull’origine della lingua fascista spagnola e italiana inizia con le teorie del linguista rumeno Eugenio Coseriu e, più specificamente, con le sue riflessioni su un nuovo e ulteriore significato delle parole, generato dall’evocazione e dalle associazioni secondarie, che sostituisce il loro significato primario e che si verifica quando acquisisce valore non tanto il contenuto linguistico bensì ciò che L. Weisgerber chiama Wirkung, l’“efficacia” del linguaggio come manifestazione di credenze, sentimenti e ideologie. Esempi efficaci e pertinenti di tali manifestazioni sono quelli proposti nell’ultimo paragrafo del capitolo (1.4.) dedicato all’“Onomatopea secondaria nella lingua del franchismo e del fascismo italiano”. Il secondo capitolo propone, quasi come un’anteprima di ciò che verrà esaminato in seguito, un confronto contrastivo tra le parole “passione” ed “anima”, spina dorsale dei discorsi di D’Annunzio, la prima, e di quelli di José Antonio Primo de Rivera, la seconda. Discorsi che sono alla base del linguaggio fascista, considerato da Octavio Paz, insieme a quello comunista, come un “sistema religioso” dotato di una straordinaria capacità di seduzione. Nel terzo capitolo, è discussa in dettaglio la figura di Gabriele D’Annunzio, grande mistificatore e rinnovatore del linguaggio e che prestò le sue idee, come José Antonio in Spagna, per gettare le basi per il futuro regime fascista. Nel quarto capitolo, viene attentamente analizzata la notevole bibliografia esistente sul linguaggio di Mussolini, e si presta particolare attenzione al linguaggio dei suoi precursori e ispiratori, tra i quali possiamo includere i futuristi, in particolare, nella loro dimensione di movimento politico, e il nuovo e aggressivo metodo di lotta del cosiddetto Arditismo (cap. V). Inoltre, viene suggerito un paragone tra il movimento “vociano” e il rigenerazionismo e anche tra il pensiero politico di Ortega e quello degli altri liberali “antidemocratici” europei come Walter Bagehot, Hippolyte Taine, Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto, Oswald Spengler e Benedetto Croce. Il capitolo VI è dedicato ai leader del fascismo spagnolo, a cominciare da Ramiro Ledesma Ramos, considerato, quasi all'unanimità, come il suo massimo teorico, nonché fondatore del primo partito politico spagnolo tipicamente fascista, le JONS. Si parla della “passione” nazionalsindacalista di Ledesma, dell’influenza iniziale del suo maestro Ortega y Gasset e delle somiglianze e differenze con gli altri due rappresentanti del fascismo spagnolo, Onésimo Redondo e, soprattutto, José Antonio Primo de Rivera — figura centrale del secondo paragrafo —, la cui influenza sui giovani, oltre al suo physique du rôle, offuscò l’immagine degli altri dua protagonisti della politica spagnola dell’epoca. Nei paragrafi dedicati a José Antonio (dal 6.2. Al 6.4.) vengono valutati i suoi rapporti con il fascismo italiano e il suo tentativo di creare un originale “fascismo spagnolo”. Naturalmente, José Antonio fu ispirato, in questa prima fase, da Ernesto Giménez Caballero (personaggio “poliedrico”, introduttore e primo propagandista in Spagna delle idee fasciste), che viene ampiamente discusso nel paragrafo 6.5. (che tratta della sua influenza su Ledesma, molto importante e molto intensa, specialmente nel primo periodo) e nel paragrafo 6.6. Vengono anche illustrate le linee principali e l’evoluzione verso un sindacalismo nazionale più radicale della concezione politica di José Antonio, in contrasto con quello di “sinistra” di Ledesma, dal quale differiva, essenzialmente, per la concezione dello stato (paragrafo 6.4.), per l’idea di violenza (capitolo IX, paragrafi 9.2. e 9.3.), per il modo di trattare la questione religiosa ed il pubblico a cui rivolgersi e, infine, per l’idea dell’Impero e di organizzazione di una rivoluzione nazionale (paragrafo 6.3.), punto, quest’ultimo, in cui erano evidenti i “disaccordi”, non solo teorici, ma anche strategici, tra i due. Nel capitolo VII ci sono riferimenti agli antecedenti ideologici della retorica falangista, e della “controideologia” del franchismo, della generazione del ‘98 e del regeneracionismo, con Joaquín Costa come punto di partenza e José Ortega y Gasset come termine. Oltre agli ideologi rigenerazionisti, appaiono i principali protagonisti di quel clima di finis Hispaniae il cui sogno imperiale deluso si trasformò gradualmente nel nazionalismo moderno. Particolare attenzione è dedicata non solo alle opere pionieristiche e fondamentali di Unamuno e Ganivet, ma anche a Hacia otra España di Ramiro de Maeztu, pubblicata nel 1899, tutte opere ben note ai lettori più attenti dell’epoca e la cui influenza si nota anche nella seconda opera letteraria di Francisco Franco, Raza (paragrafo 7.2.). Nei paragrafi 7.3. e 7.3.1., la ricerca si concentrerà sulle formulazioni teorico-ideologiche di Ortega e Gasset che influenzarono notevolmente la gioventù piccolo-borghese di quel tempo. Nel capitolo VIII (paragrafi 8.4. E 8.5.) vengono presentate due opere che influirono molto sulla “controideologia” del franchismo: El Estado Nuevo de Víctor Pradera e Defensa de la Hispanidad di Ramiro de Maeztu. Il capitolo IX chiude questa indagine contrastiva con uno studio approfondito sull’idea di violenza di José Antonio, rispetto a quella dei leader della JONS.

La pasión y el alma. Sobre el origen del lenguaje fascista español e italiano

Francesconi, A.
2020-01-01

Abstract

Sommario: Questo lavoro sull’origine della lingua fascista spagnola e italiana inizia con le teorie del linguista rumeno Eugenio Coseriu e, più specificamente, con le sue riflessioni su un nuovo e ulteriore significato delle parole, generato dall’evocazione e dalle associazioni secondarie, che sostituisce il loro significato primario e che si verifica quando acquisisce valore non tanto il contenuto linguistico bensì ciò che L. Weisgerber chiama Wirkung, l’“efficacia” del linguaggio come manifestazione di credenze, sentimenti e ideologie. Esempi efficaci e pertinenti di tali manifestazioni sono quelli proposti nell’ultimo paragrafo del capitolo (1.4.) dedicato all’“Onomatopea secondaria nella lingua del franchismo e del fascismo italiano”. Il secondo capitolo propone, quasi come un’anteprima di ciò che verrà esaminato in seguito, un confronto contrastivo tra le parole “passione” ed “anima”, spina dorsale dei discorsi di D’Annunzio, la prima, e di quelli di José Antonio Primo de Rivera, la seconda. Discorsi che sono alla base del linguaggio fascista, considerato da Octavio Paz, insieme a quello comunista, come un “sistema religioso” dotato di una straordinaria capacità di seduzione. Nel terzo capitolo, è discussa in dettaglio la figura di Gabriele D’Annunzio, grande mistificatore e rinnovatore del linguaggio e che prestò le sue idee, come José Antonio in Spagna, per gettare le basi per il futuro regime fascista. Nel quarto capitolo, viene attentamente analizzata la notevole bibliografia esistente sul linguaggio di Mussolini, e si presta particolare attenzione al linguaggio dei suoi precursori e ispiratori, tra i quali possiamo includere i futuristi, in particolare, nella loro dimensione di movimento politico, e il nuovo e aggressivo metodo di lotta del cosiddetto Arditismo (cap. V). Inoltre, viene suggerito un paragone tra il movimento “vociano” e il rigenerazionismo e anche tra il pensiero politico di Ortega e quello degli altri liberali “antidemocratici” europei come Walter Bagehot, Hippolyte Taine, Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto, Oswald Spengler e Benedetto Croce. Il capitolo VI è dedicato ai leader del fascismo spagnolo, a cominciare da Ramiro Ledesma Ramos, considerato, quasi all'unanimità, come il suo massimo teorico, nonché fondatore del primo partito politico spagnolo tipicamente fascista, le JONS. Si parla della “passione” nazionalsindacalista di Ledesma, dell’influenza iniziale del suo maestro Ortega y Gasset e delle somiglianze e differenze con gli altri due rappresentanti del fascismo spagnolo, Onésimo Redondo e, soprattutto, José Antonio Primo de Rivera — figura centrale del secondo paragrafo —, la cui influenza sui giovani, oltre al suo physique du rôle, offuscò l’immagine degli altri dua protagonisti della politica spagnola dell’epoca. Nei paragrafi dedicati a José Antonio (dal 6.2. Al 6.4.) vengono valutati i suoi rapporti con il fascismo italiano e il suo tentativo di creare un originale “fascismo spagnolo”. Naturalmente, José Antonio fu ispirato, in questa prima fase, da Ernesto Giménez Caballero (personaggio “poliedrico”, introduttore e primo propagandista in Spagna delle idee fasciste), che viene ampiamente discusso nel paragrafo 6.5. (che tratta della sua influenza su Ledesma, molto importante e molto intensa, specialmente nel primo periodo) e nel paragrafo 6.6. Vengono anche illustrate le linee principali e l’evoluzione verso un sindacalismo nazionale più radicale della concezione politica di José Antonio, in contrasto con quello di “sinistra” di Ledesma, dal quale differiva, essenzialmente, per la concezione dello stato (paragrafo 6.4.), per l’idea di violenza (capitolo IX, paragrafi 9.2. e 9.3.), per il modo di trattare la questione religiosa ed il pubblico a cui rivolgersi e, infine, per l’idea dell’Impero e di organizzazione di una rivoluzione nazionale (paragrafo 6.3.), punto, quest’ultimo, in cui erano evidenti i “disaccordi”, non solo teorici, ma anche strategici, tra i due. Nel capitolo VII ci sono riferimenti agli antecedenti ideologici della retorica falangista, e della “controideologia” del franchismo, della generazione del ‘98 e del regeneracionismo, con Joaquín Costa come punto di partenza e José Ortega y Gasset come termine. Oltre agli ideologi rigenerazionisti, appaiono i principali protagonisti di quel clima di finis Hispaniae il cui sogno imperiale deluso si trasformò gradualmente nel nazionalismo moderno. Particolare attenzione è dedicata non solo alle opere pionieristiche e fondamentali di Unamuno e Ganivet, ma anche a Hacia otra España di Ramiro de Maeztu, pubblicata nel 1899, tutte opere ben note ai lettori più attenti dell’epoca e la cui influenza si nota anche nella seconda opera letteraria di Francisco Franco, Raza (paragrafo 7.2.). Nei paragrafi 7.3. e 7.3.1., la ricerca si concentrerà sulle formulazioni teorico-ideologiche di Ortega e Gasset che influenzarono notevolmente la gioventù piccolo-borghese di quel tempo. Nel capitolo VIII (paragrafi 8.4. E 8.5.) vengono presentate due opere che influirono molto sulla “controideologia” del franchismo: El Estado Nuevo de Víctor Pradera e Defensa de la Hispanidad di Ramiro de Maeztu. Il capitolo IX chiude questa indagine contrastiva con uno studio approfondito sull’idea di violenza di José Antonio, rispetto a quella dei leader della JONS.
2020
978-84-18093-08-1
Resumen: Este trabajo sobre el origen del lenguaje fascista español e italiano empieza con las teorías del lingüista rumano Eugenio Coseriu y, más concretamente, con sus reflexiones acerca de un nuevo y ulterior significado de las palabras, generado por la evocación y las asociaciones secundarias, que sustituye a su significado primario, y que se verifica cuando adquiere valor no tanto el contenido lingüístico, cuanto lo que L. Weisgerber llama Wirkung, la «efectividad» del lenguaje como manifestación de creencias, sentimientos e ideologías. Y son ejemplos eficaces y pertinentes de tales manifestaciones aquellos propuestos en el último párrafo del capítulo (1.4.), dedicado a la «Onomatopeya secundaria en el lenguaje del franquismo y del fascismo italiano». El segundo capítulo propone, casi como un adelanto de lo que se examinará posteriormente, una comparación contrastiva entre las palabras «pasión» y «alma», vertebradora de los discursos de D’Annunzio la primera y de los de José Antonio Primo de Rivera la segunda. Discursos que están en la base de la lengua fascista, considerada por Octavio Paz, junto con la comunista, como un «sistema religioso», dotado de una tremenda capacidad de seducción. En el tercer capítulo se habla con detenimiento de la figura de Gabriele D’Annunzio, gran mistificador y renovador del lenguaje, y que prestó sus ideas, como José Antonio, para poner las bases del futuro régimen fascista. En el cuarto capítulo se analiza atentamente la considerable bibliografía existente sobre el lenguaje de Mussolini, prestando especial atención al lenguaje de sus precursores e inspiradores, entre los que podemos incluir a los futuristas, en particular modo, en su vertiente de movimiento político, y al nuevo y agresivo método de lucha del llamado Arditismo (cap. V). Además, se sugiere un análisis contrastivo entre el movimiento «vociano» y el regeneracionismo y también entre el pensamiento político de Ortega y el de los otros liberales «antidemocráticos» europeos como Walter Bagehot, Hippolyte Taine, Gaetano Mosca, Vilfredo Pareto, Oswald Spengler y Benedetto Croce. El capítulo VI está dedicado a los líderes del fascismo español, empezando por Ramiro Ledesma Ramos, considerado, casi unánimemente, como su máximo teórico, además de fundador del primer partido político español típicamente fascista, las JONS. Se habla de la «pasión» nacionalsindicalista de Ledesma, de la influencia inicial de su maestro Ortega y Gasset y de las similitudes y diferencias con los otros dos representantes del fascismo español, Onésimo Redondo y, sobre todo, José Antonio Primo de Rivera —figura central del segundo párrafo—, cuyo ascendiente sobre los jóvenes, además de su physique du rôle, ofuscó la imagen de los otros protagonistas de la política del momento. En los párrafos dedicados a José Antonio (del 6.2. al 6.4.) se evaluan sus relaciones con el fascismo italiano y su intento de crear un original «fascismo español». Por supuesto, José Antonio se inspiró, en esta primera fase, en Ernesto Giménez Caballero (personaje «polifacético», introductor y primer propagandista en España de las ideas del fascismo) del que se habla ampliamente en el párrafo 6.5. (que trata de su influencia sobre Ledesma, muy importante y muy estrecha, sobre todo, en el primer período) y en el párrafo 6.6. Se ilustran también las principales líneas, y la evolución hacia un nacionalsindicalismo más radical, de la concepción política de José Antonio, en contraste con el «izquierdismo» de Ledesma, del que difería, esencialmente, en la concepción del estado (párrafo 6.4.), en la idea de violencia (capítulo IX, párrafos 9.2. y 9.3.), en el modo de afrontar la cuestión religiosa, en la audiencia a la que consideraban que había que dirigirse y, finalmente, en la idea de Imperio y de la organización de una revolución (párrafo 6.3.), punto, este último, en el que resultaron evidentes los «desencuentros», no solo teóricos, sino también estratégicos, entre ambos. En el capítulo VII hay referencias a los antecedentes ideológicos de la retórica falagistas, y de la «contra ideología» del franquismo, la Generación del 98 y el Regeneracionismo, con Joaquín Costa como punto de partida y José Ortega y Gasset como término. Aparecen, además de los ideólogos regeneracionistas, los principales protagonistas de aquel clima de finis Hispaniae cuyo defraudado sueño imperial se transformó, gradualmente, en el moderno nacionalismo. Particular atención se dedica no solo a las obras precursoras y fundamentales de Unamuno y Ganivet, sino también a Hacia otra España de Ramiro de Maeztu, publicada en 1899, todas muy conocidas entre los lectores más atentos de la época y cuya influencia se advierte incluso en la segunda obra literaria de Francisco Franco, Raza (párrafo 7.2.). En los párrafos 7.3. y 7.3.1., se centrará la investigación en las formulaciones teórico-ideológicas de Ortega y Gasset que influyeron notablemente en los jóvenes pequeño-burgueses de entonces. En el capítulo VIII (párrafos 8.4. y 8.5.) se dedica una atención especial a la Defensa de la Hispanidad de Ramiro de Maeztu y a El Estado Nuevo de Víctor Pradera. El capítulo IX cierra esta investigación contrastiva con una profundización sobre la idea de violencia de José Antonio, en comparación con la de los líderes de las JONS.
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