Sono trascorsi più di cento anni da quella che sarebbe rimasta nella storia come la Grande Guerra. La sua memoria, morti tutti i suoi protagonisti, vive nelle menti e nelle penne degli studiosi che ce la rappresentano per un ricordo che non è mai uguale a se stesso e che assume nel tempo sempre nuove prospettive. In questo volume si propone in modo corale e pluralistico una lettura che tenta di comprendere come i sociologi dell'epoca, o coevi rispetto a questo evento epocale durato cinque anni nel cuore del mondo "civile" di allora, affrontarono il tema, lo capirono, ne resero conto nelle loro prassi e nelle loro riflessioni. Il quadro che emerge nel suo complesso, dalla lettura dei vari capitoli, dall'Introduzione alla Sintesi finale, è quello di una sociologia di inizio Novecento che, seppure seppe esprimere qualche singola interessante intuizione, si presenta ai nostri occhi tutto sommato ancora molto giovane, dispersa, assai differenziata su base territoriale-nazionale (che diviene una variabile esplicativa fondamentale nella predizione delle posizioni dei sociologi coevi), persino con accenni dichiaratamente guerrafondai e nazionalisti, ed infine, e forse soprattutto, incapace di una lettura concettuale profonda ed articolata, che non le consentì, ad esempio, di spendersi nell'analisi delle cause che portarono all'"inutile strage".
La grande sociologia di fronte alla grande guerra
Alberto Ardissone
2015-01-01
Abstract
Sono trascorsi più di cento anni da quella che sarebbe rimasta nella storia come la Grande Guerra. La sua memoria, morti tutti i suoi protagonisti, vive nelle menti e nelle penne degli studiosi che ce la rappresentano per un ricordo che non è mai uguale a se stesso e che assume nel tempo sempre nuove prospettive. In questo volume si propone in modo corale e pluralistico una lettura che tenta di comprendere come i sociologi dell'epoca, o coevi rispetto a questo evento epocale durato cinque anni nel cuore del mondo "civile" di allora, affrontarono il tema, lo capirono, ne resero conto nelle loro prassi e nelle loro riflessioni. Il quadro che emerge nel suo complesso, dalla lettura dei vari capitoli, dall'Introduzione alla Sintesi finale, è quello di una sociologia di inizio Novecento che, seppure seppe esprimere qualche singola interessante intuizione, si presenta ai nostri occhi tutto sommato ancora molto giovane, dispersa, assai differenziata su base territoriale-nazionale (che diviene una variabile esplicativa fondamentale nella predizione delle posizioni dei sociologi coevi), persino con accenni dichiaratamente guerrafondai e nazionalisti, ed infine, e forse soprattutto, incapace di una lettura concettuale profonda ed articolata, che non le consentì, ad esempio, di spendersi nell'analisi delle cause che portarono all'"inutile strage".File | Dimensione | Formato | |
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