“Globalizzazione” è divenuta rapidamente la parola più usata sui giornali, nei talk-show, nei dibattiti politici e nei diversi contesti dei mondi vitali delle persone contemporanee, anche perché nel corso dell’ultimo decennio è assunta agli onori della cronaca a causa di diversi movimenti di protesta, talora anche violenta (Sen 2002, Ceri 2002). Essa raccoglie entro di sé una pluralità di significati ed è inoltre capace di applicarsi trasversalmente a molte discipline, affermandosi senza dubbio come uno dei lemmi meglio capaci, se non in vero quello più capace, di caratterizzare il periodo storico in cui stiamo vivendo. Sebbene il termine “globalizzazione” sia comparso per la prima volta agli inizi degli anni Sessanta del XX secolo, è solo a partire dalla fine degli anni Ottanta, e con gli anni Novanta, che esso comincia a trovare una maggior diffusione, soprattutto in ambito economico (Cfr. Gallino 2006), ma anche in altri contesti disciplinari, come quello sociologico, politologico e giuridico. Lo scopo del presente contributo sarà pertanto quello di sviscerare le principali criticità ed antinomie legate al lemma, suddividendo il saggio in due fondamentali parti. Nella prima si procederà anzitutto con una breve indagine definitoria, partendo dalle enunciazioni già presenti in letteratura di “interdipendenza che include ogni cosa…effetti che è difficile contenere in un luogo” (Cipolla 1997, p. 1200), sottolineando il suo designare tutti quegli effetti voluti e non voluti quali risultati dell’interazione “dialettica tra processi globali e locali, tra tecnologie produttive mondializzate e ambiente, tra classi sociali nazionali e transnazionali coinvolte in varie forme dalla globalizzazione” stessa (Gallino 2006, p. 323), e si cercherà di andare oltre a quegli aspetti di natura economica che spesso, anche in ambito accademico e scientifico, il presente lemma evoca, persino quando la riflessione prende in considerazione altri elementi concettuali che ben gli si connettono, come informazione o informatizzazione (cfr. Zolo 2004; Stiglitz 2002). L’esame della letteratura, poi, ci aiuta a comprendere anche come questo fenomeno non sia affatto inedito ma si inserisca in un processo storico che dura oramai da migliaia di anni, fatto di viaggi e migrazioni, scambi di merci e di conoscenze (Cfr. Sen 2002), che nel corso dell’ultimo ventennio si è semmai accelerato in maniera impressionante grazie ad una “rivoluzione informatica” (Zolo 2004), la quale ha impattato profondamente sui mezzi di comunicazione di massa, favorendo un processo di integrazione comunicativa tale da creare un “globalismo cibernetico” (Zolo 2004). Nella seconda parte, il saggio cercherà di offrire un contributo rispetto a questioni assai importanti riguardanti il fatto se la globalizzazione sia soggetta ad un processo di irreversibilità, a cui dunque tutta la storia ha sempre teso e nella quale oggi troverebbe compimento e che non ammette altre direzioni; se la sua affermazione sia dovuta ad un processo naturale o sia al contrario guidata; altra attenzione verrà dedicata allo studio dell’antinomia esistente tra globalizzazione e localismo, o regionalismo, la cui (altrettanto recente) crescente affermazione pare certamente in contraddizione con il fenomeno globale. In questa seconda parte, si darà ampio spazio, infine, alla grande necessità da parte delle scienze sociali di superare la logica paradigmatica dello stato-nazione quale unità di base per gli studi macro-sociologici, proprio per il sorgere, e l’affermarsi, di strutture e di processi sovra-nazionali e trans-nazionali (Robinson 1998), nonché per la necessità di comprendere che persino un processo o un’entità esercitati in un territorio potrebbe comunque rappresentare una localizzazione del globale (Sassen 2008).
Globalizzazione
Ardissone A.
2014-01-01
Abstract
“Globalizzazione” è divenuta rapidamente la parola più usata sui giornali, nei talk-show, nei dibattiti politici e nei diversi contesti dei mondi vitali delle persone contemporanee, anche perché nel corso dell’ultimo decennio è assunta agli onori della cronaca a causa di diversi movimenti di protesta, talora anche violenta (Sen 2002, Ceri 2002). Essa raccoglie entro di sé una pluralità di significati ed è inoltre capace di applicarsi trasversalmente a molte discipline, affermandosi senza dubbio come uno dei lemmi meglio capaci, se non in vero quello più capace, di caratterizzare il periodo storico in cui stiamo vivendo. Sebbene il termine “globalizzazione” sia comparso per la prima volta agli inizi degli anni Sessanta del XX secolo, è solo a partire dalla fine degli anni Ottanta, e con gli anni Novanta, che esso comincia a trovare una maggior diffusione, soprattutto in ambito economico (Cfr. Gallino 2006), ma anche in altri contesti disciplinari, come quello sociologico, politologico e giuridico. Lo scopo del presente contributo sarà pertanto quello di sviscerare le principali criticità ed antinomie legate al lemma, suddividendo il saggio in due fondamentali parti. Nella prima si procederà anzitutto con una breve indagine definitoria, partendo dalle enunciazioni già presenti in letteratura di “interdipendenza che include ogni cosa…effetti che è difficile contenere in un luogo” (Cipolla 1997, p. 1200), sottolineando il suo designare tutti quegli effetti voluti e non voluti quali risultati dell’interazione “dialettica tra processi globali e locali, tra tecnologie produttive mondializzate e ambiente, tra classi sociali nazionali e transnazionali coinvolte in varie forme dalla globalizzazione” stessa (Gallino 2006, p. 323), e si cercherà di andare oltre a quegli aspetti di natura economica che spesso, anche in ambito accademico e scientifico, il presente lemma evoca, persino quando la riflessione prende in considerazione altri elementi concettuali che ben gli si connettono, come informazione o informatizzazione (cfr. Zolo 2004; Stiglitz 2002). L’esame della letteratura, poi, ci aiuta a comprendere anche come questo fenomeno non sia affatto inedito ma si inserisca in un processo storico che dura oramai da migliaia di anni, fatto di viaggi e migrazioni, scambi di merci e di conoscenze (Cfr. Sen 2002), che nel corso dell’ultimo ventennio si è semmai accelerato in maniera impressionante grazie ad una “rivoluzione informatica” (Zolo 2004), la quale ha impattato profondamente sui mezzi di comunicazione di massa, favorendo un processo di integrazione comunicativa tale da creare un “globalismo cibernetico” (Zolo 2004). Nella seconda parte, il saggio cercherà di offrire un contributo rispetto a questioni assai importanti riguardanti il fatto se la globalizzazione sia soggetta ad un processo di irreversibilità, a cui dunque tutta la storia ha sempre teso e nella quale oggi troverebbe compimento e che non ammette altre direzioni; se la sua affermazione sia dovuta ad un processo naturale o sia al contrario guidata; altra attenzione verrà dedicata allo studio dell’antinomia esistente tra globalizzazione e localismo, o regionalismo, la cui (altrettanto recente) crescente affermazione pare certamente in contraddizione con il fenomeno globale. In questa seconda parte, si darà ampio spazio, infine, alla grande necessità da parte delle scienze sociali di superare la logica paradigmatica dello stato-nazione quale unità di base per gli studi macro-sociologici, proprio per il sorgere, e l’affermarsi, di strutture e di processi sovra-nazionali e trans-nazionali (Robinson 1998), nonché per la necessità di comprendere che persino un processo o un’entità esercitati in un territorio potrebbe comunque rappresentare una localizzazione del globale (Sassen 2008).File | Dimensione | Formato | |
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