Tema centrale del olume è la vocazione universale del cristianesimo, che in Agostino assume il carattere di un riconoscimento sempre più esplicito e articolato, fino a trasformarsi, in particolare nel De civitate Dei, in uno sguardo capace di proiettare l’annuncio evangelico non solo oltre le barriere dello spazio, che delimitavano i confini delle razze, delle lingue e delle culture, facendole coincidere anche con i particolarismi dei culti religiosi, ma addirittura oltre le barriere del tempo; al punto tale, che il cristiano riesce a scorgere nella crisi della forma politica romana solo la fine di un epoca, e non certo la fine della storia. Nella convergenza profonda di pace e ordine sembra raccogliersi il messaggio più profondo e più attuale del De civitate Dei: oltre i conflitti che destabilizzano e lacerano la convivenza umana, una ordinata tensione unificante attraversa la storia, indicando nella pace la prima e l’ultima verità. Nel Sermone 357, pronunciato alcuni mesi dopo il sacco di Roma e giustamente denominato “Elogio della pace”, il vescovo di Ippona afferma: «Chi ama veramente la pace, ama anche i suoi nemici». Rispetto a ogni altro possesso mondano, inevitabilmente conflittuale, la pace vive invece di un illimitato circolo partecipativo: «I suoi confini si allargano quanto più cresce il numero di coloro che la posseggono» (s. 357,1)
Introduzione
L. Alici
2019-01-01
Abstract
Tema centrale del olume è la vocazione universale del cristianesimo, che in Agostino assume il carattere di un riconoscimento sempre più esplicito e articolato, fino a trasformarsi, in particolare nel De civitate Dei, in uno sguardo capace di proiettare l’annuncio evangelico non solo oltre le barriere dello spazio, che delimitavano i confini delle razze, delle lingue e delle culture, facendole coincidere anche con i particolarismi dei culti religiosi, ma addirittura oltre le barriere del tempo; al punto tale, che il cristiano riesce a scorgere nella crisi della forma politica romana solo la fine di un epoca, e non certo la fine della storia. Nella convergenza profonda di pace e ordine sembra raccogliersi il messaggio più profondo e più attuale del De civitate Dei: oltre i conflitti che destabilizzano e lacerano la convivenza umana, una ordinata tensione unificante attraversa la storia, indicando nella pace la prima e l’ultima verità. Nel Sermone 357, pronunciato alcuni mesi dopo il sacco di Roma e giustamente denominato “Elogio della pace”, il vescovo di Ippona afferma: «Chi ama veramente la pace, ama anche i suoi nemici». Rispetto a ogni altro possesso mondano, inevitabilmente conflittuale, la pace vive invece di un illimitato circolo partecipativo: «I suoi confini si allargano quanto più cresce il numero di coloro che la posseggono» (s. 357,1)I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.