Il lavoro di ricerca ha inteso esaminare la controversa figura del riconoscimento del diritto reale alla luce dei riferimenti legislativi, delle concezioni dottrinali e delle evoluzioni giurisprudenziali. L’ oggetto dello studio ha interessato, quindi, quella dichiarazione, comunemente definita come ricognitiva, attraverso cui un soggetto attesta l’esistenza di un diritto reale in capo ad altri. I tratti distintivi della figura, individuabili nella natura ricognitiva dell’attività posta in essere dal dichiarante, nell’incidenza della stessa su di un diritto reale, nell’altruità della situazione giuridica riconosciuta, hanno consentito di evidenziare come ad una dichiarazione siffatta possa essere attribuita una specifica rilevanza giuridica. L’ assenza di una norma generale riferita all’attività ricognitiva e la mancanza di un chiaro referente normativo circa gli effetti spiegati in tema di diritti reali (a differenza di quanto previsto per i diritti di credito) non possono, infatti, cancellare la natura di contra se pronuntiatio della dichiarazione. Chi riconosce l’esistenza del diritto reale altrui dà atto della conformità della situazione riconosciuta alla realtà, con la conseguenza che tale dichiarazione non è irrilevante né secondo il comune sentire né nel mondo giuridico. Inizialmente, sono state enucleate tutte le previsioni particolari contenute nella legge e le ulteriori ipotesi, di conio dottrinale e giurisprudenziale, ascrivibili alla ricognizione di diritti reali, per valutarne effetti e natura. Successivamente, si è proceduto ad una disamina del riconoscimento del diritto reale altrui collocandolo nel solco della tradizione sulla ricognizione, utilizzando, quale strumento di supporto all’analisi, il confronto con figure affini quali il negozio di accertamento, la confessione stragiudiziale, la ricognizione di debito. In seguito, è stato operato un rovesciamento di prospettiva, vagliando la rinnovata vitalità della figura quale forma di emersione dell'effettivo atteggiarsi delle situazioni giuridiche nell’ambito della dinamica contrattuale e processuale, soprattutto con riferimento all’effettiva appartenenza dei beni, alle limitazioni sugli stessi esistenti e a peculiari vicende circolatorie. Alla luce di tale indagine è stato possibile ricondurre l’attività ricognitiva ai principi generali dell’ordinamento giuridico e dimostrare come la natura relazionale e il carattere contra se del riconoscimento possono essere valorizzati anche in tema di diritti reali, anzitutto sotto il profilo probatorio e sicuramente in danno del dichiarante. Una simile efficacia non pare porsi in contrasto né con le peculiarità dei diritti reali né tanto meno con l’attività di valutazione del diritto rimessa (e tendenzialmente riservata) al giudice. Una conferma dell’impostazione pare rinvenirsi, del resto, nella recente introduzione dell’accordo di mediazione in tema di usucapione, il quale contiene l’asseverazione, da parte di un soggetto, dell’esistenza dei presupposti dell’usucapione a favore di un altro soggetto, assumendo valore nell’ordinamento ex art. 2643 n. 12 bis c.c. ed addirittura legittimando la trascrizione dell’acquisto con effetti di limitata opponibilità ai terzi.

Il riconoscimento dell’altrui diritto reale

GRASSELLI, SILVIA
2018-01-01

Abstract

Il lavoro di ricerca ha inteso esaminare la controversa figura del riconoscimento del diritto reale alla luce dei riferimenti legislativi, delle concezioni dottrinali e delle evoluzioni giurisprudenziali. L’ oggetto dello studio ha interessato, quindi, quella dichiarazione, comunemente definita come ricognitiva, attraverso cui un soggetto attesta l’esistenza di un diritto reale in capo ad altri. I tratti distintivi della figura, individuabili nella natura ricognitiva dell’attività posta in essere dal dichiarante, nell’incidenza della stessa su di un diritto reale, nell’altruità della situazione giuridica riconosciuta, hanno consentito di evidenziare come ad una dichiarazione siffatta possa essere attribuita una specifica rilevanza giuridica. L’ assenza di una norma generale riferita all’attività ricognitiva e la mancanza di un chiaro referente normativo circa gli effetti spiegati in tema di diritti reali (a differenza di quanto previsto per i diritti di credito) non possono, infatti, cancellare la natura di contra se pronuntiatio della dichiarazione. Chi riconosce l’esistenza del diritto reale altrui dà atto della conformità della situazione riconosciuta alla realtà, con la conseguenza che tale dichiarazione non è irrilevante né secondo il comune sentire né nel mondo giuridico. Inizialmente, sono state enucleate tutte le previsioni particolari contenute nella legge e le ulteriori ipotesi, di conio dottrinale e giurisprudenziale, ascrivibili alla ricognizione di diritti reali, per valutarne effetti e natura. Successivamente, si è proceduto ad una disamina del riconoscimento del diritto reale altrui collocandolo nel solco della tradizione sulla ricognizione, utilizzando, quale strumento di supporto all’analisi, il confronto con figure affini quali il negozio di accertamento, la confessione stragiudiziale, la ricognizione di debito. In seguito, è stato operato un rovesciamento di prospettiva, vagliando la rinnovata vitalità della figura quale forma di emersione dell'effettivo atteggiarsi delle situazioni giuridiche nell’ambito della dinamica contrattuale e processuale, soprattutto con riferimento all’effettiva appartenenza dei beni, alle limitazioni sugli stessi esistenti e a peculiari vicende circolatorie. Alla luce di tale indagine è stato possibile ricondurre l’attività ricognitiva ai principi generali dell’ordinamento giuridico e dimostrare come la natura relazionale e il carattere contra se del riconoscimento possono essere valorizzati anche in tema di diritti reali, anzitutto sotto il profilo probatorio e sicuramente in danno del dichiarante. Una simile efficacia non pare porsi in contrasto né con le peculiarità dei diritti reali né tanto meno con l’attività di valutazione del diritto rimessa (e tendenzialmente riservata) al giudice. Una conferma dell’impostazione pare rinvenirsi, del resto, nella recente introduzione dell’accordo di mediazione in tema di usucapione, il quale contiene l’asseverazione, da parte di un soggetto, dell’esistenza dei presupposti dell’usucapione a favore di un altro soggetto, assumendo valore nell’ordinamento ex art. 2643 n. 12 bis c.c. ed addirittura legittimando la trascrizione dell’acquisto con effetti di limitata opponibilità ai terzi.
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