RIASSUNTO Questo contributo, redatto in linea con la prospettiva pedagogica personalista e secondo un’impostazione metodologica di tipo critico-argomentativa, pone a tema il ruolo della sfera emotiva negli odierni contesti di lavoro produttivo e il suo interfacciarsi con la peculiarità dell’insidia biopolitica, ordendo trame argomentative che sottopongono all’egida e alla visione di sintesi pedagogica apporti provenienti anche da altri saperi disciplinari, specialmente dalla psicologia, dalla filosofia e dalla sociologia del lavoro. Dopo che la concezione soprattutto tayloriana delle organizzazioni produttive ha a lungo imposto, nel corso del Novecento, il primato della razionalità – subordinando al suo rigido controllo la dimensione emotiva in quanto considerata un fattore perturbante e perciò necessariamente eludibile –, la metamorfosi occorsa al lavoro negli ultimi quarant’anni circa (e in particolare negli ultimi venti) ha fatto sì che le emozioni uscissero gradualmente dal cono d’ombra nel quale erano state gettate, divenendo, oggi come mai prima, un fattore assolutamente non trascurabile. Nell’evoluzione attuale del lavoro post-fordista, infatti, aspetti quali la presenza psicologica, unitamente a quelli che rinviano alle dinamiche emotive interpersonali, gruppali ed organizzative nel loro complesso, sono ritenuti aspetti cruciali, giacché sempre più funzionali al miglioramento continuo, al perfezionamento e all’armonizzazione delle performance di ruolo, all’ottimizzazione della produttività e, quindi, alla competitività e al successo delle imprese. Tale mutamento d’ottica esorta ragionevolmente la riflessione pedagogica a farsi carico di ipotesi e progettualità educativo-formative tese primariamente alla crescita del potenziale umano e alla cura emotiva dei soggetti che lavorano, in vista innanzitutto del loro benessere come dello star-bene contestuale e, conseguentemente, dell’affinamento prestazionale. Ciò nondimeno, questo “impegno umanizzante” – non disgiungibile da quello di concorrere ad un progresso etico-culturale capace di marginalizzare le devianze utilitaristiche di gran parte dell’agire economico per attualizzare diffusamente un lavoro per la persona – appare ancor più doveroso dinanzi al fatto che non pochi filosofi e sociologi individuano nella crescente premura emotiva il pericolo di una estesa quanto distorta attenzione dettata da intenti manageriali biopolitici, ossia da motivazioni connesse con l’esigenza di una integrale strumentalizzazione delle risorse e delle relazioni umane. Di tutto questo discuteremo nel presente contributo e, più dettagliatamente, dapprima ci concentreremo sulle suddette esigenze psico-emotive dell’attività lavorativa (segnatamente sulla presenza psicologica e sui dinamismi emotivi relazionali-gruppali) e su alcuni riverberi di esse sui lavoratori; poi, verrà affrontata nello specifico la questione biopolitica e sarà dato spazio a considerazioni d’ordine pedagogico che investono entrambi i versanti citati: quello educativo-formativo e quello etico-culturale. ULTERIORI INFORMAZIONI: Il presente contributo è stato sottoposto a due "blind referees" in forma anonima.

Lavoro, emozioni ed insidie biopolitiche

F. d'Aniello
2017-01-01

Abstract

RIASSUNTO Questo contributo, redatto in linea con la prospettiva pedagogica personalista e secondo un’impostazione metodologica di tipo critico-argomentativa, pone a tema il ruolo della sfera emotiva negli odierni contesti di lavoro produttivo e il suo interfacciarsi con la peculiarità dell’insidia biopolitica, ordendo trame argomentative che sottopongono all’egida e alla visione di sintesi pedagogica apporti provenienti anche da altri saperi disciplinari, specialmente dalla psicologia, dalla filosofia e dalla sociologia del lavoro. Dopo che la concezione soprattutto tayloriana delle organizzazioni produttive ha a lungo imposto, nel corso del Novecento, il primato della razionalità – subordinando al suo rigido controllo la dimensione emotiva in quanto considerata un fattore perturbante e perciò necessariamente eludibile –, la metamorfosi occorsa al lavoro negli ultimi quarant’anni circa (e in particolare negli ultimi venti) ha fatto sì che le emozioni uscissero gradualmente dal cono d’ombra nel quale erano state gettate, divenendo, oggi come mai prima, un fattore assolutamente non trascurabile. Nell’evoluzione attuale del lavoro post-fordista, infatti, aspetti quali la presenza psicologica, unitamente a quelli che rinviano alle dinamiche emotive interpersonali, gruppali ed organizzative nel loro complesso, sono ritenuti aspetti cruciali, giacché sempre più funzionali al miglioramento continuo, al perfezionamento e all’armonizzazione delle performance di ruolo, all’ottimizzazione della produttività e, quindi, alla competitività e al successo delle imprese. Tale mutamento d’ottica esorta ragionevolmente la riflessione pedagogica a farsi carico di ipotesi e progettualità educativo-formative tese primariamente alla crescita del potenziale umano e alla cura emotiva dei soggetti che lavorano, in vista innanzitutto del loro benessere come dello star-bene contestuale e, conseguentemente, dell’affinamento prestazionale. Ciò nondimeno, questo “impegno umanizzante” – non disgiungibile da quello di concorrere ad un progresso etico-culturale capace di marginalizzare le devianze utilitaristiche di gran parte dell’agire economico per attualizzare diffusamente un lavoro per la persona – appare ancor più doveroso dinanzi al fatto che non pochi filosofi e sociologi individuano nella crescente premura emotiva il pericolo di una estesa quanto distorta attenzione dettata da intenti manageriali biopolitici, ossia da motivazioni connesse con l’esigenza di una integrale strumentalizzazione delle risorse e delle relazioni umane. Di tutto questo discuteremo nel presente contributo e, più dettagliatamente, dapprima ci concentreremo sulle suddette esigenze psico-emotive dell’attività lavorativa (segnatamente sulla presenza psicologica e sui dinamismi emotivi relazionali-gruppali) e su alcuni riverberi di esse sui lavoratori; poi, verrà affrontata nello specifico la questione biopolitica e sarà dato spazio a considerazioni d’ordine pedagogico che investono entrambi i versanti citati: quello educativo-formativo e quello etico-culturale. ULTERIORI INFORMAZIONI: Il presente contributo è stato sottoposto a due "blind referees" in forma anonima.
2017
978-88-6992-191-9
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