La possibilità di stabilire una relazione, anche in termini causali, tra disuguaglianza nella distribuzione dei redditi e criminalità è un tema che ha coinvolto nel tempo numerosi scienziati sociali ed economisti (Rufrancos et al., 2013). Questo interesse risulta giustificato, tra le altre cose, dalla tendenza all'aumento delle disuguaglianze che caratterizza gli anni più recenti dello sviluppo capitalistico (Piketty, 2014). Molti studi empirici hanno indagato il tema in questione: tra gli altri, Fajnzylber et al. (2002) hanno individuato una relazione positiva tra disuguaglianza e criminalità, sia all'interno delle nazioni che tra diversi paesi. Da un punto di vista teorico, i risultati empirici trovano conforto in molti orientamenti che derivano da Becker (1968): la disuguaglianza nei redditi sarebbe uno dei maggiori “driver” della criminalità. Al di là dell'aspetto meramente distributivo, non sono poi da sottovalutare i meccanismi dovuti alla vera e propria deprivazione: spesso (ma non sempre) disuguaglianza e povertà "vanno a braccetto". È interessante, quindi, indagare quanto sia la disuguaglianza in sé (e la connessa riduzione della coesione sociale) o la povertà (e la connessa necessità di fronteggiare situazioni di deprivazione) a creare la condizioni affinché un tessuto sociale sia più o meno predisposto a generare tassi crescenti di criminalità (Webster e Kingston, 2014). All'interno del tema "economia e criminalità", l'Italia evidenzia alcune specificità, le cui radici affondano nel processo di nascita e sviluppo dello Stato-nazione: in primis, elevato tasso di economia sommersa e di criminalità organizzata. Inoltre, è ben noto l'elevato livello di frammentazione che contraddistingue il territorio italiano, con accentuate specificità locali (regionali) che contribuiscono a creare un insieme molto vario di "sistemi sociali". Partendo da queste premesse, il lavoro che si propone analizza congiuntamente, per il caso italiano, la relazione tra squilibri distributivi (disuguaglianza/povertà) e criminalità, da un lato, e differenze regionali – e loro evoluzione nel tempo – dall'altro. L'analisi, condotta utilizzando l'Archivio Unico degli Indicatori Regionali dell'ISTAT e i dati sulla distribuzione del reddito di Banca d'Italia per gli ultimi decenni, fornisce numerosi elementi di riflessione. Infatti, specialmente per le regioni del Sud e le isole maggiori, emerge che le variabili che interpretano la criminalità presentano una correlazione positiva con la disuguaglianza di reddito: peggiore è la distribuzione del reddito, maggiore è l'incidenza di fatti criminali. Per quanto riguarda la povertà, una correlazione maggiore è individuata per quel che concerne i reati associativi; entrambi i fenomeni sembrano essere di pertinenza marcata (ma non esclusiva) del meridione d'Italia. Infine, focalizzandoci sulla questione giovanile, l'analisi econometrica ci permette di individuare con chiarezza come sia la stessa mancanza di prospettive (disoccupazione giovanile) a influenzare significativamente la propensione degli adolescenti a delinquere (criminalità minorile).

Disuguaglianza, povertà e criminalità. Una ricognizione in ambito italiano

Fabio Clementi;Enzo Valentini
2018-01-01

Abstract

La possibilità di stabilire una relazione, anche in termini causali, tra disuguaglianza nella distribuzione dei redditi e criminalità è un tema che ha coinvolto nel tempo numerosi scienziati sociali ed economisti (Rufrancos et al., 2013). Questo interesse risulta giustificato, tra le altre cose, dalla tendenza all'aumento delle disuguaglianze che caratterizza gli anni più recenti dello sviluppo capitalistico (Piketty, 2014). Molti studi empirici hanno indagato il tema in questione: tra gli altri, Fajnzylber et al. (2002) hanno individuato una relazione positiva tra disuguaglianza e criminalità, sia all'interno delle nazioni che tra diversi paesi. Da un punto di vista teorico, i risultati empirici trovano conforto in molti orientamenti che derivano da Becker (1968): la disuguaglianza nei redditi sarebbe uno dei maggiori “driver” della criminalità. Al di là dell'aspetto meramente distributivo, non sono poi da sottovalutare i meccanismi dovuti alla vera e propria deprivazione: spesso (ma non sempre) disuguaglianza e povertà "vanno a braccetto". È interessante, quindi, indagare quanto sia la disuguaglianza in sé (e la connessa riduzione della coesione sociale) o la povertà (e la connessa necessità di fronteggiare situazioni di deprivazione) a creare la condizioni affinché un tessuto sociale sia più o meno predisposto a generare tassi crescenti di criminalità (Webster e Kingston, 2014). All'interno del tema "economia e criminalità", l'Italia evidenzia alcune specificità, le cui radici affondano nel processo di nascita e sviluppo dello Stato-nazione: in primis, elevato tasso di economia sommersa e di criminalità organizzata. Inoltre, è ben noto l'elevato livello di frammentazione che contraddistingue il territorio italiano, con accentuate specificità locali (regionali) che contribuiscono a creare un insieme molto vario di "sistemi sociali". Partendo da queste premesse, il lavoro che si propone analizza congiuntamente, per il caso italiano, la relazione tra squilibri distributivi (disuguaglianza/povertà) e criminalità, da un lato, e differenze regionali – e loro evoluzione nel tempo – dall'altro. L'analisi, condotta utilizzando l'Archivio Unico degli Indicatori Regionali dell'ISTAT e i dati sulla distribuzione del reddito di Banca d'Italia per gli ultimi decenni, fornisce numerosi elementi di riflessione. Infatti, specialmente per le regioni del Sud e le isole maggiori, emerge che le variabili che interpretano la criminalità presentano una correlazione positiva con la disuguaglianza di reddito: peggiore è la distribuzione del reddito, maggiore è l'incidenza di fatti criminali. Per quanto riguarda la povertà, una correlazione maggiore è individuata per quel che concerne i reati associativi; entrambi i fenomeni sembrano essere di pertinenza marcata (ma non esclusiva) del meridione d'Italia. Infine, focalizzandoci sulla questione giovanile, l'analisi econometrica ci permette di individuare con chiarezza come sia la stessa mancanza di prospettive (disoccupazione giovanile) a influenzare significativamente la propensione degli adolescenti a delinquere (criminalità minorile).
2018
978-88-255-1445-2
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/245162
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