Da Costa concorda con Pomponazzi nel rifiuto del “creazionismo tomistico”. Anche per lui l’anima dell’uomo non sopraggiunge dall’esterno, per un nuovo atto creativo di Dio, ossia per una “creatio ex nihilo” sempre nuova che, inconcepibile dalla ragione, è del tutto ignota anche ad Aristotele. L’anima intera, sia essa sensitiva, vegetativa o intellettiva, si trasmette per generazione naturale. Non è creata da Dio “immediate”, senza intervento delle cause intermedie. Non può continuare ad esistere “a parte post”. L’immortalità dell’anima è un’indimostrata verità di fede, per nulla conciliabile con il testo o l’“intentio” di Aristotele e nemmeno, aggiunge Da Costa, con il testo e l’“intentio” della «Genesi». Nel «De immortalitate animae» resta tuttavia un elemento di ambiguità, che investe la tesi stessa che Pomponazzi, attenendosi alla ragione naturale, ritiene come veramente sua: l’anima è mortale “absolute”, ma resta immortale “secundum quid”. Con questa tesi, dopo aver rifiutato l’intelletto separato di Averroè e di Temistio, Pomponazzi intendeva rovesciare la posizione di Tommaso, secondo la quale l’anima è immortale “absolute”, ma resta mortale “secundum quid”. Contro Pomponazzi, Da Costa rigetta l’immortalità “secundum quid” e le gravi implicazioni socio-politiche che da essa discendono.
Pomponazzi e il “mendacium” dell’immortalità dell’anima
PROIETTI, Omero
2017-01-01
Abstract
Da Costa concorda con Pomponazzi nel rifiuto del “creazionismo tomistico”. Anche per lui l’anima dell’uomo non sopraggiunge dall’esterno, per un nuovo atto creativo di Dio, ossia per una “creatio ex nihilo” sempre nuova che, inconcepibile dalla ragione, è del tutto ignota anche ad Aristotele. L’anima intera, sia essa sensitiva, vegetativa o intellettiva, si trasmette per generazione naturale. Non è creata da Dio “immediate”, senza intervento delle cause intermedie. Non può continuare ad esistere “a parte post”. L’immortalità dell’anima è un’indimostrata verità di fede, per nulla conciliabile con il testo o l’“intentio” di Aristotele e nemmeno, aggiunge Da Costa, con il testo e l’“intentio” della «Genesi». Nel «De immortalitate animae» resta tuttavia un elemento di ambiguità, che investe la tesi stessa che Pomponazzi, attenendosi alla ragione naturale, ritiene come veramente sua: l’anima è mortale “absolute”, ma resta immortale “secundum quid”. Con questa tesi, dopo aver rifiutato l’intelletto separato di Averroè e di Temistio, Pomponazzi intendeva rovesciare la posizione di Tommaso, secondo la quale l’anima è immortale “absolute”, ma resta mortale “secundum quid”. Contro Pomponazzi, Da Costa rigetta l’immortalità “secundum quid” e le gravi implicazioni socio-politiche che da essa discendono.File | Dimensione | Formato | |
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