Galeno e Origene − due degli autori esplicitamente citati da Da Costa − costituiscono la solida base per riarticolare la complessa concezione dacostiana dell’anima, che si sviluppa attraverso una critica serrata delle due posizioni dogmaticamente vincenti nel giudaismo rabbinico e nel cristianesimo. Contro la dottrina della preesistenza delle anime, Da Costa riprende, sintetizza e anticipa tutte le fonti che, più tardi, verranno elencate, promosse e rilanciate in quella grande “enciclopedia dei libertini” che è il "Theophrastus redivivus". Da Costa riformula la concezione galenica dell’anima come armonia o "temperamentum" di elementi naturali; sottolinea l’irriducibile contrasto, già rilevato dal "Fedone" platonico, della concezione dell’anima come armonia con ogni sua affermazione di preesistenza; riprende il paneziano «dolere autem animos, ergo etiam interire». Contro il dogma cattolico del creazionismo, Da Costa riattiva le argomentazioni antitomiste del "De immortalitate animae" di Pietro Pomponazzi. In Da Costa, però, la concezione “creazionista” non è solo un’interpretazione distorta e arbitraria dei testi aristotelici, ma costituisce anche un tentativo infondato di negare il traducianismo della Torah. Al Pomponazzi che restituiva la vera "intentio" dei testi aristotelici, si aggiunge il Da Costa che restituisce la vera "intentio" dei testi della Torah.
«Quod animi mores corporis temperamenta sequantur». Da Costa e la critica di Galeno e Panezio all’immortalità dell’anima
PROIETTI, Omero
2017-01-01
Abstract
Galeno e Origene − due degli autori esplicitamente citati da Da Costa − costituiscono la solida base per riarticolare la complessa concezione dacostiana dell’anima, che si sviluppa attraverso una critica serrata delle due posizioni dogmaticamente vincenti nel giudaismo rabbinico e nel cristianesimo. Contro la dottrina della preesistenza delle anime, Da Costa riprende, sintetizza e anticipa tutte le fonti che, più tardi, verranno elencate, promosse e rilanciate in quella grande “enciclopedia dei libertini” che è il "Theophrastus redivivus". Da Costa riformula la concezione galenica dell’anima come armonia o "temperamentum" di elementi naturali; sottolinea l’irriducibile contrasto, già rilevato dal "Fedone" platonico, della concezione dell’anima come armonia con ogni sua affermazione di preesistenza; riprende il paneziano «dolere autem animos, ergo etiam interire». Contro il dogma cattolico del creazionismo, Da Costa riattiva le argomentazioni antitomiste del "De immortalitate animae" di Pietro Pomponazzi. In Da Costa, però, la concezione “creazionista” non è solo un’interpretazione distorta e arbitraria dei testi aristotelici, ma costituisce anche un tentativo infondato di negare il traducianismo della Torah. Al Pomponazzi che restituiva la vera "intentio" dei testi aristotelici, si aggiunge il Da Costa che restituisce la vera "intentio" dei testi della Torah.File | Dimensione | Formato | |
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