È noto come la propensione del legislatore italiano a favorire l’ampliamento dei canali di finanziamento non bancario alle imprese sia in atto, su larga scala, almeno a partire dalla riforma organica del diritto delle società di capitali del 2003, essendo poi proseguita, in un contesto di sempre più acuta stretta del credito bancario, attraverso la previsione di nuovi strumenti di finanziamento – pur sempre cartolarizzato – come quello dei c.d. minibond. Una tale propensione ha marcato però un salto qualitativo nel momento in cui si è espansa verso un ambito, come quello dell’erogazione diretta del credito, tradizionalmente oggetto di riserva a favore di banche o di altri intermediari finanziari regolati dal Testo unico bancario1. Così introducendo (non importa ora se l’animo del legislatore fosse ispirato da una visione di ampio respiro o spinto soltanto dall’emergenza economica a concedere maggiori spazi al c.d. shadow banking) un elemento di possibile riconfigurazione sistematica dell’ordinamento finanziario. E comunque ponendo, sin d’ora, l’esigenza di alcuni coordinamenti applicativi. In tale contesto, il presente capitolo propone una disamina sia giuridica che economica delle caratteristiche istituzionali e operative di detti veicoli di investimento, funzionale a delinearne i principali elementi di favore, ma anche di criticità. In particolare, l’analisi si concentra sui fondi di credito in ragione dei tratti maggiormente innovativi che li caratterizzano e del potenziale ruolo che essi potrebbero svolgere nel contesto industriale italiano, contraddistinto dal peso delle piccole e medie imprese per le quali l’offerta di strumenti di debito cartolari, quali i minibond, anche se più semplici e meno strutturati rispetto alle forme obbligazionarie tradizionali, potrebbe comunque risultare eccessivamente sofisticata e costosa. In particolare, i fondi di credito (credit funds, nella terminologia anglosassone) e di minibond descrivono una forma di finanza non bancaria ammessa di recente nel nostro ordinamento (la prima) ovvero novellata negli ultimi anni (la seconda), funzionale allo sviluppo di operatori specializzati capaci di affiancare l’intermediazione tradizionale, in primis bancaria, nell’offerta di capitale, variamente declinato, alle imprese e alle piccole e medie imprese (Pmi), più specificatamente.
Fondi di credito e fondi di minibond
SCIUTO, MAURIZIO;BIASIN, MASSIMO
2016-01-01
Abstract
È noto come la propensione del legislatore italiano a favorire l’ampliamento dei canali di finanziamento non bancario alle imprese sia in atto, su larga scala, almeno a partire dalla riforma organica del diritto delle società di capitali del 2003, essendo poi proseguita, in un contesto di sempre più acuta stretta del credito bancario, attraverso la previsione di nuovi strumenti di finanziamento – pur sempre cartolarizzato – come quello dei c.d. minibond. Una tale propensione ha marcato però un salto qualitativo nel momento in cui si è espansa verso un ambito, come quello dell’erogazione diretta del credito, tradizionalmente oggetto di riserva a favore di banche o di altri intermediari finanziari regolati dal Testo unico bancario1. Così introducendo (non importa ora se l’animo del legislatore fosse ispirato da una visione di ampio respiro o spinto soltanto dall’emergenza economica a concedere maggiori spazi al c.d. shadow banking) un elemento di possibile riconfigurazione sistematica dell’ordinamento finanziario. E comunque ponendo, sin d’ora, l’esigenza di alcuni coordinamenti applicativi. In tale contesto, il presente capitolo propone una disamina sia giuridica che economica delle caratteristiche istituzionali e operative di detti veicoli di investimento, funzionale a delinearne i principali elementi di favore, ma anche di criticità. In particolare, l’analisi si concentra sui fondi di credito in ragione dei tratti maggiormente innovativi che li caratterizzano e del potenziale ruolo che essi potrebbero svolgere nel contesto industriale italiano, contraddistinto dal peso delle piccole e medie imprese per le quali l’offerta di strumenti di debito cartolari, quali i minibond, anche se più semplici e meno strutturati rispetto alle forme obbligazionarie tradizionali, potrebbe comunque risultare eccessivamente sofisticata e costosa. In particolare, i fondi di credito (credit funds, nella terminologia anglosassone) e di minibond descrivono una forma di finanza non bancaria ammessa di recente nel nostro ordinamento (la prima) ovvero novellata negli ultimi anni (la seconda), funzionale allo sviluppo di operatori specializzati capaci di affiancare l’intermediazione tradizionale, in primis bancaria, nell’offerta di capitale, variamente declinato, alle imprese e alle piccole e medie imprese (Pmi), più specificatamente.File | Dimensione | Formato | |
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