Lo studio affronta un’analisi sistematica e comparatistica dell’istituto del contratto di rete con il network contract inglese. Il contratto di rete è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con la legge n.33/2009 al fine di incentivare la cooperazione tra imprese e la competività nel mercato. La ricerca si sviluppa in tre direzioni principali corrispondenti ai primi tre capitoli. Il quarto capitolo è dedicato all’osservazione delle modalità di cooperazione tra imprese nello specifico settore del trasporto marittimo e, in particolare, dei servizi portuali. Le conclusioni sono dedicate alle prospettive di internazionalizzazione dell’istituto auspicate anche dal legislatore italiano. Nell’attuale panorama economico caratterizzato da trasformazioni del sistema produttivo, il contratto di rete permette di regolare la cooperazione tra imprese offrendo una disciplina flessibile capace di adattarsi alle esigenze specifiche delle imprese in rete e alle oscillazioni del mercato. La prima parte del lavoro affronta un’esegesi sistematica della disciplina del contratto di rete con il diritto della concorrenza nazionale ed europeo. Anche se sul piano logico la cooperazione si contrappone alla competizione, gli accordi di cooperazione, tra i quali rientra il contratto di rete, sono in genere considerati compatibili con il diritto della concorrenza. Solo qualora l’intesa incide negativamente sulla concorrenza deve considerarsi applicabile il divieto espresso dall’art. 101 TFUE e considerare il contratto affetto da nullità. Tale compatibilità non può ricavarsi dalla circostanza che le parti abbiano adottato lo schema negoziale del contratto di rete astrattamente previsto dal legislatore ma richiede una verifica concreta del programma comune di rete. Il programma comune diviene, pertanto, un elemento centrale oltre che essenziale del contratto e la sua indeterminatezza rende nullo il contratto ai sensi dell’art.1346 c.c.. Secondo la definizione fornita dal legislatore il programma di rete prevede un’ampia gamma di varianti ammettendo la possibilità di collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle imprese, scambiarsi informazioni o prestazioni oppure esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Molte categorie di accordi di cooperazione rientranti nell’oggetto del contratto di rete hanno contenuti che per diffusione e rilevanza sono oramai tipizzate e disciplinate dal legislatore comunitario che le ha contemplate in regolamenti di esenzione per categoria. In tale quadro normativo è stato necessario verificare altresì la compatibilità del sistema di agevolazione fiscale a favore delle reti di impresa con le norme europee in materia di aiuti di Stato. Il secondo capitolo è dedicato ad un’analisi teoretica degli elementi essenziali, delle caratteristiche della struttura contrattuale e delle principali questioni che caratterizzano la disciplina del contratto di rete, oltre all’indicazione degli aspetti che distinguono la rete da istituti limitrofi come il consorzio e l’a.t.i.. Il nuovo tipo contrattuale di aggregazione tra imprese si configura come contratto plurilaterale con comunione di scopo capace di generarsi con una struttura più organizzata o di limitarsi a regolare i rapporti tra le singole imprese. La flessibilità che caratterizza l’istituto e che si concretizza nella possibilità opzionale di articolare i rapporti tra imprese in modo strutturato, prevedendo un’organizzazione stabile e un patrimonio separati da quelli delle rispettive imprese, ha suscitato in dottrina molte perplessità circa l’individuazione della disciplina applicabile e la definizione della natura del fenomeno. Le ambiguità maggiori che la normativa presenta sono nella forma più evoluta e strutturata di rete, senza l’opzione della soggettività giuridica. L’attribuzione della soggettività giuridica tramite l’adempimento dell’onere pubblicitario rappresenta un unicum nell’ordinamento italiano che riconosce, se previsto, la diversa figura della personalità giuridica ma ha lasciato a dottrina e giurisprudenza la descrizione, caso per caso, del differente concetto di soggetto giuridico distinto dai partecipanti. La terza parte del lavoro è dedicata all’analisi comparatistica tra il contratto di rete e il network contract utilizzato in Inghilterra come accordo di cooperazione tra imprese. La dottrina inglese solleva i medesimi dubbi interpretativi mersi per il contratto di rete in quanto anche nel sistema inglese il fenomeno non trova una facile concettualizzazione né tra le associazioni con fini di lucro né nel diritto dei contratti. Nel sistema di common law non emerge nessuna regolamentazione del fenomeno del network contract come unità economica prima che giuridica e, di conseguenza, si presentano difficoltà nella individuazione della disciplina applicabile, le cui soluzioni, anche se raggiunte con percorsi diversi, spesso sono simili a quelle offerte per la disciplina italiana. Il sistema inglese non conosce la figura del contratto plurilaterale con comunione di scopo e permette la configurazione del network attraverso una serie di contratti bilaterali collegati in sistema e interdipendenti. Ciò mette in luce la prima differenza strutturale tra il contratto di rete e il network contract. Seguendo tale ricostruzione emerge però la difficoltà di collegare l’interesse degli altri operatori aggregati in network all’adempimento delle prestazioni da parte delle altre imprese non direttamente impegnate con un contratto bilaterale. La tutela dell’interesse di ogni singolo contraente all’adempimento delle prestazioni da parte delle altre imprese è offerta attraverso la figura del contratto a favore del terzo oppure tramite lo schema del contratto di agenzia. La riforma introdotta con il Rights for third parties (Contract Act 1999) permette ora di valicare il principio di privity of contract, che rappresenta, nel sistema inglese, il principio di relatività degli effetti del contratto espresso nel nostro art. 1372 c.c. e concede ora azione al terzo beneficiario al fine di ottenere l’esecuzione della prestazione convenuta da altri in suo favore. In una diversa prospettiva, la medesima tutela può offrirsi utilizzando lo schema del contratto di agenzia attraverso il quale ogni membro del network implicitamente conferisce agli altri soggetti un potere di rappresentanza a concludere i singoli contratti collegati. L’ordinamento inglese, a differenza di quello italiano per la rete, stenta a riconoscere il network come un soggetto distinto dalle imprese aggregate. Tale conclusione è dovuta agli ostacoli che ha riscontrato nel sistema inglese la teoria dei contratti connessi elaborata da Teubner attraverso la quale è possibile regolare il rapporto tra soggetti indipendenti ma, allo stesso tempo, interdipendenti che prevede lo scambio di prestazioni e la formazione di un’organizzazione stabile, considerando l’aggregazione come entità separata. Il sistema inglese non accoglie, però, tale ricostruzione perché esclude che singoli contratti bilaterali, ancorchè collegati, possano creare un autonomo soggetto distinto. D’altra parte emergono i limiti di una ricostruzione del fenomeno tramite la figura del contratto a favore del terzo che può estendere la tutela verso i singoli membri ma non verso l’intero gruppo, né verso i terzi contraenti. Emergono, pertanto, i medesimi dubbi riscontrati dalla dottrina italiana con riguardo al riconoscimento della soggettività giuridica considerata l’importanza di riconoscere un interesse collettivo distinto che permetta di applicare il dovere generale di buona fede comunemente associato al diritto dei contratti. Si espone, altresì, attraverso alcune sentenze, come l’evoluzione della giurisprudenza inglese inizia ad accogliere all’interno delle regole del contract law l’idea del network contract.

Contratto di rete e network contract

MOSCATELLI, VALERIO
2017-01-01

Abstract

Lo studio affronta un’analisi sistematica e comparatistica dell’istituto del contratto di rete con il network contract inglese. Il contratto di rete è stato introdotto nell’ordinamento giuridico italiano con la legge n.33/2009 al fine di incentivare la cooperazione tra imprese e la competività nel mercato. La ricerca si sviluppa in tre direzioni principali corrispondenti ai primi tre capitoli. Il quarto capitolo è dedicato all’osservazione delle modalità di cooperazione tra imprese nello specifico settore del trasporto marittimo e, in particolare, dei servizi portuali. Le conclusioni sono dedicate alle prospettive di internazionalizzazione dell’istituto auspicate anche dal legislatore italiano. Nell’attuale panorama economico caratterizzato da trasformazioni del sistema produttivo, il contratto di rete permette di regolare la cooperazione tra imprese offrendo una disciplina flessibile capace di adattarsi alle esigenze specifiche delle imprese in rete e alle oscillazioni del mercato. La prima parte del lavoro affronta un’esegesi sistematica della disciplina del contratto di rete con il diritto della concorrenza nazionale ed europeo. Anche se sul piano logico la cooperazione si contrappone alla competizione, gli accordi di cooperazione, tra i quali rientra il contratto di rete, sono in genere considerati compatibili con il diritto della concorrenza. Solo qualora l’intesa incide negativamente sulla concorrenza deve considerarsi applicabile il divieto espresso dall’art. 101 TFUE e considerare il contratto affetto da nullità. Tale compatibilità non può ricavarsi dalla circostanza che le parti abbiano adottato lo schema negoziale del contratto di rete astrattamente previsto dal legislatore ma richiede una verifica concreta del programma comune di rete. Il programma comune diviene, pertanto, un elemento centrale oltre che essenziale del contratto e la sua indeterminatezza rende nullo il contratto ai sensi dell’art.1346 c.c.. Secondo la definizione fornita dal legislatore il programma di rete prevede un’ampia gamma di varianti ammettendo la possibilità di collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all’esercizio delle imprese, scambiarsi informazioni o prestazioni oppure esercitare in comune una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa. Molte categorie di accordi di cooperazione rientranti nell’oggetto del contratto di rete hanno contenuti che per diffusione e rilevanza sono oramai tipizzate e disciplinate dal legislatore comunitario che le ha contemplate in regolamenti di esenzione per categoria. In tale quadro normativo è stato necessario verificare altresì la compatibilità del sistema di agevolazione fiscale a favore delle reti di impresa con le norme europee in materia di aiuti di Stato. Il secondo capitolo è dedicato ad un’analisi teoretica degli elementi essenziali, delle caratteristiche della struttura contrattuale e delle principali questioni che caratterizzano la disciplina del contratto di rete, oltre all’indicazione degli aspetti che distinguono la rete da istituti limitrofi come il consorzio e l’a.t.i.. Il nuovo tipo contrattuale di aggregazione tra imprese si configura come contratto plurilaterale con comunione di scopo capace di generarsi con una struttura più organizzata o di limitarsi a regolare i rapporti tra le singole imprese. La flessibilità che caratterizza l’istituto e che si concretizza nella possibilità opzionale di articolare i rapporti tra imprese in modo strutturato, prevedendo un’organizzazione stabile e un patrimonio separati da quelli delle rispettive imprese, ha suscitato in dottrina molte perplessità circa l’individuazione della disciplina applicabile e la definizione della natura del fenomeno. Le ambiguità maggiori che la normativa presenta sono nella forma più evoluta e strutturata di rete, senza l’opzione della soggettività giuridica. L’attribuzione della soggettività giuridica tramite l’adempimento dell’onere pubblicitario rappresenta un unicum nell’ordinamento italiano che riconosce, se previsto, la diversa figura della personalità giuridica ma ha lasciato a dottrina e giurisprudenza la descrizione, caso per caso, del differente concetto di soggetto giuridico distinto dai partecipanti. La terza parte del lavoro è dedicata all’analisi comparatistica tra il contratto di rete e il network contract utilizzato in Inghilterra come accordo di cooperazione tra imprese. La dottrina inglese solleva i medesimi dubbi interpretativi mersi per il contratto di rete in quanto anche nel sistema inglese il fenomeno non trova una facile concettualizzazione né tra le associazioni con fini di lucro né nel diritto dei contratti. Nel sistema di common law non emerge nessuna regolamentazione del fenomeno del network contract come unità economica prima che giuridica e, di conseguenza, si presentano difficoltà nella individuazione della disciplina applicabile, le cui soluzioni, anche se raggiunte con percorsi diversi, spesso sono simili a quelle offerte per la disciplina italiana. Il sistema inglese non conosce la figura del contratto plurilaterale con comunione di scopo e permette la configurazione del network attraverso una serie di contratti bilaterali collegati in sistema e interdipendenti. Ciò mette in luce la prima differenza strutturale tra il contratto di rete e il network contract. Seguendo tale ricostruzione emerge però la difficoltà di collegare l’interesse degli altri operatori aggregati in network all’adempimento delle prestazioni da parte delle altre imprese non direttamente impegnate con un contratto bilaterale. La tutela dell’interesse di ogni singolo contraente all’adempimento delle prestazioni da parte delle altre imprese è offerta attraverso la figura del contratto a favore del terzo oppure tramite lo schema del contratto di agenzia. La riforma introdotta con il Rights for third parties (Contract Act 1999) permette ora di valicare il principio di privity of contract, che rappresenta, nel sistema inglese, il principio di relatività degli effetti del contratto espresso nel nostro art. 1372 c.c. e concede ora azione al terzo beneficiario al fine di ottenere l’esecuzione della prestazione convenuta da altri in suo favore. In una diversa prospettiva, la medesima tutela può offrirsi utilizzando lo schema del contratto di agenzia attraverso il quale ogni membro del network implicitamente conferisce agli altri soggetti un potere di rappresentanza a concludere i singoli contratti collegati. L’ordinamento inglese, a differenza di quello italiano per la rete, stenta a riconoscere il network come un soggetto distinto dalle imprese aggregate. Tale conclusione è dovuta agli ostacoli che ha riscontrato nel sistema inglese la teoria dei contratti connessi elaborata da Teubner attraverso la quale è possibile regolare il rapporto tra soggetti indipendenti ma, allo stesso tempo, interdipendenti che prevede lo scambio di prestazioni e la formazione di un’organizzazione stabile, considerando l’aggregazione come entità separata. Il sistema inglese non accoglie, però, tale ricostruzione perché esclude che singoli contratti bilaterali, ancorchè collegati, possano creare un autonomo soggetto distinto. D’altra parte emergono i limiti di una ricostruzione del fenomeno tramite la figura del contratto a favore del terzo che può estendere la tutela verso i singoli membri ma non verso l’intero gruppo, né verso i terzi contraenti. Emergono, pertanto, i medesimi dubbi riscontrati dalla dottrina italiana con riguardo al riconoscimento della soggettività giuridica considerata l’importanza di riconoscere un interesse collettivo distinto che permetta di applicare il dovere generale di buona fede comunemente associato al diritto dei contratti. Si espone, altresì, attraverso alcune sentenze, come l’evoluzione della giurisprudenza inglese inizia ad accogliere all’interno delle regole del contract law l’idea del network contract.
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Descrizione: TESI DI DOTTORATO
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11393/239958
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