Il tema della laicità dello Stato si fa strada in Occidente a seguito del processo di secolarizzazione che attraversa l’Europa a partire dalle guerre di religione, che si sono concluse con la pace di Westfalia (1648) ed a cui è seguita la nascita di Stati non confessionali. Agli inizi dell’epoca moderna, emerge però una tendenza nel pensiero teologico e filosofico a vedere nella potenza non solo uno degli elementi del divino, ma l’elemento primario e qualificante, da cui far discendere tutti gli altri (scienza, bontà, giustizia, ...). In ambito giuridico e politico questa tendenza si mostra con il tentativo di porre nella potenza la fonte primaria di ogni qualificazione giuridica e legittimazione politica. In tale ambito l’identificazione di potere e potenza sembra la sola in grado di produrre l’unità, mediante soggezione e sottomissione, di una molteplicità altrimenti caotica d’individui. La Arendt sottolinea l’ampiezza di tale tendenza e la collega ad una concezione in cui potere, autorità, politica, diritto, potenza, forza, violenza non sarebbero altro che variazioni sull’unico tema della relazione dominante. In contrasto con tale diffusa tendenza, la Arendt marca con nettezza la distinzione tra potere e potenza, vedendo nel primo un fenomeno tipicamente relazionale, che deriva dal coagulo concordato e consensuale della molteplice capacità di azione degli uomini; mentre valuta il secondo (la potenza) come un fenomeno inerente solo ad un’entità individuale, senza alcuna genesi relazionale.

Oltre il dominio

TORRESETTI, Giorgio
2015-01-01

Abstract

Il tema della laicità dello Stato si fa strada in Occidente a seguito del processo di secolarizzazione che attraversa l’Europa a partire dalle guerre di religione, che si sono concluse con la pace di Westfalia (1648) ed a cui è seguita la nascita di Stati non confessionali. Agli inizi dell’epoca moderna, emerge però una tendenza nel pensiero teologico e filosofico a vedere nella potenza non solo uno degli elementi del divino, ma l’elemento primario e qualificante, da cui far discendere tutti gli altri (scienza, bontà, giustizia, ...). In ambito giuridico e politico questa tendenza si mostra con il tentativo di porre nella potenza la fonte primaria di ogni qualificazione giuridica e legittimazione politica. In tale ambito l’identificazione di potere e potenza sembra la sola in grado di produrre l’unità, mediante soggezione e sottomissione, di una molteplicità altrimenti caotica d’individui. La Arendt sottolinea l’ampiezza di tale tendenza e la collega ad una concezione in cui potere, autorità, politica, diritto, potenza, forza, violenza non sarebbero altro che variazioni sull’unico tema della relazione dominante. In contrasto con tale diffusa tendenza, la Arendt marca con nettezza la distinzione tra potere e potenza, vedendo nel primo un fenomeno tipicamente relazionale, che deriva dal coagulo concordato e consensuale della molteplice capacità di azione degli uomini; mentre valuta il secondo (la potenza) come un fenomeno inerente solo ad un’entità individuale, senza alcuna genesi relazionale.
2015
9788834867488
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