La mia ricerca si concentra su una delle figure femminili più significative del Rinascimento italiano, Isabella d'Este. Negli anni trascorsi alla corte di Mantova (1490-1539) come consorte del Marchese Francesco Gonzaga prima, poi come reggente dello Stato per il figlio Federico, e infine come Marchesa madre, la nobildonna ha intrattenuto amicizie con letterati e artisti e rapporti diplomatici e di potere con sovrani europei, imperatori, principi e signori delle Corti italiane. L'intricata rete di relazioni è possibile oggi, per gli studiosi di varie discipline, rileggerla alla luce del suo fittissimo epistolario, uno dei più importanti sia per quantità sia per qualità del Rinascimento (e non solo). A conservare e a salvaguardare questa miniera di tesori è l'Archivio di Stato di Mantova. La serie F.II.9 dell'imponente Archivio Gonzaga (che raccoglie testimonianze e documenti sulla famiglia dal Trecento fino al Settecento) comprende tutti i 'copialettere' della casata gonzaghesca, cioè libri redatti da un funzionario di segreteria che curava la registrazione delle missive inviate (in particolare dal XV secolo in avanti). Ben 53 sono i copialettere particolari riservati alla Marchesa, divisi in 10 buste (da 2991 a 3000). Il lavoro svolto negli anni del dottorato si è concentrato su due filoni, uno linguistico, l'altro archivistico. I due campi di interesse possono essere letti in modo autonomo, ma anche intrecciarsi tra loro per offrire una prospettiva più ampia (anche dal punto di vista metodologico) sui possibili cantieri di ricerca che l'epistolario stesso offre agli studiosi. Sintassi La scrittura epistolare in area padana tra Quattro e Cinquecento è stata oggetto di indagine linguistica a partire dagli anni Sessanta. Fondamentali restano le analisi di Angelo Stella su Ariosto, di Domizia Trolli su Niccolò da Correggio e di Massimo Prada su Pietro Bembo. Si regista, però in questi studi una lacuna sulla sintassi, colmata solo in anni più recenti a partire dai contributi di Paolo d'Achille sul parlato e di Massimo Palermo sul Carteggio Vaianese. Quest'ultimi sono stati i modelli principali per l'analisi di alcuni fenomeni nell'epistolario isabelliano. Ampio spazio è stato dedicato alle strategie pragmatico-sintattiche più ricorrenti nella scrittura epistolare: dislocazioni, tematizzazioni, usi della particella che come pronome e congiunzione. La dislocazione (sia a sinistra, sia a destra) si presenta nel corpus preso come campione (512 lettere) con un buon numero di occorrenze ed è soluzione testuale più che stilistica. I contesti sono stati analizzati, seguendo i criteri precedentemente adottati da D'Achille e da Palermo. Si sono così considerati la funzione sintattica dell'elemento dislocato (oggetto diretto, oggetto indiretto), il tipo di ripresa pronominale e la natura morfologica dell'elemento dislocato (sintagma nominale, pronome, frase). Diffusi i casi di messa in rilievo ottenuta semplicemente con lo spostamento dei costituenti. Sequenza tipica della scrittura cancelleresca e diplomatica (e frequentissima nell'epistolario) è l'anteposizione del complemento d'argomento estratto tramite le locuzioni preposizionali circa, quanto, di. È notevole nell'epistolario l'utilizzo del gerundio in posizione iniziale rispetto alla frase matrice. Funge così da premessa, evidenziando le circostanze e le situazioni, con valore semantico causale e temporale. Anche le costruzioni assolute al participio passato sono particolarmente ricorrenti. Spesso riassumono l'antefatto della predicazione principale o garantiscono la coesione testuale, collegando la linea referenziale dell'enunciato alla porzione di testo precedente. Uno dei tratti linguistici più caratterizzanti l'italiano parlato e popolare rispetto allo scritto è il cosiddetto "che polivalente", utilizzato sia con valore di pronome relativo indeclinato sia come congiunzione subordinatrice generica. Tenuto conto che la lettera, come tipologia testuale, rappresenta uno degli esempi più evidenti della lingua dell'uso e della comunicazione orale filtrata attraverso la scrittura (con le sue formule e con le sue norme stilistiche), numerose sono le occorrenze di "che relativo" (più di 800 esempi), alle quali vanno aggiunti i casi di coniunctio relativa e di "che incapsulatore". Costrutto largamente diffuso nella prosa cancelleresca e documentaria, ma alquanto limitato nell'epistolario rispetto ad altre tipologie testuali, è l'omissione di che (analizzato in riferimento alla funzione svolta dall'antecedente). Non risulta molto attestato anche l'impiego di cui come relativizzatore obliquo (usato perlopiù in chiusura di periodo e in frasi formulari di congedo). La congiunzione che in funzione subordinante, data la sua sinteticità, introduce costrutti semanticamente poco definiti. In presenza del congiuntivo assume valore finale, così come in presenza di verbi semanticamente connotati ad esprimere lo scopo, come i volitivi, i richiestivi e gli esercitivi. Nell'epistolario isabelliano, e già nell'italiano antico, particolarmente diffuse sono le forme esplicite di proposizioni completivo-finali. A rafforzare l'intensità del verbo ricorrono ampiamente avverbi, sintagmi retti da preposizioni In alcuni casi si creano fenomeni di accumulo, rafforzati da avverbi superlativi. La particella che è usata ampiamente anche per introdurre proposizioni causali, fin dalle origini è il connettivo più usato dopo perché. Infine tra i tratti caratteristici della scrittura spontanea si segnala l'uso di che dopo una congiunzione o un avverbio con funzione di marca subordinatrice. Le occorrenze sono state distinte in base al valore sintattico e a loro volta si sono segnalati gli elementi giuntivi più ricorrenti. Inventario Il secondo campo di indagine, quello archivistico, è finalizzato alla creazione di un inventario completo delle lettere di Isabella d'Este. Il lavoro ha portato a conoscenza di oltre 15.500 lettere conservate nelle buste 2991-3000 dell'Archivio Gonzaga. L'inventario diventa uno strumento imprescindibile di consultazione per rendere accessibili le fonti documentarie non solo agli storici della letteratura, ma anche agli studiosi del campo artistico e storico tout court. Sarà così possibile, avendo le segnature per ciascuna lettera, poter accedere più facilmente alla ricerca di materiali conservati nell'archivio, superando così le non poche difficoltà offerte dai pur pregevoli studi, nell'ambito della Scuola Storica, di Luzio e di Renier, che spesso hanno non solo omesso le informazioni archivistiche necessarie per un raffronto diretto con l'originale, ma anche prodotto trascrizioni del tutto arbitrarie che non tengono conto della patina linguistica padana tra Quattro e Cinquecento prima della riforma bembiana. L'inventario prodotto vuole essere anche il primo passo per un lavoro molto più impegnativo: la trascrizione integrale del corpus epistolare. Il progetto IDEA (Isabella d'Este Archive), inaugurato nel 2013 con la realizzazione di una piattaforma digitale che presenta lettere e documenti della Marchesa conservati nell'Archivio di Stato di Mantova, si è posto anche questo obbiettivo: attraverso un gruppo di ricercatori formato da linguisti, filologici e archivisti si vuole rendere noto e leggibile l'epistolario isabelliano agli studiosi di tutto il mondo.

My research focuses on one of the most significant female figures of the Italian Renaissance, Isabella d'Este. During the years she spent at the court of Mantua (1490-1539), at the beginning as wife of the Marquis Francesco Gonzaga, then acting as regent of the State for her son Federico, and finally as "Marchesa madre", the noblewoman entertained friendships with writers and artists. Nevertheless, she held diplomatic relations with European monarchs, emperors, princes and lords of the Italian Courts. These relationships can now be reread in a new light, thanks to her dense collection of letters, one of the most important of the Renaissance both in terms of quantity and quality. The "Archivio di Stato di Mantova" preserves and safeguards this treasure. The "serie F.II.9" of the "Archivio Gonzaga" includes all the "copialettere" of the Gonzaga family. These are books written by an official secretary who supervised the recording of the missives that the members of the family sent to many recipients, especially since the fifteenth century. The "copialettere" reserved to Isabella’s letters are 53, and they are divided into 10 "buste" (from 2991 to 3000). The work I have done during my PhD can be divided into two parts: on the one hand it has been investigated the linguistic aspects of these documents, on the other hand the archival side. These two areas of interest can be read independently, but they can also be connected, in order to provide a broader perspective on the possible research fields that the correspondence itself offers. Syntax Important linguistic studies on letters from the fifteenth and sixteenth century have been published since the Sixties. Still fundamental are the works of Angelo Stella on Ariosto, Domizia Trolli on Niccolò da Correggio and Massimo Prada on Pietro Bembo. However, these studies do not focus on syntax, and this gap have been filled only recently, thanks to the contributions of Paolo D'Achille on the oral speech and of Massimo Palermo on the Carteggio Vaianese. These studies are the main models for the analysis of certain linguistic peculiarities of Isabella's correspondence. Ample space was dedicated to the most common syntactic and pragmatic strategies in epistolary writing: dislocations, focalizations and use of the particle "che" as pronoun and conjunction. Both right and left dislocation are presented in the corpus with a good number of occurrences; this solution is related to the textuality, and it does not belong to Isabella’s writing style. The contexts were analyzed following the standards previously used by D'Achille and Palermo. In order to put in relief one element of the sentence, it is often sufficient to move a single phrase. In the correspondence, it is also remarkable the use of the gerund, which proceeds the matrix clause. This structure is a premise that highlights the circumstances and the situations; additionally it denotes a mixture of causal and temporal semantic value. The use of absolute constructions with the past participle is particularly recurring and it is functional to summarize the informational background or to guarantee the textual cohesion. The structure named "Che polivalente" is very important, and the particle "che" is used as a relative pronoun as well as a generic conjunction. The omission of "che" is a construction rather limited in these letters. The use of "cui" as relative pronoun is also not very attested. It is hard to recognize the semantic value of a subordinate clause introduced by "che", because of the brevity of this conjunction. The final value is certainly assumed when the verb is a subjunctive, as well as in presence of verbs semantically connoted to express purposes. Nonetheless, "che" is also widely used to introduce causal propositions. Finally, "che" is attested after conjunctions or adverbs and it works as a subordinating mark; this is one of the characteristic features of a spontaneous writing. Inventory The aim of the archival research, which is the second field of investigation of my thesis, is the creation of a complete inventory of the letters of Isabella d'Este. More than 15,500 letters preserved in the "Archivio Gonzaga" (buste 2991-3000) have been recorded in this inventory. The census is necessary to make these documents accessible not only for researchers who study the history of the Italian literature, but also for scholars of arts, history and humanities in general. So, the archival signature put on each letter makes easier the retrieval of the documents, overcoming many difficulties offered by the works of Luzio and Renier. These two scholars, according to their times, did not report in their studies the archival information and this omission enabled the chance to find easily the documents and to compare the transcriptions (which was often very arbitrary) with the autographs. The inventory is also the first step in order to face a much more demanding task: the full transcription of the epistolary corpus. The IDEA project (Isabella d'Este Archive), born in 2013 with the creation of a digital platform that presents letters and documents preserved in the "Archivio Gonzaga", has also set an ambitious goal: make Isabella's letters known to scholars around the world.

Tra le carte della Marchesa. Inventario delle lettere di Isabella d'Este, con un'analisi testuale e sintattica / Basora, Matteo. - ELETTRONICO. - (2017).

Tra le carte della Marchesa. Inventario delle lettere di Isabella d'Este, con un'analisi testuale e sintattica

BASORA, MATTEO
2017-01-01

Abstract

My research focuses on one of the most significant female figures of the Italian Renaissance, Isabella d'Este. During the years she spent at the court of Mantua (1490-1539), at the beginning as wife of the Marquis Francesco Gonzaga, then acting as regent of the State for her son Federico, and finally as "Marchesa madre", the noblewoman entertained friendships with writers and artists. Nevertheless, she held diplomatic relations with European monarchs, emperors, princes and lords of the Italian Courts. These relationships can now be reread in a new light, thanks to her dense collection of letters, one of the most important of the Renaissance both in terms of quantity and quality. The "Archivio di Stato di Mantova" preserves and safeguards this treasure. The "serie F.II.9" of the "Archivio Gonzaga" includes all the "copialettere" of the Gonzaga family. These are books written by an official secretary who supervised the recording of the missives that the members of the family sent to many recipients, especially since the fifteenth century. The "copialettere" reserved to Isabella’s letters are 53, and they are divided into 10 "buste" (from 2991 to 3000). The work I have done during my PhD can be divided into two parts: on the one hand it has been investigated the linguistic aspects of these documents, on the other hand the archival side. These two areas of interest can be read independently, but they can also be connected, in order to provide a broader perspective on the possible research fields that the correspondence itself offers. Syntax Important linguistic studies on letters from the fifteenth and sixteenth century have been published since the Sixties. Still fundamental are the works of Angelo Stella on Ariosto, Domizia Trolli on Niccolò da Correggio and Massimo Prada on Pietro Bembo. However, these studies do not focus on syntax, and this gap have been filled only recently, thanks to the contributions of Paolo D'Achille on the oral speech and of Massimo Palermo on the Carteggio Vaianese. These studies are the main models for the analysis of certain linguistic peculiarities of Isabella's correspondence. Ample space was dedicated to the most common syntactic and pragmatic strategies in epistolary writing: dislocations, focalizations and use of the particle "che" as pronoun and conjunction. Both right and left dislocation are presented in the corpus with a good number of occurrences; this solution is related to the textuality, and it does not belong to Isabella’s writing style. The contexts were analyzed following the standards previously used by D'Achille and Palermo. In order to put in relief one element of the sentence, it is often sufficient to move a single phrase. In the correspondence, it is also remarkable the use of the gerund, which proceeds the matrix clause. This structure is a premise that highlights the circumstances and the situations; additionally it denotes a mixture of causal and temporal semantic value. The use of absolute constructions with the past participle is particularly recurring and it is functional to summarize the informational background or to guarantee the textual cohesion. The structure named "Che polivalente" is very important, and the particle "che" is used as a relative pronoun as well as a generic conjunction. The omission of "che" is a construction rather limited in these letters. The use of "cui" as relative pronoun is also not very attested. It is hard to recognize the semantic value of a subordinate clause introduced by "che", because of the brevity of this conjunction. The final value is certainly assumed when the verb is a subjunctive, as well as in presence of verbs semantically connoted to express purposes. Nonetheless, "che" is also widely used to introduce causal propositions. Finally, "che" is attested after conjunctions or adverbs and it works as a subordinating mark; this is one of the characteristic features of a spontaneous writing. Inventory The aim of the archival research, which is the second field of investigation of my thesis, is the creation of a complete inventory of the letters of Isabella d'Este. More than 15,500 letters preserved in the "Archivio Gonzaga" (buste 2991-3000) have been recorded in this inventory. The census is necessary to make these documents accessible not only for researchers who study the history of the Italian literature, but also for scholars of arts, history and humanities in general. So, the archival signature put on each letter makes easier the retrieval of the documents, overcoming many difficulties offered by the works of Luzio and Renier. These two scholars, according to their times, did not report in their studies the archival information and this omission enabled the chance to find easily the documents and to compare the transcriptions (which was often very arbitrary) with the autographs. The inventory is also the first step in order to face a much more demanding task: the full transcription of the epistolary corpus. The IDEA project (Isabella d'Este Archive), born in 2013 with the creation of a digital platform that presents letters and documents preserved in the "Archivio Gonzaga", has also set an ambitious goal: make Isabella's letters known to scholars around the world.
2017
28
SLLFSA
La mia ricerca si concentra su una delle figure femminili più significative del Rinascimento italiano, Isabella d'Este. Negli anni trascorsi alla corte di Mantova (1490-1539) come consorte del Marchese Francesco Gonzaga prima, poi come reggente dello Stato per il figlio Federico, e infine come Marchesa madre, la nobildonna ha intrattenuto amicizie con letterati e artisti e rapporti diplomatici e di potere con sovrani europei, imperatori, principi e signori delle Corti italiane. L'intricata rete di relazioni è possibile oggi, per gli studiosi di varie discipline, rileggerla alla luce del suo fittissimo epistolario, uno dei più importanti sia per quantità sia per qualità del Rinascimento (e non solo). A conservare e a salvaguardare questa miniera di tesori è l'Archivio di Stato di Mantova. La serie F.II.9 dell'imponente Archivio Gonzaga (che raccoglie testimonianze e documenti sulla famiglia dal Trecento fino al Settecento) comprende tutti i 'copialettere' della casata gonzaghesca, cioè libri redatti da un funzionario di segreteria che curava la registrazione delle missive inviate (in particolare dal XV secolo in avanti). Ben 53 sono i copialettere particolari riservati alla Marchesa, divisi in 10 buste (da 2991 a 3000). Il lavoro svolto negli anni del dottorato si è concentrato su due filoni, uno linguistico, l'altro archivistico. I due campi di interesse possono essere letti in modo autonomo, ma anche intrecciarsi tra loro per offrire una prospettiva più ampia (anche dal punto di vista metodologico) sui possibili cantieri di ricerca che l'epistolario stesso offre agli studiosi. Sintassi La scrittura epistolare in area padana tra Quattro e Cinquecento è stata oggetto di indagine linguistica a partire dagli anni Sessanta. Fondamentali restano le analisi di Angelo Stella su Ariosto, di Domizia Trolli su Niccolò da Correggio e di Massimo Prada su Pietro Bembo. Si regista, però in questi studi una lacuna sulla sintassi, colmata solo in anni più recenti a partire dai contributi di Paolo d'Achille sul parlato e di Massimo Palermo sul Carteggio Vaianese. Quest'ultimi sono stati i modelli principali per l'analisi di alcuni fenomeni nell'epistolario isabelliano. Ampio spazio è stato dedicato alle strategie pragmatico-sintattiche più ricorrenti nella scrittura epistolare: dislocazioni, tematizzazioni, usi della particella che come pronome e congiunzione. La dislocazione (sia a sinistra, sia a destra) si presenta nel corpus preso come campione (512 lettere) con un buon numero di occorrenze ed è soluzione testuale più che stilistica. I contesti sono stati analizzati, seguendo i criteri precedentemente adottati da D'Achille e da Palermo. Si sono così considerati la funzione sintattica dell'elemento dislocato (oggetto diretto, oggetto indiretto), il tipo di ripresa pronominale e la natura morfologica dell'elemento dislocato (sintagma nominale, pronome, frase). Diffusi i casi di messa in rilievo ottenuta semplicemente con lo spostamento dei costituenti. Sequenza tipica della scrittura cancelleresca e diplomatica (e frequentissima nell'epistolario) è l'anteposizione del complemento d'argomento estratto tramite le locuzioni preposizionali circa, quanto, di. È notevole nell'epistolario l'utilizzo del gerundio in posizione iniziale rispetto alla frase matrice. Funge così da premessa, evidenziando le circostanze e le situazioni, con valore semantico causale e temporale. Anche le costruzioni assolute al participio passato sono particolarmente ricorrenti. Spesso riassumono l'antefatto della predicazione principale o garantiscono la coesione testuale, collegando la linea referenziale dell'enunciato alla porzione di testo precedente. Uno dei tratti linguistici più caratterizzanti l'italiano parlato e popolare rispetto allo scritto è il cosiddetto "che polivalente", utilizzato sia con valore di pronome relativo indeclinato sia come congiunzione subordinatrice generica. Tenuto conto che la lettera, come tipologia testuale, rappresenta uno degli esempi più evidenti della lingua dell'uso e della comunicazione orale filtrata attraverso la scrittura (con le sue formule e con le sue norme stilistiche), numerose sono le occorrenze di "che relativo" (più di 800 esempi), alle quali vanno aggiunti i casi di coniunctio relativa e di "che incapsulatore". Costrutto largamente diffuso nella prosa cancelleresca e documentaria, ma alquanto limitato nell'epistolario rispetto ad altre tipologie testuali, è l'omissione di che (analizzato in riferimento alla funzione svolta dall'antecedente). Non risulta molto attestato anche l'impiego di cui come relativizzatore obliquo (usato perlopiù in chiusura di periodo e in frasi formulari di congedo). La congiunzione che in funzione subordinante, data la sua sinteticità, introduce costrutti semanticamente poco definiti. In presenza del congiuntivo assume valore finale, così come in presenza di verbi semanticamente connotati ad esprimere lo scopo, come i volitivi, i richiestivi e gli esercitivi. Nell'epistolario isabelliano, e già nell'italiano antico, particolarmente diffuse sono le forme esplicite di proposizioni completivo-finali. A rafforzare l'intensità del verbo ricorrono ampiamente avverbi, sintagmi retti da preposizioni In alcuni casi si creano fenomeni di accumulo, rafforzati da avverbi superlativi. La particella che è usata ampiamente anche per introdurre proposizioni causali, fin dalle origini è il connettivo più usato dopo perché. Infine tra i tratti caratteristici della scrittura spontanea si segnala l'uso di che dopo una congiunzione o un avverbio con funzione di marca subordinatrice. Le occorrenze sono state distinte in base al valore sintattico e a loro volta si sono segnalati gli elementi giuntivi più ricorrenti. Inventario Il secondo campo di indagine, quello archivistico, è finalizzato alla creazione di un inventario completo delle lettere di Isabella d'Este. Il lavoro ha portato a conoscenza di oltre 15.500 lettere conservate nelle buste 2991-3000 dell'Archivio Gonzaga. L'inventario diventa uno strumento imprescindibile di consultazione per rendere accessibili le fonti documentarie non solo agli storici della letteratura, ma anche agli studiosi del campo artistico e storico tout court. Sarà così possibile, avendo le segnature per ciascuna lettera, poter accedere più facilmente alla ricerca di materiali conservati nell'archivio, superando così le non poche difficoltà offerte dai pur pregevoli studi, nell'ambito della Scuola Storica, di Luzio e di Renier, che spesso hanno non solo omesso le informazioni archivistiche necessarie per un raffronto diretto con l'originale, ma anche prodotto trascrizioni del tutto arbitrarie che non tengono conto della patina linguistica padana tra Quattro e Cinquecento prima della riforma bembiana. L'inventario prodotto vuole essere anche il primo passo per un lavoro molto più impegnativo: la trascrizione integrale del corpus epistolare. Il progetto IDEA (Isabella d'Este Archive), inaugurato nel 2013 con la realizzazione di una piattaforma digitale che presenta lettere e documenti della Marchesa conservati nell'Archivio di Stato di Mantova, si è posto anche questo obbiettivo: attraverso un gruppo di ricercatori formato da linguisti, filologici e archivisti si vuole rendere noto e leggibile l'epistolario isabelliano agli studiosi di tutto il mondo.
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