Lo smeraldo di Mario Soldati può essere appieno inserito in quell'atmosfera di grande sera del mondo, cui fa riferimento Bruno Pischedda in relazione alla letteratura italiana degli anni Settanta, la quale reagisce con una cultura apocalittica e un anticapitalismo romantico alla repulsione del moderno. La sfera distopica del romanzo è interpretabile tramite la categoria della lontananza attuata per mezzo dell'espediente del sogno. Il senso della fine è relegato nella dimensione onirica come passaggio necessario per la ricomposizione dell'io. Il lavoro di ricerca è incentrato sullo studio delle fonti principali del romanzo in seno all'individuazione della matrice epico-avventurosa quale componente sostanziale dell'opera: gli autori coinvolti sono Ariosto e Stevenson, che lo scrittore cita direttamente e indirettamente nel corso dell'opera quali modelli ben presenti e prolifici nel proprio immaginario di sempre. In merito alla componente del mistero i modelli indagati sono quelli di Faust e Don Giovanni, quali miti moderni del desiderio nella sua duplice ascendenza verso il sapere e verso il piacere. Viene presa altresì in considerazione la memoria interna dell'autore, vale a dire l'influenza esercitata ne Lo smeraldo dalle opere precedenti dello stesso Soldati, individuando il romanzo in questione come una summa delle esperienze biografiche e letterarie dello scrittore. Importante è stata la consultazione del materiale archivistico conservato presso l'archivio Soldati del centro Apice di Milano. In particolare è stata presa in esame, e in parte inserita in appendice alla presente tesi, la sceneggiatura inedita de Il diavolo in bottiglia, tratta dall'omonimo racconto di Stevenson, in quanto alcuni elementi, messi in relazione con Lo smeraldo, si sono rivelati utili spunti di riflessione sull'opera soldatiana.

Lo smeraldo di Mario Soldati tra surrealismo e distopia

AMADORI, ELISA
2017-01-01

Abstract

Lo smeraldo di Mario Soldati può essere appieno inserito in quell'atmosfera di grande sera del mondo, cui fa riferimento Bruno Pischedda in relazione alla letteratura italiana degli anni Settanta, la quale reagisce con una cultura apocalittica e un anticapitalismo romantico alla repulsione del moderno. La sfera distopica del romanzo è interpretabile tramite la categoria della lontananza attuata per mezzo dell'espediente del sogno. Il senso della fine è relegato nella dimensione onirica come passaggio necessario per la ricomposizione dell'io. Il lavoro di ricerca è incentrato sullo studio delle fonti principali del romanzo in seno all'individuazione della matrice epico-avventurosa quale componente sostanziale dell'opera: gli autori coinvolti sono Ariosto e Stevenson, che lo scrittore cita direttamente e indirettamente nel corso dell'opera quali modelli ben presenti e prolifici nel proprio immaginario di sempre. In merito alla componente del mistero i modelli indagati sono quelli di Faust e Don Giovanni, quali miti moderni del desiderio nella sua duplice ascendenza verso il sapere e verso il piacere. Viene presa altresì in considerazione la memoria interna dell'autore, vale a dire l'influenza esercitata ne Lo smeraldo dalle opere precedenti dello stesso Soldati, individuando il romanzo in questione come una summa delle esperienze biografiche e letterarie dello scrittore. Importante è stata la consultazione del materiale archivistico conservato presso l'archivio Soldati del centro Apice di Milano. In particolare è stata presa in esame, e in parte inserita in appendice alla presente tesi, la sceneggiatura inedita de Il diavolo in bottiglia, tratta dall'omonimo racconto di Stevenson, in quanto alcuni elementi, messi in relazione con Lo smeraldo, si sono rivelati utili spunti di riflessione sull'opera soldatiana.
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