La protezione della natura costituisce da anni un problema affrontato a tutti i livelli istituzionali ed è sempre più determinante nello sviluppo della politica internazionale. Le scelte relative all’ambiente sono divenute importanti questioni di pubblica amministrazione ed hanno portato ad una crescita dell’attenzione verso l’ecosistema, con conseguente inversione di tendenza nelle politiche degli Stati, ormai volte a preservare la natura da un’economia e una popolazione in costante espansione. Il bisogno di garantire il sostentamento ad un numero sempre crescente di individui senza però causare danni all’ecosistema, negli ultimi decenni ha fatto emergere la necessità di conciliare la crescita economica con pratiche che non compromettano irreversibilmente l’ambiente naturale. Da tale esigenza è stato elaborato il concetto di “sviluppo sostenibile”, il quale tenta di combinare gli interessi economici, il benessere sociale e la protezione dell’ambiente, garantendo alle generazioni future di soddisfare i propri bisogni anche attingendo alle risorse naturali. Ad oggi il diritto dell’ambiente, nonostante i molti risultati raggiunti, appare ancora arretrato, soprattutto nella parte che regolamenta l’introduzione sul mercato dei prodotti verdi. Già a partire dall’aspetto definitorio, la necessità di una maggiore offerta di prodotti ecosostenibili si scontra con il rilevante dato che a livello europeo ed internazionale non esiste una nozione di “prodotto verde” e “organizzazione verde” universalmente riconosciuta, limitando in tal maniera il commercio di prodotti tra gli Stati e non favorendo la chiarezza circa le informazioni comunicate ai consumatori. In Europa, questa problematica è stata evidenziata nella Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 9.4.2013 dal titolo “Costruire il mercato unico dei prodotti verdi” [COM(2013) 196 final]. In questo documento la Commissione mette in luce come la mancanza di certezza dal lato definitorio lasci un grande spazio discrezionale nella scelta del metodo scientifico da utilizzare per certificare un prodotto, determinando problemi di comparabilità delle diverse merci. Inoltre, dal punto di vista delle aziende questa indeterminatezza comporta costi aggiuntivi, dato che le stesse devono utilizzare metodologie di certificazioni diverse in base ai paesi in cui decidono di esportare. Lo studio comparatistico è volto ad individuare, in prospettiva de iure condendo, quali azioni dovranno essere poste in essere al fine di realizzare un “mercato comune verde” che consenta alle imprese di essere competitive sul mercato europeo e globale. Ciò allo scopo di portare un contributo alla internazionalizzazione delle imprese, agevolando l’esportazione dei prodotti nello spazio europeo e nei mercati extraeuropei limitandone i costi di produzione. Il metodo utilizzato è quello della comparazione giuridica, in quanto la ricerca è stata sviluppata ponendo attenzione non solo al dato normativo, ma anche a tutti quegli elementi del c.d. paragiuridico che si rilevano di particolare utilità per la comprensione delle regole giuridiche oggetto del presente lavoro. Dallo studio è emerso come i marchi di qualità ecologica di tipo I si dimostrano utili strumenti di mercato per promuovere la prevenzione dell’inquinamento e la sostenibilità dell’economia. Dal momento che ogni programma nazionale o interregionale riflette le diverse sensibilità ambientali, per evitare potenziali barriere commerciali e per facilitare la produzione più sostenibile a livello mondiale, è apparsa la necessità di sviluppare programmi di riconoscimento reciproco e di stabilire criteri base comuni. Nella teoria gli ecolabel garantiscono un grande potenziale circa l’efficacia economica ed ambientale. Affinché ciò possa avvenire è di fondamentale importanza che gli schemi di certificazione ambientale abbiano un elevato grado di credibilità, cosa che invece non si riscontra allo stato dell’arte. Tra gli elementi vulnerabili delle etichette ecologiche rientra anche la mancanza di oggettività nell’individuazione dei criteri. Tale elemento è strettamente collegato alle difficoltà di individuare quali siano gli indicatori da prendere in considerazione per misurare l’efficacia ambientale dei programmi di certificazione. Problemi si riscontrano anche nell’individuazione delle diverse categorie di prodotto, dato che alcuni beni possono trovare adeguato collocamento in differenti classi, considerata la loro capacità di essere destinati a molteplici usi. Limiti si rinvengono poi nella mancanza di indagini circa la domanda di beni certificati e di riconoscimenti per i miglioramenti ambientali dei prodotti, i quali si sono sempre diretti a individuare solo in maniera generica “il” prodotto migliore. Da ultimo, un altro punto debole delle certificazioni ambientali sembra essere il breve periodo di validità delle stesse, non permettendo di ammortizzare gli investimenti posti in essere dalle aziende. Lo studio comparativo di due delle principali certificazioni ambientali di prodotto presenti sul territorio europeo, l’Ecolabel UE e il The Nordic Ecolabel, ha evidenziato come nonostante esse siano molto simili dal punto di vista regolamentare, il processo di armonizzazione tra i diversi ecolabel sia molto lento e ben lontano dalla sua piena realizzazione. Le principali differenze risiedono nella diffusione dei due schemi di certificazione e nelle caratteristiche dei criteri che ognuno assegna ai propri prodotti. L’analisi ha fatto risultare come i parametri utilizzati dal The Nordic Ecolabel siano di gran lunga più rigidi rispetto a quelli impiegati nell’Ecolabel UE, così come le politiche d’informazione relative al marchio nordico si dimostrano più incisive e sviluppate. Quello che si auspica è l’attuazione di un processo volto all’armonizzazione dei criteri e delle strategie relative al marketing. Solo attraverso un lavoro sinergico volto a far conoscere la simmetria delle certificazioni ambientali di prodotto sostenute dalle diverse Istituzioni sarà possibile la realizzazione di un mercato realmente attento alle esigenze dell’ambiente, in cui le diverse certificazioni già presenti abbiano caratteristiche tali per cui possano essere considerate equivalenti le une nei confronti delle altre.

Le certificazioni ambientali di prodotto nell’Unione europea e nei Paesi nordici

PRENNA, CLAUDIA
2017-01-01

Abstract

La protezione della natura costituisce da anni un problema affrontato a tutti i livelli istituzionali ed è sempre più determinante nello sviluppo della politica internazionale. Le scelte relative all’ambiente sono divenute importanti questioni di pubblica amministrazione ed hanno portato ad una crescita dell’attenzione verso l’ecosistema, con conseguente inversione di tendenza nelle politiche degli Stati, ormai volte a preservare la natura da un’economia e una popolazione in costante espansione. Il bisogno di garantire il sostentamento ad un numero sempre crescente di individui senza però causare danni all’ecosistema, negli ultimi decenni ha fatto emergere la necessità di conciliare la crescita economica con pratiche che non compromettano irreversibilmente l’ambiente naturale. Da tale esigenza è stato elaborato il concetto di “sviluppo sostenibile”, il quale tenta di combinare gli interessi economici, il benessere sociale e la protezione dell’ambiente, garantendo alle generazioni future di soddisfare i propri bisogni anche attingendo alle risorse naturali. Ad oggi il diritto dell’ambiente, nonostante i molti risultati raggiunti, appare ancora arretrato, soprattutto nella parte che regolamenta l’introduzione sul mercato dei prodotti verdi. Già a partire dall’aspetto definitorio, la necessità di una maggiore offerta di prodotti ecosostenibili si scontra con il rilevante dato che a livello europeo ed internazionale non esiste una nozione di “prodotto verde” e “organizzazione verde” universalmente riconosciuta, limitando in tal maniera il commercio di prodotti tra gli Stati e non favorendo la chiarezza circa le informazioni comunicate ai consumatori. In Europa, questa problematica è stata evidenziata nella Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio del 9.4.2013 dal titolo “Costruire il mercato unico dei prodotti verdi” [COM(2013) 196 final]. In questo documento la Commissione mette in luce come la mancanza di certezza dal lato definitorio lasci un grande spazio discrezionale nella scelta del metodo scientifico da utilizzare per certificare un prodotto, determinando problemi di comparabilità delle diverse merci. Inoltre, dal punto di vista delle aziende questa indeterminatezza comporta costi aggiuntivi, dato che le stesse devono utilizzare metodologie di certificazioni diverse in base ai paesi in cui decidono di esportare. Lo studio comparatistico è volto ad individuare, in prospettiva de iure condendo, quali azioni dovranno essere poste in essere al fine di realizzare un “mercato comune verde” che consenta alle imprese di essere competitive sul mercato europeo e globale. Ciò allo scopo di portare un contributo alla internazionalizzazione delle imprese, agevolando l’esportazione dei prodotti nello spazio europeo e nei mercati extraeuropei limitandone i costi di produzione. Il metodo utilizzato è quello della comparazione giuridica, in quanto la ricerca è stata sviluppata ponendo attenzione non solo al dato normativo, ma anche a tutti quegli elementi del c.d. paragiuridico che si rilevano di particolare utilità per la comprensione delle regole giuridiche oggetto del presente lavoro. Dallo studio è emerso come i marchi di qualità ecologica di tipo I si dimostrano utili strumenti di mercato per promuovere la prevenzione dell’inquinamento e la sostenibilità dell’economia. Dal momento che ogni programma nazionale o interregionale riflette le diverse sensibilità ambientali, per evitare potenziali barriere commerciali e per facilitare la produzione più sostenibile a livello mondiale, è apparsa la necessità di sviluppare programmi di riconoscimento reciproco e di stabilire criteri base comuni. Nella teoria gli ecolabel garantiscono un grande potenziale circa l’efficacia economica ed ambientale. Affinché ciò possa avvenire è di fondamentale importanza che gli schemi di certificazione ambientale abbiano un elevato grado di credibilità, cosa che invece non si riscontra allo stato dell’arte. Tra gli elementi vulnerabili delle etichette ecologiche rientra anche la mancanza di oggettività nell’individuazione dei criteri. Tale elemento è strettamente collegato alle difficoltà di individuare quali siano gli indicatori da prendere in considerazione per misurare l’efficacia ambientale dei programmi di certificazione. Problemi si riscontrano anche nell’individuazione delle diverse categorie di prodotto, dato che alcuni beni possono trovare adeguato collocamento in differenti classi, considerata la loro capacità di essere destinati a molteplici usi. Limiti si rinvengono poi nella mancanza di indagini circa la domanda di beni certificati e di riconoscimenti per i miglioramenti ambientali dei prodotti, i quali si sono sempre diretti a individuare solo in maniera generica “il” prodotto migliore. Da ultimo, un altro punto debole delle certificazioni ambientali sembra essere il breve periodo di validità delle stesse, non permettendo di ammortizzare gli investimenti posti in essere dalle aziende. Lo studio comparativo di due delle principali certificazioni ambientali di prodotto presenti sul territorio europeo, l’Ecolabel UE e il The Nordic Ecolabel, ha evidenziato come nonostante esse siano molto simili dal punto di vista regolamentare, il processo di armonizzazione tra i diversi ecolabel sia molto lento e ben lontano dalla sua piena realizzazione. Le principali differenze risiedono nella diffusione dei due schemi di certificazione e nelle caratteristiche dei criteri che ognuno assegna ai propri prodotti. L’analisi ha fatto risultare come i parametri utilizzati dal The Nordic Ecolabel siano di gran lunga più rigidi rispetto a quelli impiegati nell’Ecolabel UE, così come le politiche d’informazione relative al marchio nordico si dimostrano più incisive e sviluppate. Quello che si auspica è l’attuazione di un processo volto all’armonizzazione dei criteri e delle strategie relative al marketing. Solo attraverso un lavoro sinergico volto a far conoscere la simmetria delle certificazioni ambientali di prodotto sostenute dalle diverse Istituzioni sarà possibile la realizzazione di un mercato realmente attento alle esigenze dell’ambiente, in cui le diverse certificazioni già presenti abbiano caratteristiche tali per cui possano essere considerate equivalenti le une nei confronti delle altre.
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