Il lavoro di ricerca è volto ad analizzare la normativa antiriciclaggio recentemente introdotta nello Stato Città del Vaticano, sotto il Pontificato di Benedetto XVI e di Papa Francesco. Con la globalizzazione della finanza e del credito, oggi, il riciclaggio del denaro si delinea come una fattispecie dai riflessi trasversali, che interessano non solo l’ambito giuridico ma anche quello economico. Tale fenomeno, infatti, provoca un inquinamento dei mercati, nonché un condizionamento delle transazioni commerciali attraverso afflussi di liquidità, che alterano gli assetti finanziari e danneggiano le economie legali; di conseguenza, si può affermare che la lotta al riciclaggio del denaro e al finanziamento del terrorismo è diventata una delle priorità, non solo degli Stati a livello nazionale, ma di tutta la comunità internazionale. Da tempo, infatti, la comunità internazionale, nonché l’Unione europea si sono dotate di strumenti normativi volti a prevenire e a contrastare tali fattispecie illecite, nella consapevolezza che necessitano forme di intervento coordinato tra i vari Paesi. In tale contesto, anche il «portone di bronzo» del più piccolo Stato del mondo si apre alle necessità dei tempi, con la consapevolezza che il bene comune è sempre più minacciato dalla criminalità transnazionale e dall’uso improprio del mercato e dell’economia, nonché dal terrorismo (Francesco, Lett. Ap. in forma di Motu Proprio «Ai nostri tempi», 11 luglio 2013). La normativa antiriciclaggio, inoltre, investe vari settori del diritto, in primis quello penale (trattato nel capitolo III), poi quello tributario (analizzato nel capitolo IV), nonché l’ambito economico e finanziario. Nel lavoro di ricerca, ci si sofferma, quindi, ad approfondire il reato di riciclaggio e autoriciclaggio, in una prospettiva comparativistica con l’ordinamento penale italiano; in ambito tributario, invece, si sviluppa una dettagliata analisi della Convenzione fiscale sullo scambio di informazioni finanziarie, stipulata tra Italia e Santa Sede nel 2015, da cui scaturisce una riflessione sul sistema delle tasse e tributi canonici, alla luce degli orientamenti del Magistero e della Dottrina sociale della Chiesa, in tema di razionalità ed equità nell’imposizione fiscale; segue, inoltre, partendo da una disamina dell’art. 16 del Trattato lateranense, espressamente richiamato dalla citata Convenzione fiscale, un approfondimento sui recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di esenzioni tributarie a favore degli enti ecclesiastici. Sullo sfondo il continuo richiamo al Diritto canonico, prima fonte normativa dell’ordinamento vaticano: inevitabile il riferimento ai caratteri costitutivi dello Stato Città del Vaticano, nonchè al complesso sistema delle fonti di diritto, sviluppando una riflessione circa il rinnovato rapporto tra Diritto vaticano e Diritto canonico. Infatti, all’interno di questo inscindibile legame interordinamentale, fino a tempi molto recenti, si poteva pacificamente affermare che tale vincolo fosse «a senso unico»: solo il Diritto canonico veniva recepito dal Diritto vaticano ed esercitava un’influenza diretta sul ordinamento statuale (e non viceversa). Tuttavia, uno dei riflessi della recente riforma consiste proprio nella «dilatazione» del diritto vaticano oltre i suoi naturali confini: la recente opera di riforma comporta, infatti, l’estensione della giurisdizione penale vaticana nei confronti della Curia romana e di tutti gli enti della Santa Sede, che svolgono professionalmente attività economico-finanziaria. Si configura, in altri termini, una peculiare applicazione del Diritto vaticano a enti facenti parte della Sede Apostolica, soggetti all’ordinamento canonico. Un’imponente riforma posta in essere nello Stato vaticano, che in tutte le sue peculiarità e complessità, si allinea alle necessità dell’attuale epoca della globalizzazione (giuridica ed economica), restando comunque ancorato ai cardini del Diritto canonico e del Diritto divino.
LA NUOVA ARCHITETTURA ECONOMICO-FINANZIARIA DELLO STATO CITTÀ DEL VATICANO. PROFILI INTERORDINAMENTALI
MORONI, FRANCESCA
2017-01-01
Abstract
Il lavoro di ricerca è volto ad analizzare la normativa antiriciclaggio recentemente introdotta nello Stato Città del Vaticano, sotto il Pontificato di Benedetto XVI e di Papa Francesco. Con la globalizzazione della finanza e del credito, oggi, il riciclaggio del denaro si delinea come una fattispecie dai riflessi trasversali, che interessano non solo l’ambito giuridico ma anche quello economico. Tale fenomeno, infatti, provoca un inquinamento dei mercati, nonché un condizionamento delle transazioni commerciali attraverso afflussi di liquidità, che alterano gli assetti finanziari e danneggiano le economie legali; di conseguenza, si può affermare che la lotta al riciclaggio del denaro e al finanziamento del terrorismo è diventata una delle priorità, non solo degli Stati a livello nazionale, ma di tutta la comunità internazionale. Da tempo, infatti, la comunità internazionale, nonché l’Unione europea si sono dotate di strumenti normativi volti a prevenire e a contrastare tali fattispecie illecite, nella consapevolezza che necessitano forme di intervento coordinato tra i vari Paesi. In tale contesto, anche il «portone di bronzo» del più piccolo Stato del mondo si apre alle necessità dei tempi, con la consapevolezza che il bene comune è sempre più minacciato dalla criminalità transnazionale e dall’uso improprio del mercato e dell’economia, nonché dal terrorismo (Francesco, Lett. Ap. in forma di Motu Proprio «Ai nostri tempi», 11 luglio 2013). La normativa antiriciclaggio, inoltre, investe vari settori del diritto, in primis quello penale (trattato nel capitolo III), poi quello tributario (analizzato nel capitolo IV), nonché l’ambito economico e finanziario. Nel lavoro di ricerca, ci si sofferma, quindi, ad approfondire il reato di riciclaggio e autoriciclaggio, in una prospettiva comparativistica con l’ordinamento penale italiano; in ambito tributario, invece, si sviluppa una dettagliata analisi della Convenzione fiscale sullo scambio di informazioni finanziarie, stipulata tra Italia e Santa Sede nel 2015, da cui scaturisce una riflessione sul sistema delle tasse e tributi canonici, alla luce degli orientamenti del Magistero e della Dottrina sociale della Chiesa, in tema di razionalità ed equità nell’imposizione fiscale; segue, inoltre, partendo da una disamina dell’art. 16 del Trattato lateranense, espressamente richiamato dalla citata Convenzione fiscale, un approfondimento sui recenti orientamenti giurisprudenziali in materia di esenzioni tributarie a favore degli enti ecclesiastici. Sullo sfondo il continuo richiamo al Diritto canonico, prima fonte normativa dell’ordinamento vaticano: inevitabile il riferimento ai caratteri costitutivi dello Stato Città del Vaticano, nonchè al complesso sistema delle fonti di diritto, sviluppando una riflessione circa il rinnovato rapporto tra Diritto vaticano e Diritto canonico. Infatti, all’interno di questo inscindibile legame interordinamentale, fino a tempi molto recenti, si poteva pacificamente affermare che tale vincolo fosse «a senso unico»: solo il Diritto canonico veniva recepito dal Diritto vaticano ed esercitava un’influenza diretta sul ordinamento statuale (e non viceversa). Tuttavia, uno dei riflessi della recente riforma consiste proprio nella «dilatazione» del diritto vaticano oltre i suoi naturali confini: la recente opera di riforma comporta, infatti, l’estensione della giurisdizione penale vaticana nei confronti della Curia romana e di tutti gli enti della Santa Sede, che svolgono professionalmente attività economico-finanziaria. Si configura, in altri termini, una peculiare applicazione del Diritto vaticano a enti facenti parte della Sede Apostolica, soggetti all’ordinamento canonico. Un’imponente riforma posta in essere nello Stato vaticano, che in tutte le sue peculiarità e complessità, si allinea alle necessità dell’attuale epoca della globalizzazione (giuridica ed economica), restando comunque ancorato ai cardini del Diritto canonico e del Diritto divino.File | Dimensione | Formato | |
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