L’epistemologia dell’antropologia filosofica, proposta da Joachim Fischer nel suo ponderoso volume del 2008, evidenzia quanto poco l’antropologia filosofica del XX secolo sia riducibile a una sub-disciplina della filosofia: essa risulta, piuttosto, portatrice di una nuova mentalità di affronto dell’intera problematica ontologico-metafisica. Già Max Scheler l’aveva indicato, riconoscendo la specifica funzionalità dell’antropologia filosofica ad introdurre all’inedita concezione dell’essere assoluto quale essere che eternamente crea se stesso. L’antropologia filosofica valorizza, infatti, l’atto come dimensione antropologica e ontologica essenziale, che, mentre smaschera l’incongruenza della metafisica tradizionale di considerare il fondamento dell’oggettivabile come oggettivabile a sua volta, scopre anche la via dionisiaca alla metafisica, in cui si manifestano sia il radicamento originario dei viventi nell’impeto divino sia il destino umano di impegno personale nel co-compimento dell’atto eterno di autorealizzazione di Dio. Due pensatrici donne, Edith Stein e Anna-Teresa Tymieniecka, in modo diverso ma affiancabile, hanno dato sviluppo alle intuizioni metafisiche, emergenti dall’antropologia scheleriana, realizzando rispettivamente una "philosophia prima" su base vitale e un percorso metafisico che dalla condizione umana creativa approda alla scoperta del logos ontopoietico della vita.
Creatività dell'umano e aporetica dell'antropologia filosofica. Verso nuove declinazioni d'essere
VERDUCCI, Daniela
2015-01-01
Abstract
L’epistemologia dell’antropologia filosofica, proposta da Joachim Fischer nel suo ponderoso volume del 2008, evidenzia quanto poco l’antropologia filosofica del XX secolo sia riducibile a una sub-disciplina della filosofia: essa risulta, piuttosto, portatrice di una nuova mentalità di affronto dell’intera problematica ontologico-metafisica. Già Max Scheler l’aveva indicato, riconoscendo la specifica funzionalità dell’antropologia filosofica ad introdurre all’inedita concezione dell’essere assoluto quale essere che eternamente crea se stesso. L’antropologia filosofica valorizza, infatti, l’atto come dimensione antropologica e ontologica essenziale, che, mentre smaschera l’incongruenza della metafisica tradizionale di considerare il fondamento dell’oggettivabile come oggettivabile a sua volta, scopre anche la via dionisiaca alla metafisica, in cui si manifestano sia il radicamento originario dei viventi nell’impeto divino sia il destino umano di impegno personale nel co-compimento dell’atto eterno di autorealizzazione di Dio. Due pensatrici donne, Edith Stein e Anna-Teresa Tymieniecka, in modo diverso ma affiancabile, hanno dato sviluppo alle intuizioni metafisiche, emergenti dall’antropologia scheleriana, realizzando rispettivamente una "philosophia prima" su base vitale e un percorso metafisico che dalla condizione umana creativa approda alla scoperta del logos ontopoietico della vita.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.