Il volume ricostruisce la storia dei "pubblici esercizi" di un piccolo borgo agricolo della Bassa Padana tra la seconda metà dell'800 e la prima metà del '900, in quanto luoghi di aggregazione sociale. In età borghese, infatti, osterie e bettole non erano solo il luogo in cui era consentito consumare vino e altri alcolici, ma erano anche l'unico luogo pubblico all’interno del quale erano tollerati atteggiamenti non conformi alla rigida morale vigente e manifestazioni di indisciplina nei confronti d'un ordinamento sociale verticistico, nella cui scala l’avventore ordinario era collocato al gradino più basso. Per questo motivo, il notabilato locale tollerava gli schiamazzi notturni degli ubriachi e gli allegri cori che si facevan beffe di preti e padroni, conscio del fatto che quella forma esasperata di esternazione plebea fungeva da valvola di sfogo del malcontento sociale ed impediva che esso si accumulasse eccessivamente, rischiando di sfociare in aperte rivolte. La progressiva politicizzazione delle plebi rurali nel corso del '900 trasformerà successivamente le osterie in luoghi di vera e propria socializzazione politica, sorvegliati con cura dalle classi dirigenti locali e quindi presi di mira dalle squadre d'azione fasciste, che ne fecero lo sfondo privilegiato delle spedizioni punitive ai danni di sindacalisti ed esponenti politici locali. Il volume si basa sulle carte di pubblica sicurezza conservate principalmente presso gli archivi storici comunali e su fonti a stampa, incrociate con le testimonianze di prima e seconda mano raccolte a livello locale nel rispetto dei metodi d'indagine della storia orale.
Osti, ostreghe e osterie. Civiltà del vino in un paese della bassa Padana tra Ottocento e Novecento
MEDA, JURI
2004-01-01
Abstract
Il volume ricostruisce la storia dei "pubblici esercizi" di un piccolo borgo agricolo della Bassa Padana tra la seconda metà dell'800 e la prima metà del '900, in quanto luoghi di aggregazione sociale. In età borghese, infatti, osterie e bettole non erano solo il luogo in cui era consentito consumare vino e altri alcolici, ma erano anche l'unico luogo pubblico all’interno del quale erano tollerati atteggiamenti non conformi alla rigida morale vigente e manifestazioni di indisciplina nei confronti d'un ordinamento sociale verticistico, nella cui scala l’avventore ordinario era collocato al gradino più basso. Per questo motivo, il notabilato locale tollerava gli schiamazzi notturni degli ubriachi e gli allegri cori che si facevan beffe di preti e padroni, conscio del fatto che quella forma esasperata di esternazione plebea fungeva da valvola di sfogo del malcontento sociale ed impediva che esso si accumulasse eccessivamente, rischiando di sfociare in aperte rivolte. La progressiva politicizzazione delle plebi rurali nel corso del '900 trasformerà successivamente le osterie in luoghi di vera e propria socializzazione politica, sorvegliati con cura dalle classi dirigenti locali e quindi presi di mira dalle squadre d'azione fasciste, che ne fecero lo sfondo privilegiato delle spedizioni punitive ai danni di sindacalisti ed esponenti politici locali. Il volume si basa sulle carte di pubblica sicurezza conservate principalmente presso gli archivi storici comunali e su fonti a stampa, incrociate con le testimonianze di prima e seconda mano raccolte a livello locale nel rispetto dei metodi d'indagine della storia orale.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.