Nel 1991, in occasione del convegno Immaginare l’Europa, organizzato a Hannover da Peter Koslowski, Paul Ricœur pronunciava la conferenza Quel éthos nouveau pour l’Europe ? / Quale nuovo ethos per l’Europa ? La situazione attuale dell’Europa mostra l’urgenza di tornare a queste riflessioni che già all’epoca erano totalmente prive di velleità utopiche. È opportuno tornarvi perché – lo sappiamo bene – l’unione europea è stata fatta trascurando completamente l’ethos europeo di cui Ricoeur parlava e, soprattutto, perché tale unione è stata realizzata perseguendo la sola unificazione monetaria. La quale, tuttavia, manifesta oggi tutta la sua fragilità – anche per la spinta delle aspirazioni all’autonomia, difficilmente contestabili. Per motivare questa tesi non servono troppi esempi e gli avversari sia dell’unificazione monetaria, sia del monopolio finanziario che ne scaturisce non mancano. Siamo, allora, di fronte allo scacco dell’invito che, alla fine dello scorso secolo, chiedeva di “immaginare l’Europa”? Inoltre, risale agli ultimi decenni del XX secolo il progetto cultura “Fare l’Europa”, il cui scopo era la creazione di una collezione di opere dedicate allo spirito europeo. Ora, il monopolio finanziario che priva la riflessione umanista di ogni legittimità sembra oggi rendere vani e inutili sia i testi che lo spirito di questa collezione. Se dunque i conflitti mondiali hanno mostrato l’impossibilità di rinunciare a un’“Unione Europea” o all’Europa “unita” in quanto interlocutore attivo nel quadro mondiale, oggi si è ancora alla ricerca di una riflessione culturale che sia capace di interrogare il senso stesso dell’“unione”. Infatti, quest’unione è sia unione di storie differenti che di conflitti di fronte ai quali la sola unione economica mostra la sua impotenza. Anche la riflessione di Paul Ricoeur rischia di presentarsi come programma sul quale il monopolio finanziario può facilmente avere la meglio senza che nulla si opponga. Ché questo monopolio è efficace perché si afferma come una sorta di ab-solutus de-materializzato e slegato da ogni decisione autenticamente politica al punto che, per affermarsi, si pone addirittura “contro” la politica. Di conseguenza, ogni progetto culturale non dispone né di forza né di autorità per opporsi a questo potere assoluto e de-materializzato. Eppure, proprio quanto è stato detto non offre buoni motivi per condannare la fragilità dell’Europa, ché questa fragilità è la medesima che caratterizza ogni uomo e potere, anche quello che misconosce e disprezza ogni forma di concretezza materiale e “reale”. Fragile, infatti, si dice di tutto ciò che può essere facilmente franto, stando all’etimologia che ne proponeva Isidoro di Siviglia e in tal senso si potrebbe dire che ogni “prodotto umano” è “fragile”. Ciò detto, è avviso di chi scrive che anziché lottare contro questa fragilità che caratterizza ogni realtà umana la si potrebbe rimettere in questione. Questa nuova “messa in questione” potrebbe o vorrebbe mostrare che di fronte alla sconfitta attuale dell’unione europea resta legittimo l’interrogativo che chiede in che modo e se questa unione è stata veramente pensata o se, al contrario, ad essere stata proposta è soltanto una unificazione. Ora, che l’unione europea sia stata realizzata soltanto in questi termini è evidente, ossia che sia stata pensata come unificazione e reductio ad unum di tutti gli aspetti della sovranità nazionale, soprattutto di quella monetaria ed economica. La filosofia, allora, anziché preoccuparsi di analizzare in modi sempre più raffinati quest’unificazione, potrebbe invece rovesciare l’analisi appena proposta nel tentativo di pensare quanto anche resta da pensare, ovvero l’“impensato”. E in questo caso, a essere ancora “impensata” è l’unione stessa e il suo senso, senza ignorare o rimuovere la crisi o i conflitti che la agitano.
SUL VALORE ETICO E POLITICO DELLA TRADUZIONE
CANULLO, Carla
2014-01-01
Abstract
Nel 1991, in occasione del convegno Immaginare l’Europa, organizzato a Hannover da Peter Koslowski, Paul Ricœur pronunciava la conferenza Quel éthos nouveau pour l’Europe ? / Quale nuovo ethos per l’Europa ? La situazione attuale dell’Europa mostra l’urgenza di tornare a queste riflessioni che già all’epoca erano totalmente prive di velleità utopiche. È opportuno tornarvi perché – lo sappiamo bene – l’unione europea è stata fatta trascurando completamente l’ethos europeo di cui Ricoeur parlava e, soprattutto, perché tale unione è stata realizzata perseguendo la sola unificazione monetaria. La quale, tuttavia, manifesta oggi tutta la sua fragilità – anche per la spinta delle aspirazioni all’autonomia, difficilmente contestabili. Per motivare questa tesi non servono troppi esempi e gli avversari sia dell’unificazione monetaria, sia del monopolio finanziario che ne scaturisce non mancano. Siamo, allora, di fronte allo scacco dell’invito che, alla fine dello scorso secolo, chiedeva di “immaginare l’Europa”? Inoltre, risale agli ultimi decenni del XX secolo il progetto cultura “Fare l’Europa”, il cui scopo era la creazione di una collezione di opere dedicate allo spirito europeo. Ora, il monopolio finanziario che priva la riflessione umanista di ogni legittimità sembra oggi rendere vani e inutili sia i testi che lo spirito di questa collezione. Se dunque i conflitti mondiali hanno mostrato l’impossibilità di rinunciare a un’“Unione Europea” o all’Europa “unita” in quanto interlocutore attivo nel quadro mondiale, oggi si è ancora alla ricerca di una riflessione culturale che sia capace di interrogare il senso stesso dell’“unione”. Infatti, quest’unione è sia unione di storie differenti che di conflitti di fronte ai quali la sola unione economica mostra la sua impotenza. Anche la riflessione di Paul Ricoeur rischia di presentarsi come programma sul quale il monopolio finanziario può facilmente avere la meglio senza che nulla si opponga. Ché questo monopolio è efficace perché si afferma come una sorta di ab-solutus de-materializzato e slegato da ogni decisione autenticamente politica al punto che, per affermarsi, si pone addirittura “contro” la politica. Di conseguenza, ogni progetto culturale non dispone né di forza né di autorità per opporsi a questo potere assoluto e de-materializzato. Eppure, proprio quanto è stato detto non offre buoni motivi per condannare la fragilità dell’Europa, ché questa fragilità è la medesima che caratterizza ogni uomo e potere, anche quello che misconosce e disprezza ogni forma di concretezza materiale e “reale”. Fragile, infatti, si dice di tutto ciò che può essere facilmente franto, stando all’etimologia che ne proponeva Isidoro di Siviglia e in tal senso si potrebbe dire che ogni “prodotto umano” è “fragile”. Ciò detto, è avviso di chi scrive che anziché lottare contro questa fragilità che caratterizza ogni realtà umana la si potrebbe rimettere in questione. Questa nuova “messa in questione” potrebbe o vorrebbe mostrare che di fronte alla sconfitta attuale dell’unione europea resta legittimo l’interrogativo che chiede in che modo e se questa unione è stata veramente pensata o se, al contrario, ad essere stata proposta è soltanto una unificazione. Ora, che l’unione europea sia stata realizzata soltanto in questi termini è evidente, ossia che sia stata pensata come unificazione e reductio ad unum di tutti gli aspetti della sovranità nazionale, soprattutto di quella monetaria ed economica. La filosofia, allora, anziché preoccuparsi di analizzare in modi sempre più raffinati quest’unificazione, potrebbe invece rovesciare l’analisi appena proposta nel tentativo di pensare quanto anche resta da pensare, ovvero l’“impensato”. E in questo caso, a essere ancora “impensata” è l’unione stessa e il suo senso, senza ignorare o rimuovere la crisi o i conflitti che la agitano.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.