Oggetto del lavoro di tesi dottorale sono quattro cicli di tituli historiarum a tema biblico della tarda antichità latina: - i Disticha attribuiti ad Ambrogio, - il cosiddetto Dittochaeon di Prudenzio, - il componimento pseudoclaudianeo intitolato Miracula Christi (PS. CLAUD. carm. min. app. 21 = ANTH. Lat. 879 R.2), - i Tristicha historiarum Testamenti ueteris et noui di Elpidio Rustico. Nella Premessa si pongono le basi per l’indagine: dopo un’analisi delle testimonianze relative all’integrazione ermeneutica dei media testo/immagine nell’antichità, vengono ricostruiti in particolare i contorni - ed i limiti - dell’effettiva prassi tardoantica di accompagnare a raffigurazioni di tema biblico brevi didascalie epigrammatiche. Si deve tuttavia constatare che, per i cicli di tituli historiarum oggetto di questo studio, difettano non solo risultanze extratestuali, ma - con la parziale eccezione dei Disticha ambrosiani - anche testimonianze relative ad un effettivo impiego epigrafico. Pur ritenendo ancora necessario studiare i rapporti fra i tituli e l’iconografia paleocristiana, nel presente lavoro i componimenti vengono quindi considerati primariamente nella loro qualità di testi, caratterizzati da uno statuto letterario irriducibilmente complesso. Eredi almeno ideali della prassi romana della scrittura esposta e nello specifico della tradizione epigrafico-monumentale cristiana inaugurata da papa Damaso, i tituli historiarum rappresentano infatti un caso di carmina ‘epigraphico more’ che rivela un aspetto dell’integrazione tardoantica fra epigrafia e letteratura “di formato epigrafico”; essi fanno uso degli stilemi della forma breuis, costituendo un caso particolare all’interno della produzione epigrammatica della tarda antichità latina, e allo stesso tempo risultano tematicamente affini alla parafrasi biblica, di cui rappresentano una sorta di uersio ultrabreuis, ma con specifiche peculiarità, dato che loro obiettivo è descrivere oggetti d’arte: sotto questo aspetto, essi sono perciò assimilabili alla tradizione antica dei “Bildepigramme”. Dopo aver messo a fuoco le diverse influenze che nei tituli convergono ed avere inoltre stilato per la prima volta un repertorio delle ricorsività formali e stilistiche che li caratterizzano, si avanza la possibilità di considerare quello dei tituli historiarum di tema biblico come un sotto-genere specifico e meritevole pertanto - al netto delle differenze esistenti fra i vari cicli, ognuno caratterizzato da peculiarità individuali - di un’analisi unitaria. Per ognuno dei quattro componimenti (Ambrosii Disticha, Prudentii Dittochaeon, Miracula Christi, Rustici Helpidii Tristicha) si offrono quindi introduzione, testo criticamente riveduto, traduzione italiana e commento. Nell’Introduzione a ciacuna opera si ripercorrono nel dettaglio la storia editoriale del testo e le ipotesi di attribuzione (la questione prospografica e di particolare rilevanza nel caso di Elpidio Rustico); attenzione specifica è poi dedicata alle diverse posizioni sul rapporto con l’iconografia, nonché alle caratteristiche formali, tematico-contenutistiche e strutturali dei diversi cicli. Nel caso dei Miracula Christi, in particolare, un riepilogo delle influenze letterarie emerse nel corso dello studio può fornire un probabile terminus a quo per la datazione, che sembra doversi collocare intorno alla metà del V secolo; per quanto riguarda Elpidio Rustico, si propende invece per una datazione ad inizio VI secolo. Dei quattro componimenti vengono poi forniti i testi, accompagnati da una nuova traduzione italiana (la prima in una lingua moderna per i Miracula Christi): si tratta di un’edizione criticamente riveduta dei Disticha ambrosiani, dei Miracula Christi e dei Tristicha di Elpidio, opere testimoniate esclusivamente dalla rispettiva editio princeps cinquecentesca che ha valore codicis instar in seguito alla perdita - in tutti e tre i casi - del codex unicus su cui essa si basava. Rispetto alla constitutio textus originaria si è prediletto quando possibile un allestimento critico conservativo, che nel riconsiderare tutti gli interventi emendatori finora prodotti ha mantenuto solo quelli effettivamente indispensabili per la comprensione del testo e con prudenza propone alcune nuove proposte di lettura, in casi in cui la lezione dell’editio princeps è inaccettabile o altamente insoddisfacente e le correzioni finora avanzate dagli studiosi sembrano migliorabili (AMBR. tituli 34; RUST. HELP. hist. testam. 31). Per quanto riguarda Prudenzio, ci si è invece basati sulle edizioni di J. Bergman (1926) e M. P. Cunningham (1966) - che divergono in dieci occorrenze, spesso per ragioni puramente ortografiche - rilevando tuttavia, in casi significativi, i contributi di tutte le principali edizioni, di cui si è operato uno spoglio sistematico a partire da quella deventeriana. Nel commento, viene segnalato innanzitutto l’ipotesto biblico che di volta in volta funge da riferimento, di cui viene richiamata la versione più vicina a quella che gli autori avranno conosciuto (a seconda dei casi, Vetus Latina o Vulgata). Il dettagliato commento è condotto in forma lemmatica e cerca di coniugare all’attenzione per il dato testuale uno specifico interesse sia per la langue poetica degli autori che per le modalità in cui la materia biblica è affrontata, ciò specialmente quando è possibile cogliere un particolare interesse di tipo didattico-parenetico, catechetico o anche esegetico da parte degli autori. Al commento di ciascun epigramma segue infine un’appendice di carattere iconografico, in cui si ricostruiscono le testimonianze figurative di epoca paleocristiana legate a ciascun episodio biblico. Pur nel tentativo di evitare ogni ipotesi semplicistica o arbitaria sulla ‘reale’ natura delle relazioni fra singoli cicli di epigrammi e relative iconografie, uno studio il più possibile preciso dei rapporti fra i tituli historiarum e le coeve raffigurazioni, che consenta di ricostruire la cultura visuale entro cui essi furono composti e fruiti, resta infatti decisivo per la comprensione di questo (sotto-)genere letterario. Il lavoro è corredato da un’ampia bibliografia ragionata. Per ognuno dei quattro componimenti studiati vengono richiamate tutte le edizioni adoperate nel lavoro e gli studi specifici; apposite sezioni sono riservate alla bibliografia di tema letterario, esegetico, epigrafico ed ai contributi di natura iconografica.

I titutli historiarum a tema biblico della tarda antichità latina: Ambrosii Disticha, Prudenzii Dittochaeon, Miracula Christi, Rustici Helpidii Tristicha

LUBIAN, Francesco
2014-01-01

Abstract

Oggetto del lavoro di tesi dottorale sono quattro cicli di tituli historiarum a tema biblico della tarda antichità latina: - i Disticha attribuiti ad Ambrogio, - il cosiddetto Dittochaeon di Prudenzio, - il componimento pseudoclaudianeo intitolato Miracula Christi (PS. CLAUD. carm. min. app. 21 = ANTH. Lat. 879 R.2), - i Tristicha historiarum Testamenti ueteris et noui di Elpidio Rustico. Nella Premessa si pongono le basi per l’indagine: dopo un’analisi delle testimonianze relative all’integrazione ermeneutica dei media testo/immagine nell’antichità, vengono ricostruiti in particolare i contorni - ed i limiti - dell’effettiva prassi tardoantica di accompagnare a raffigurazioni di tema biblico brevi didascalie epigrammatiche. Si deve tuttavia constatare che, per i cicli di tituli historiarum oggetto di questo studio, difettano non solo risultanze extratestuali, ma - con la parziale eccezione dei Disticha ambrosiani - anche testimonianze relative ad un effettivo impiego epigrafico. Pur ritenendo ancora necessario studiare i rapporti fra i tituli e l’iconografia paleocristiana, nel presente lavoro i componimenti vengono quindi considerati primariamente nella loro qualità di testi, caratterizzati da uno statuto letterario irriducibilmente complesso. Eredi almeno ideali della prassi romana della scrittura esposta e nello specifico della tradizione epigrafico-monumentale cristiana inaugurata da papa Damaso, i tituli historiarum rappresentano infatti un caso di carmina ‘epigraphico more’ che rivela un aspetto dell’integrazione tardoantica fra epigrafia e letteratura “di formato epigrafico”; essi fanno uso degli stilemi della forma breuis, costituendo un caso particolare all’interno della produzione epigrammatica della tarda antichità latina, e allo stesso tempo risultano tematicamente affini alla parafrasi biblica, di cui rappresentano una sorta di uersio ultrabreuis, ma con specifiche peculiarità, dato che loro obiettivo è descrivere oggetti d’arte: sotto questo aspetto, essi sono perciò assimilabili alla tradizione antica dei “Bildepigramme”. Dopo aver messo a fuoco le diverse influenze che nei tituli convergono ed avere inoltre stilato per la prima volta un repertorio delle ricorsività formali e stilistiche che li caratterizzano, si avanza la possibilità di considerare quello dei tituli historiarum di tema biblico come un sotto-genere specifico e meritevole pertanto - al netto delle differenze esistenti fra i vari cicli, ognuno caratterizzato da peculiarità individuali - di un’analisi unitaria. Per ognuno dei quattro componimenti (Ambrosii Disticha, Prudentii Dittochaeon, Miracula Christi, Rustici Helpidii Tristicha) si offrono quindi introduzione, testo criticamente riveduto, traduzione italiana e commento. Nell’Introduzione a ciacuna opera si ripercorrono nel dettaglio la storia editoriale del testo e le ipotesi di attribuzione (la questione prospografica e di particolare rilevanza nel caso di Elpidio Rustico); attenzione specifica è poi dedicata alle diverse posizioni sul rapporto con l’iconografia, nonché alle caratteristiche formali, tematico-contenutistiche e strutturali dei diversi cicli. Nel caso dei Miracula Christi, in particolare, un riepilogo delle influenze letterarie emerse nel corso dello studio può fornire un probabile terminus a quo per la datazione, che sembra doversi collocare intorno alla metà del V secolo; per quanto riguarda Elpidio Rustico, si propende invece per una datazione ad inizio VI secolo. Dei quattro componimenti vengono poi forniti i testi, accompagnati da una nuova traduzione italiana (la prima in una lingua moderna per i Miracula Christi): si tratta di un’edizione criticamente riveduta dei Disticha ambrosiani, dei Miracula Christi e dei Tristicha di Elpidio, opere testimoniate esclusivamente dalla rispettiva editio princeps cinquecentesca che ha valore codicis instar in seguito alla perdita - in tutti e tre i casi - del codex unicus su cui essa si basava. Rispetto alla constitutio textus originaria si è prediletto quando possibile un allestimento critico conservativo, che nel riconsiderare tutti gli interventi emendatori finora prodotti ha mantenuto solo quelli effettivamente indispensabili per la comprensione del testo e con prudenza propone alcune nuove proposte di lettura, in casi in cui la lezione dell’editio princeps è inaccettabile o altamente insoddisfacente e le correzioni finora avanzate dagli studiosi sembrano migliorabili (AMBR. tituli 34; RUST. HELP. hist. testam. 31). Per quanto riguarda Prudenzio, ci si è invece basati sulle edizioni di J. Bergman (1926) e M. P. Cunningham (1966) - che divergono in dieci occorrenze, spesso per ragioni puramente ortografiche - rilevando tuttavia, in casi significativi, i contributi di tutte le principali edizioni, di cui si è operato uno spoglio sistematico a partire da quella deventeriana. Nel commento, viene segnalato innanzitutto l’ipotesto biblico che di volta in volta funge da riferimento, di cui viene richiamata la versione più vicina a quella che gli autori avranno conosciuto (a seconda dei casi, Vetus Latina o Vulgata). Il dettagliato commento è condotto in forma lemmatica e cerca di coniugare all’attenzione per il dato testuale uno specifico interesse sia per la langue poetica degli autori che per le modalità in cui la materia biblica è affrontata, ciò specialmente quando è possibile cogliere un particolare interesse di tipo didattico-parenetico, catechetico o anche esegetico da parte degli autori. Al commento di ciascun epigramma segue infine un’appendice di carattere iconografico, in cui si ricostruiscono le testimonianze figurative di epoca paleocristiana legate a ciascun episodio biblico. Pur nel tentativo di evitare ogni ipotesi semplicistica o arbitaria sulla ‘reale’ natura delle relazioni fra singoli cicli di epigrammi e relative iconografie, uno studio il più possibile preciso dei rapporti fra i tituli historiarum e le coeve raffigurazioni, che consenta di ricostruire la cultura visuale entro cui essi furono composti e fruiti, resta infatti decisivo per la comprensione di questo (sotto-)genere letterario. Il lavoro è corredato da un’ampia bibliografia ragionata. Per ognuno dei quattro componimenti studiati vengono richiamate tutte le edizioni adoperate nel lavoro e gli studi specifici; apposite sezioni sono riservate alla bibliografia di tema letterario, esegetico, epigrafico ed ai contributi di natura iconografica.
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