Nel corso dell’Ottocento, l’elaborazione pedagogica di matrice cristiana si espresse prevalentemente nella corrente «spiritualista». Il termine deriva da uno dei suoi assunti fondanti, vale a dire la convinzione che la persona sia animata da un’essenza irriducibile al determinismo biologico e fisiologico. Stando a questo orientamento, nell’uomo albergherebbe una natura libera ed eccedente l’ordine materiale. La vita della coscienza, la razionalità e l’esperienza della volontà ne indicherebbero l’esistenza. Se gli studi relativi alla pedagogia spiritualista italiana hanno dato ampio risalto ai suoi più noti esponenti risorgimentali, tra tutti Rosmini, Lambruschini, Tommaseo, la lunga fase successiva alla loro scomparsa, compresa approssimativamente tra gli anni ’70 dell’Ottocento e la rinascita della neoscolastica negli anni ’20, è invece stata per lo più trascurata. Le poche ricerche esistenti appaiono insufficienti. Alcune, risalenti alla prima metà del secolo scorso, rimangono condizionate da ragioni ideologiche, mentre altre scontano un approccio molecolare. Manca soprattutto uno studio d’insieme che mostri il percorso comune, le ragioni caratterizzanti, i legami, la forza propulsiva, i ritardi. La carenza di approfondimenti in merito ha favorito nelle più generali storie della pedagogia la diffusione di una lettura «negativa» di questa stagione, che ne ha evidenziato soprattutto i limiti teorici. Secondo questa interpretazione, gli eredi della pedagogia risorgimentale non sarebbero stati in grado di misurarsi con il più incisivo positivismo, condannando la riflessione di matrice cristiana alla marginalità. La metafora dell’«eclissi» usata da Franco Cambi enuclea chiaramente il senso di questa ricostruzione. Si tratta di sintesi che meritano di essere riviste sulla base di un più accurato confronto con le fonti primarie. La presente ricerca intende iniziare questo complesso lavoro, nel tentativo di migliorare le conoscenze su questo significativo scorcio della storia pedagogica. Data la vastità del tema, le indagini proposte rappresentano solo un primo «assaggio» di un terreno che necessita ulteriori esplorazioni. La ricerca si svolge su tre direzioni principali, che rappresentano anche le parti in cui è suddivisa la tesi. Sebbene si presentino abbastanza distinti, i percorsi sono strettamente connessi tra loro. Nella prima parte del lavoro, sono approfondite alcune delle più importanti personalità spiritualiste dell’epoca: Giuseppe Allievo, Francesco Paoli, Carlo Uttini, Augusto Conti e Augusto Alfani. Mentre la riflessione dei primi tre si innesta nel ceppo della scuola rosminiana, Conti e Alfani si rifanno alla tradizione «moderata» toscana. Si tratta di autori che incrociano la storia dell’educazione e della pedagogia in diversi ambiti, come le battaglie per la libertà d’insegnamento, la diffusione del self-helpismo in Italia, la manualistica per l’insegnamento della pedagogia, la storia dell’infanzia, i plutarchi femminili, etc... All’analisi di questi cinque autori è aggiunto un breve capitolo dedicato ad una nota rivista toscana dell’epoca: la «Rassegna Nazionale». Il periodico, che fu il maggiore organo dei cattolici liberali italiani, è stato variamente studiato sotto il profilo politico e religioso. Il versante «pedagogico» è stato, invece, perlopiù tralasciato, sebbene la rivista abbia rappresentato una «piazza» rilevante per la riflessione educativa spiritualista. Vi collaborarono, infatti, alcuni dei suoi più importanti esponenti. Fu uno spazio di incontri, influenze, fermenti, che appare di primaria importanza nell’itinerario della pedagogia cristiana. Nella seconda parte del lavoro si sono affrontati tre pedagogisti spiritualisti francesi che ebbero largo corso in Italia: Félix Dupanloup, Jean Guibert e Martin Stanislas Gillet. Si tratta di autori abbastanza distanti cronologicamente, ma strettamente legati nelle tematiche di fondo. Félix Dupanloup, un eccellente educatore prima che teorico dell’educazione, presenta una pedagogia incentrata sulla riflessione filosofica, ma anche attenta ai vissuti educativi e alla psicologia infantile. Diede un fondamentale contributo alle sorti del sistema scolastico francese (fu il principale fautore della legge Falloux e della riforma dell’istruzione superiore nel 1875), e per l’evoluzione della riflessione cristiana sull’educazione femminile. L’opera di Jean Guibert, sebbene particolarmente influente nel suo tempo, è stata perlopiù trascurata dalla storiografia. Docente presso l’Istituto Cattolico di Parigi, dedicò la sua vita all’insegnamento e all’elaborazione pedagogica. Nei suoi numerosi libri si occupò di questioni come l’educazione del carattere, la formazione cristiana, lo sviluppo della coscienza e del senso etico, il rapporto tra religione e scienza. In Italia le sue opere conobbero una vasta fortuna (diverse superarono i 15.000 esemplari), grazie specialmente alla casa editrice salesiana e alla Marietti che ne tradussero e diffusero alcune delle più fortunate. Martin Stanislas Gillet rappresenta un autore di fondamentale importanza nella rinascita pedagogica della neoscolastica. Anche in questo caso, il suo contributo è rimasto perlopiù inedito. Professore di filosofia e pedagogia all’Università di Lovanio e all’Istituto Cattolico di Parigi, diresse la nota rivista «Revue des jeunes», per poi divenire padre generale dei domenicani. I suoi saggi furono lungamente tradotti anche in Italia. La sua opera appare di grande interesse per la sua caratura filosofica e il serrato confronto con la psicologia e sociologia coeva. Contro la deriva scientista, il domenicano sosteneva la necessità di promuovere una prospettiva spiritualista nell’affronto dei problemi relativi alla persona ed invitava a riprendere l’approccio metafisico per poter collocare su solide fondamenta l’etica e la pedagogia. Risultano di particolare spessore i suoi studi sulla formazione del carattere e le riflessioni dedicate alla «pedagogia dei valori». Nella terza parte sono stati approfonditi i temi e i modelli educativi di alcuni dei più diffusi «plutarchi» francesi tradotti in Italia. Questa produzione «torrenziale», sebbene senza pretese e destinata ad un ampio consumo, presenta numerosi legami con l’elaborazione più alta. L’indagine proposta rappresenta un piccolo «carotaggio» in un settore sterminato. Il campione analizzato, composto da una ventina di titoli, appare molto utile a lumeggiare gli ideali «perfettivi», i messaggi morali, gli stereotipi di genere veicolati in questo filone. Tra gli aspetti principali, sono stati approfonditi temi come la rappresentazione del ruolo femminile nella società, i suoi «doveri» in casa, l’educazione e l’istruzione delle giovani, i «miti» della donna «salvatrice» e «missionaria».

Tratti della pedagogia spiritualista in Italia durante l’«Età del Positivismo»

MARRONE, Andrea
2014-01-01

Abstract

Nel corso dell’Ottocento, l’elaborazione pedagogica di matrice cristiana si espresse prevalentemente nella corrente «spiritualista». Il termine deriva da uno dei suoi assunti fondanti, vale a dire la convinzione che la persona sia animata da un’essenza irriducibile al determinismo biologico e fisiologico. Stando a questo orientamento, nell’uomo albergherebbe una natura libera ed eccedente l’ordine materiale. La vita della coscienza, la razionalità e l’esperienza della volontà ne indicherebbero l’esistenza. Se gli studi relativi alla pedagogia spiritualista italiana hanno dato ampio risalto ai suoi più noti esponenti risorgimentali, tra tutti Rosmini, Lambruschini, Tommaseo, la lunga fase successiva alla loro scomparsa, compresa approssimativamente tra gli anni ’70 dell’Ottocento e la rinascita della neoscolastica negli anni ’20, è invece stata per lo più trascurata. Le poche ricerche esistenti appaiono insufficienti. Alcune, risalenti alla prima metà del secolo scorso, rimangono condizionate da ragioni ideologiche, mentre altre scontano un approccio molecolare. Manca soprattutto uno studio d’insieme che mostri il percorso comune, le ragioni caratterizzanti, i legami, la forza propulsiva, i ritardi. La carenza di approfondimenti in merito ha favorito nelle più generali storie della pedagogia la diffusione di una lettura «negativa» di questa stagione, che ne ha evidenziato soprattutto i limiti teorici. Secondo questa interpretazione, gli eredi della pedagogia risorgimentale non sarebbero stati in grado di misurarsi con il più incisivo positivismo, condannando la riflessione di matrice cristiana alla marginalità. La metafora dell’«eclissi» usata da Franco Cambi enuclea chiaramente il senso di questa ricostruzione. Si tratta di sintesi che meritano di essere riviste sulla base di un più accurato confronto con le fonti primarie. La presente ricerca intende iniziare questo complesso lavoro, nel tentativo di migliorare le conoscenze su questo significativo scorcio della storia pedagogica. Data la vastità del tema, le indagini proposte rappresentano solo un primo «assaggio» di un terreno che necessita ulteriori esplorazioni. La ricerca si svolge su tre direzioni principali, che rappresentano anche le parti in cui è suddivisa la tesi. Sebbene si presentino abbastanza distinti, i percorsi sono strettamente connessi tra loro. Nella prima parte del lavoro, sono approfondite alcune delle più importanti personalità spiritualiste dell’epoca: Giuseppe Allievo, Francesco Paoli, Carlo Uttini, Augusto Conti e Augusto Alfani. Mentre la riflessione dei primi tre si innesta nel ceppo della scuola rosminiana, Conti e Alfani si rifanno alla tradizione «moderata» toscana. Si tratta di autori che incrociano la storia dell’educazione e della pedagogia in diversi ambiti, come le battaglie per la libertà d’insegnamento, la diffusione del self-helpismo in Italia, la manualistica per l’insegnamento della pedagogia, la storia dell’infanzia, i plutarchi femminili, etc... All’analisi di questi cinque autori è aggiunto un breve capitolo dedicato ad una nota rivista toscana dell’epoca: la «Rassegna Nazionale». Il periodico, che fu il maggiore organo dei cattolici liberali italiani, è stato variamente studiato sotto il profilo politico e religioso. Il versante «pedagogico» è stato, invece, perlopiù tralasciato, sebbene la rivista abbia rappresentato una «piazza» rilevante per la riflessione educativa spiritualista. Vi collaborarono, infatti, alcuni dei suoi più importanti esponenti. Fu uno spazio di incontri, influenze, fermenti, che appare di primaria importanza nell’itinerario della pedagogia cristiana. Nella seconda parte del lavoro si sono affrontati tre pedagogisti spiritualisti francesi che ebbero largo corso in Italia: Félix Dupanloup, Jean Guibert e Martin Stanislas Gillet. Si tratta di autori abbastanza distanti cronologicamente, ma strettamente legati nelle tematiche di fondo. Félix Dupanloup, un eccellente educatore prima che teorico dell’educazione, presenta una pedagogia incentrata sulla riflessione filosofica, ma anche attenta ai vissuti educativi e alla psicologia infantile. Diede un fondamentale contributo alle sorti del sistema scolastico francese (fu il principale fautore della legge Falloux e della riforma dell’istruzione superiore nel 1875), e per l’evoluzione della riflessione cristiana sull’educazione femminile. L’opera di Jean Guibert, sebbene particolarmente influente nel suo tempo, è stata perlopiù trascurata dalla storiografia. Docente presso l’Istituto Cattolico di Parigi, dedicò la sua vita all’insegnamento e all’elaborazione pedagogica. Nei suoi numerosi libri si occupò di questioni come l’educazione del carattere, la formazione cristiana, lo sviluppo della coscienza e del senso etico, il rapporto tra religione e scienza. In Italia le sue opere conobbero una vasta fortuna (diverse superarono i 15.000 esemplari), grazie specialmente alla casa editrice salesiana e alla Marietti che ne tradussero e diffusero alcune delle più fortunate. Martin Stanislas Gillet rappresenta un autore di fondamentale importanza nella rinascita pedagogica della neoscolastica. Anche in questo caso, il suo contributo è rimasto perlopiù inedito. Professore di filosofia e pedagogia all’Università di Lovanio e all’Istituto Cattolico di Parigi, diresse la nota rivista «Revue des jeunes», per poi divenire padre generale dei domenicani. I suoi saggi furono lungamente tradotti anche in Italia. La sua opera appare di grande interesse per la sua caratura filosofica e il serrato confronto con la psicologia e sociologia coeva. Contro la deriva scientista, il domenicano sosteneva la necessità di promuovere una prospettiva spiritualista nell’affronto dei problemi relativi alla persona ed invitava a riprendere l’approccio metafisico per poter collocare su solide fondamenta l’etica e la pedagogia. Risultano di particolare spessore i suoi studi sulla formazione del carattere e le riflessioni dedicate alla «pedagogia dei valori». Nella terza parte sono stati approfonditi i temi e i modelli educativi di alcuni dei più diffusi «plutarchi» francesi tradotti in Italia. Questa produzione «torrenziale», sebbene senza pretese e destinata ad un ampio consumo, presenta numerosi legami con l’elaborazione più alta. L’indagine proposta rappresenta un piccolo «carotaggio» in un settore sterminato. Il campione analizzato, composto da una ventina di titoli, appare molto utile a lumeggiare gli ideali «perfettivi», i messaggi morali, gli stereotipi di genere veicolati in questo filone. Tra gli aspetti principali, sono stati approfonditi temi come la rappresentazione del ruolo femminile nella società, i suoi «doveri» in casa, l’educazione e l’istruzione delle giovani, i «miti» della donna «salvatrice» e «missionaria».
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