Il lavoro qui presentato s’inserisce nel progetto di ricerca “Tipologie e identità del personaggio medievale fra modelli antropologici e applicazioni letterarie”, promosso dall’Università di Macerata e coordinato da Massimo Bonafin. Questo è a sua volta inserito nel più ampio progetto PRIN, attivato nel 2008, “Passato e futuro del medioevo. Figure dell’immaginario” (PRIN 2008WY7TXK_003), coordinato da Mario Mancini e finalizzato, come si leggeva nella nota riservata agli obiettivi, a «una ricerca dedicata all’emergere della soggettività medievale», la quale «può forse contribuire alla comprensione delle questioni legate al processo dialettico della costruzione del soggetto tout court». Non si è trattato, in questa sede, d’interrogarsi su una definizione di soggetto nel medioevo, secondo una prospettiva storica, ma di focalizzare l’analisi sulla rappresentazione dell’identità finzionale veicolata dal corpus dei primi frammenti in antico francese di una leggenda, quella di Tristano e Isotta, destinata a segnare profondamente la tradizione letteraria (e non solo letteraria) europea. I testi del Roman de Tristan del XII secolo sono parsi, infatti, un ricco laboratorio in cui tentare di problematizzare l’asserto, piuttosto condiviso, per il quale il personaggio medievale, distante dalla moderna idea di personaggio, sarebbe da intendersi come la concretizzazione di una maschera fissa, di un tipo, un modello, estraneo a una visione complessa e articolata dell’individuo. Alcuni recenti studi hanno intuito la possibilità di rintracciare, attraverso l’applicazione ai testi medievali di teorie critiche moderne improntate all’antropologia e alla psicoanalisi, una visione del personaggio come processo, come rete in cui s’intrecciano elementi eterogenei. Questo tipo di analisi si è per lo più rivolto alla produzione in prosa del XIII secolo: la prassi romanzesca, più consapevole dei propri strumenti rispetto agli esordi, mostra ormai a quest’altezza cronologica una certa abilità nel creare un tessuto di scrittura da cui emerga l’immagine di un soggetto complesso, sempre diviso tra identità e alterità. È sembrato però opportuno riflettere sulla possibilità di rintracciare una simile complessità anche nei primi passi del romanzo europeo, rileggendo i testi tristaniani allo scopo di analizzarne le dinamiche identitarie che li attraversano, con la convinzione che un’analisi dello statuto dell’identità finzionale possa illuminare le intime logiche diegetiche attive nella testualità e svelare isotopie non immediatamente afferrabili. Il lavoro si è articolato intorno a due assi. In una prima fase, si è provveduto alla messa a punto di alcuni strumenti teorici e metodologici utili all’analisi del personaggio, in uno sforzo di approfondimento e adattamento alla produzione letteraria dell’epoca medievale di teorie del personaggio spesso nate da un corpus di testi moderni; si è proceduto, in seguito, a un’analisi critica della rappresentazione dell’identità proposta dai testi francesi del XII secolo che ci hanno tramandato la leggenda di Tristano. Nella parte prettamente teorico-letteraria uno spazio particolare è stato riservato alle note di Ferdinand De Saussure dedicate al personaggio leggendario e mitologico, finora poco considerate negli studi teorici sull’essere di finzione. Sulla scia di recenti ricerche dedicate a questa parte del ‘Fonds Saussure’, l’analisi delle note saussuriane, oggetto anche di una consultazione diretta presso la Biblioteca di Ginevra, ha permesso di intravedervi l’idea, non portata a un’elaborazione puntuale, di una visione del personaggio improntata a una logica del vuoto, dell’assenza e del continuo rinvio all’alterità, offrendo la possibilità di tracciare dei parallelismi tra le ricerche di Saussure sul personaggio del mito e della leggenda e la visione freudiana, elaborata all’incirca negli stessi anni, di un soggetto diviso. Inoltre, si sono rivelati particolarmente proficui nello studio del personaggio medievale gli schemi analitici offerti dalla ‘semiotica delle passioni’, e quelli provenienti dalle teorie antropologiche di René Girard sul desiderio mimetico e di Victor Turner sulla liminalità e la performance. La discussione di dette teorie e il loro riscontro nell’analisi dei testi tristaniani hanno indirizzato verso una descrizione del personaggio come costruito attraverso una serie di complessi rapporti tra gli attori di un’opera, in una rete di richiami, parallelismi, ossimori, che, costituendo la struttura profonda dell’articolazione testuale, configurano un’idea di soggetto da intendersi, già modernamente, come processo, non entità chiusa e data una volta per tutte, ma costruzione dinamica affidata a una serie di identificazioni, a meccanismi di estrapolazione e assimilazione di tratti identitari, sia rispetto ai personaggi contigui, sia rispetto ai modelli della cultura e dell’immaginario. Al centro delle analisi dei testi si è collocato il tratto della ‘riflessività’, di quella propensione estensiva che sembra caratterizzare, nella parabola tristaniana, il personaggio e la sua storia. La storia di Tristano vive, bel oltre i casi evidenti dei testi delle “Folies Tristan”, di un costante sdoppiamento dei livelli diegetici, non è semplicemente scrittura disseminata ma ‘messa in scena della disseminazione’. I testi tristaniani si articolano intorno a dinamiche ludiche, facendo del ‘gioco’ un percorso di formalizzazione tanto del tessuto diegetico quanto delle dinamiche identitarie, percorso in cui il personaggio avvia, dal suo particolare ‘centro di valore’, un racconto performativo con cui rielabora criticamente la sua storia e, manipolando i segni del romanzo di “Tristano e Isotta”, lo riconfigura, proponendo altri possibili narrativi, in una disponibilità della storia ad aprirsi a storie adiacenti, a scivolamenti verso il contiguo o l’opposto. L’accento posto nelle analisi sulla categoria della riflessività, sulla propensione del soggetto a ‘risoggettivarsi’ creando estensioni di sé, sulle dinamiche che lo legano all’alterità ha permesso di rintracciare nei testi isotopie che ridimensionano le prospettive di alcune tradizionali letture storico-letterarie imperniate sugli aspetti di morale sociale e religiosa che percorrerebbero le riscritture della leggenda tristaniana nel XII secolo.

Identità e alterità del personaggio medievale: attraverso i testi antico francesi della leggenda di Tristano

PATERA, Teodoro
2014-01-01

Abstract

Il lavoro qui presentato s’inserisce nel progetto di ricerca “Tipologie e identità del personaggio medievale fra modelli antropologici e applicazioni letterarie”, promosso dall’Università di Macerata e coordinato da Massimo Bonafin. Questo è a sua volta inserito nel più ampio progetto PRIN, attivato nel 2008, “Passato e futuro del medioevo. Figure dell’immaginario” (PRIN 2008WY7TXK_003), coordinato da Mario Mancini e finalizzato, come si leggeva nella nota riservata agli obiettivi, a «una ricerca dedicata all’emergere della soggettività medievale», la quale «può forse contribuire alla comprensione delle questioni legate al processo dialettico della costruzione del soggetto tout court». Non si è trattato, in questa sede, d’interrogarsi su una definizione di soggetto nel medioevo, secondo una prospettiva storica, ma di focalizzare l’analisi sulla rappresentazione dell’identità finzionale veicolata dal corpus dei primi frammenti in antico francese di una leggenda, quella di Tristano e Isotta, destinata a segnare profondamente la tradizione letteraria (e non solo letteraria) europea. I testi del Roman de Tristan del XII secolo sono parsi, infatti, un ricco laboratorio in cui tentare di problematizzare l’asserto, piuttosto condiviso, per il quale il personaggio medievale, distante dalla moderna idea di personaggio, sarebbe da intendersi come la concretizzazione di una maschera fissa, di un tipo, un modello, estraneo a una visione complessa e articolata dell’individuo. Alcuni recenti studi hanno intuito la possibilità di rintracciare, attraverso l’applicazione ai testi medievali di teorie critiche moderne improntate all’antropologia e alla psicoanalisi, una visione del personaggio come processo, come rete in cui s’intrecciano elementi eterogenei. Questo tipo di analisi si è per lo più rivolto alla produzione in prosa del XIII secolo: la prassi romanzesca, più consapevole dei propri strumenti rispetto agli esordi, mostra ormai a quest’altezza cronologica una certa abilità nel creare un tessuto di scrittura da cui emerga l’immagine di un soggetto complesso, sempre diviso tra identità e alterità. È sembrato però opportuno riflettere sulla possibilità di rintracciare una simile complessità anche nei primi passi del romanzo europeo, rileggendo i testi tristaniani allo scopo di analizzarne le dinamiche identitarie che li attraversano, con la convinzione che un’analisi dello statuto dell’identità finzionale possa illuminare le intime logiche diegetiche attive nella testualità e svelare isotopie non immediatamente afferrabili. Il lavoro si è articolato intorno a due assi. In una prima fase, si è provveduto alla messa a punto di alcuni strumenti teorici e metodologici utili all’analisi del personaggio, in uno sforzo di approfondimento e adattamento alla produzione letteraria dell’epoca medievale di teorie del personaggio spesso nate da un corpus di testi moderni; si è proceduto, in seguito, a un’analisi critica della rappresentazione dell’identità proposta dai testi francesi del XII secolo che ci hanno tramandato la leggenda di Tristano. Nella parte prettamente teorico-letteraria uno spazio particolare è stato riservato alle note di Ferdinand De Saussure dedicate al personaggio leggendario e mitologico, finora poco considerate negli studi teorici sull’essere di finzione. Sulla scia di recenti ricerche dedicate a questa parte del ‘Fonds Saussure’, l’analisi delle note saussuriane, oggetto anche di una consultazione diretta presso la Biblioteca di Ginevra, ha permesso di intravedervi l’idea, non portata a un’elaborazione puntuale, di una visione del personaggio improntata a una logica del vuoto, dell’assenza e del continuo rinvio all’alterità, offrendo la possibilità di tracciare dei parallelismi tra le ricerche di Saussure sul personaggio del mito e della leggenda e la visione freudiana, elaborata all’incirca negli stessi anni, di un soggetto diviso. Inoltre, si sono rivelati particolarmente proficui nello studio del personaggio medievale gli schemi analitici offerti dalla ‘semiotica delle passioni’, e quelli provenienti dalle teorie antropologiche di René Girard sul desiderio mimetico e di Victor Turner sulla liminalità e la performance. La discussione di dette teorie e il loro riscontro nell’analisi dei testi tristaniani hanno indirizzato verso una descrizione del personaggio come costruito attraverso una serie di complessi rapporti tra gli attori di un’opera, in una rete di richiami, parallelismi, ossimori, che, costituendo la struttura profonda dell’articolazione testuale, configurano un’idea di soggetto da intendersi, già modernamente, come processo, non entità chiusa e data una volta per tutte, ma costruzione dinamica affidata a una serie di identificazioni, a meccanismi di estrapolazione e assimilazione di tratti identitari, sia rispetto ai personaggi contigui, sia rispetto ai modelli della cultura e dell’immaginario. Al centro delle analisi dei testi si è collocato il tratto della ‘riflessività’, di quella propensione estensiva che sembra caratterizzare, nella parabola tristaniana, il personaggio e la sua storia. La storia di Tristano vive, bel oltre i casi evidenti dei testi delle “Folies Tristan”, di un costante sdoppiamento dei livelli diegetici, non è semplicemente scrittura disseminata ma ‘messa in scena della disseminazione’. I testi tristaniani si articolano intorno a dinamiche ludiche, facendo del ‘gioco’ un percorso di formalizzazione tanto del tessuto diegetico quanto delle dinamiche identitarie, percorso in cui il personaggio avvia, dal suo particolare ‘centro di valore’, un racconto performativo con cui rielabora criticamente la sua storia e, manipolando i segni del romanzo di “Tristano e Isotta”, lo riconfigura, proponendo altri possibili narrativi, in una disponibilità della storia ad aprirsi a storie adiacenti, a scivolamenti verso il contiguo o l’opposto. L’accento posto nelle analisi sulla categoria della riflessività, sulla propensione del soggetto a ‘risoggettivarsi’ creando estensioni di sé, sulle dinamiche che lo legano all’alterità ha permesso di rintracciare nei testi isotopie che ridimensionano le prospettive di alcune tradizionali letture storico-letterarie imperniate sugli aspetti di morale sociale e religiosa che percorrerebbero le riscritture della leggenda tristaniana nel XII secolo.
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