L’opera di Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu, ed in particolare il testo cardine del suo pensiero, l’Esprit des Lois, può senza alcun dubbio essere posta alla base delle principali formulazioni dei problemi giuridici e politici dell’età dei Lumi, nonché punto di avvio privilegiato di un gran numero di riflessioni speculative del secolo XIX. Proprio all’analisi della più significativa opera giuridica-politica-sociale del filosofo bordolese della prima metà del Settecento, è rivolta la presente tesi di dottorato di ricerca, con attento riferimento alla teoria della separazione dei poteri, da Montesquieu elaborata e che trova l’addentellato nel cruciale Libro XI del testo in esame. Quando nel 1748 il libro di Montesquieu fu pubblicato a Ginevra, e nell’arco temporale di appena due anni letto in tutta Europa ed oggetto di ben ventidue edizioni, il «padre» del moderno costituzionalismo non avrebbe mai potuto immaginare che stesse offrendo un vivace contributo allo sviluppo intellettuale di quegli uomini che, nel 1787, avrebbero scritto la Costituzione degli Stati Uniti e che, tutte le parti che intervennero nel dibattito che la precedette, lo avrebbero citato come un’autorità. Montesquieu e la sua teoria della separazione dei poteri, infatti, divennero tra Sette e Ottocento il collegamento imprescindibile tra l’idea tradizionale e quella moderna di governo costituzionale, tanto da portare alcuni studiosi ad attribuire al filosofo di La Brède l’appellativo di «oracolo in due Continenti». È sufficiente del resto qui ricordare che, quando ancora il movimento dei philosophes viveva la sua fase embrionale, Montesquieu già poneva le basi del loro pensiero e di tutta la moderna impostazione teorica dello stato liberale. Un percorso alla inesauribile ricerca di una libertà e alla scoperta di nuovi strumenti di garanzia della stessa. È su questo terreno che si realizza l’incessante opera di Montesquieu e del costituzionalismo, il cui processo fatto di lotte e conquiste sembra non giungere mai a reale conclusione. Al fine di agevolare la comprensione dei nodi cruciali del pensiero giuridico del filosofo francese, seguendo un metodo rigorosamente legato all’analisi testuale, si è cercato nel presente lavoro di illustrare ed esaminare le principali tematiche dell’opus maius di Montesquieu: dalla teoria della tripartizione dei governi (repubblica, monarchia e dispotismo) a quelle sulla libertà politica e le forme istituzionali che meglio la realizzano, fornendo altresì alcune chiavi di lettura del pensiero montesquiviano offerte dai più significativi interpreti otto-novecenteschi. Nello specifico, il primo capitolo, dopo aver ricostruito un’ampia e dettagliata rassegna di studi degli ultimi cinquant’anni annidatasi attorno alle speculazioni filosofiche, politiche, giuridiche e sociali di Montesquieu, concentra innanzitutto il proprio focus sui concetti di «diritto» e «giustizia», sulla nuova accezione montesquiviana della legge, sganciata dalla morale e dalla teologia (da qui le dure accuse di ateismo e di deismo mosse al filosofo), e sullo scarso interesse mostrato dall’Autore per le teorie sullo stato di natura che riverbera le sue conseguenze nel capovolgimento del concetto del contrattualismo classico. Nella seconda parte del capitolo si passa, quindi, ad analizzare la natura ed i princìpi dei governi individuando le caratteristiche precipue delle tre forme governative, per le quali Montesquieu proponeva una classificazione di tipo valutativo che permetteva di distinguere le forme corrette da quelle corrotte. Al riguardo si mettono altresì in luce le caratteristiche specifiche di una delle tre forme, quella dispotica, tra le più interessanti dal punto di vista interpretativo, in quanto intesa non più come possibile degenerazione del governo monarchico, ma come forma autonoma in cui la religione gioca il complesso ruolo di limite all’arbitrio. Il secondo capitolo focalizza invece l’attività speculativa sulla teoria della separazione dei poteri. Prima di addentrarsi nell’analisi della struttura politica-istituzionale, Montesquieu prende però in esame il concetto di libertà politica, i suoi caratteri ed il rapporto con la libertà filosofica. Ne discende l’interesse del nostro lavoro per le «leggi che formano la libertà politica, nel suo rapporto con il cittadino» e per le «leggi che formano la libertà politica, nel suo rapporto con la costituzione». Il punto nodale della ricerca è qui sviluppato cercando di rivolgere la propria attenzione ai tre poteri statuali individuati da Montesquieu (il potere legislativo, il potere esecutivo delle cose che dipendono dal diritto delle genti ed il potere esecutivo delle cose che dipendono dal diritto civile) e ai loro reciproci rapporti. Nell’ultimo capitolo, infine, si forniscono le più accreditate riflessioni speculative sull’evoluzione del concetto di separazione dei poteri, partendo dai sempre validi studi di Charles Eisenmann per arrivare, tra gli altri, a quelli più recenti ed interessanti di Michel Troper e Mauro Barberis, nel tentativo di comprendere le modalità attraverso le quali si sia passati dall’accezione della separazione dei poteri, come la si intendeva nel diciottesimo secolo, all’interpretazione fornita successivamente nel corso del diciannovesimo secolo fino alle più attuali chiavi di lettura.

La teoria della separazione dei poteri di Montesquieu

DI BERARDINO, Alberta
2014-01-01

Abstract

L’opera di Charles-Louis de Secondat, barone di La Brède e di Montesquieu, ed in particolare il testo cardine del suo pensiero, l’Esprit des Lois, può senza alcun dubbio essere posta alla base delle principali formulazioni dei problemi giuridici e politici dell’età dei Lumi, nonché punto di avvio privilegiato di un gran numero di riflessioni speculative del secolo XIX. Proprio all’analisi della più significativa opera giuridica-politica-sociale del filosofo bordolese della prima metà del Settecento, è rivolta la presente tesi di dottorato di ricerca, con attento riferimento alla teoria della separazione dei poteri, da Montesquieu elaborata e che trova l’addentellato nel cruciale Libro XI del testo in esame. Quando nel 1748 il libro di Montesquieu fu pubblicato a Ginevra, e nell’arco temporale di appena due anni letto in tutta Europa ed oggetto di ben ventidue edizioni, il «padre» del moderno costituzionalismo non avrebbe mai potuto immaginare che stesse offrendo un vivace contributo allo sviluppo intellettuale di quegli uomini che, nel 1787, avrebbero scritto la Costituzione degli Stati Uniti e che, tutte le parti che intervennero nel dibattito che la precedette, lo avrebbero citato come un’autorità. Montesquieu e la sua teoria della separazione dei poteri, infatti, divennero tra Sette e Ottocento il collegamento imprescindibile tra l’idea tradizionale e quella moderna di governo costituzionale, tanto da portare alcuni studiosi ad attribuire al filosofo di La Brède l’appellativo di «oracolo in due Continenti». È sufficiente del resto qui ricordare che, quando ancora il movimento dei philosophes viveva la sua fase embrionale, Montesquieu già poneva le basi del loro pensiero e di tutta la moderna impostazione teorica dello stato liberale. Un percorso alla inesauribile ricerca di una libertà e alla scoperta di nuovi strumenti di garanzia della stessa. È su questo terreno che si realizza l’incessante opera di Montesquieu e del costituzionalismo, il cui processo fatto di lotte e conquiste sembra non giungere mai a reale conclusione. Al fine di agevolare la comprensione dei nodi cruciali del pensiero giuridico del filosofo francese, seguendo un metodo rigorosamente legato all’analisi testuale, si è cercato nel presente lavoro di illustrare ed esaminare le principali tematiche dell’opus maius di Montesquieu: dalla teoria della tripartizione dei governi (repubblica, monarchia e dispotismo) a quelle sulla libertà politica e le forme istituzionali che meglio la realizzano, fornendo altresì alcune chiavi di lettura del pensiero montesquiviano offerte dai più significativi interpreti otto-novecenteschi. Nello specifico, il primo capitolo, dopo aver ricostruito un’ampia e dettagliata rassegna di studi degli ultimi cinquant’anni annidatasi attorno alle speculazioni filosofiche, politiche, giuridiche e sociali di Montesquieu, concentra innanzitutto il proprio focus sui concetti di «diritto» e «giustizia», sulla nuova accezione montesquiviana della legge, sganciata dalla morale e dalla teologia (da qui le dure accuse di ateismo e di deismo mosse al filosofo), e sullo scarso interesse mostrato dall’Autore per le teorie sullo stato di natura che riverbera le sue conseguenze nel capovolgimento del concetto del contrattualismo classico. Nella seconda parte del capitolo si passa, quindi, ad analizzare la natura ed i princìpi dei governi individuando le caratteristiche precipue delle tre forme governative, per le quali Montesquieu proponeva una classificazione di tipo valutativo che permetteva di distinguere le forme corrette da quelle corrotte. Al riguardo si mettono altresì in luce le caratteristiche specifiche di una delle tre forme, quella dispotica, tra le più interessanti dal punto di vista interpretativo, in quanto intesa non più come possibile degenerazione del governo monarchico, ma come forma autonoma in cui la religione gioca il complesso ruolo di limite all’arbitrio. Il secondo capitolo focalizza invece l’attività speculativa sulla teoria della separazione dei poteri. Prima di addentrarsi nell’analisi della struttura politica-istituzionale, Montesquieu prende però in esame il concetto di libertà politica, i suoi caratteri ed il rapporto con la libertà filosofica. Ne discende l’interesse del nostro lavoro per le «leggi che formano la libertà politica, nel suo rapporto con il cittadino» e per le «leggi che formano la libertà politica, nel suo rapporto con la costituzione». Il punto nodale della ricerca è qui sviluppato cercando di rivolgere la propria attenzione ai tre poteri statuali individuati da Montesquieu (il potere legislativo, il potere esecutivo delle cose che dipendono dal diritto delle genti ed il potere esecutivo delle cose che dipendono dal diritto civile) e ai loro reciproci rapporti. Nell’ultimo capitolo, infine, si forniscono le più accreditate riflessioni speculative sull’evoluzione del concetto di separazione dei poteri, partendo dai sempre validi studi di Charles Eisenmann per arrivare, tra gli altri, a quelli più recenti ed interessanti di Michel Troper e Mauro Barberis, nel tentativo di comprendere le modalità attraverso le quali si sia passati dall’accezione della separazione dei poteri, come la si intendeva nel diciottesimo secolo, all’interpretazione fornita successivamente nel corso del diciannovesimo secolo fino alle più attuali chiavi di lettura.
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