La Calcutta Review fece la sua prima comparsa nel 1844, ebbe una diffusione transcontinentale, conobbe un periodo di notevole successo e, pur attraverso momenti di criticità, è ancora pubblicata. Ispirata dal modello della Edinburgh Review e della Quarterly Review fino al 1921, la rivista uscì con cadenza trimestrale proponendo recensioni di libri relativi alla vita economica, amministrativa e culturale del sub-continente indiano con l’obiettivo di offrire alle alte sfere del potere gli strumenti di conoscenza necessari per la gestione e il controllo del paese. Fondata da John William Kaye, giornalista, storico, romanziere e poeta, poté contare sulla collaborazione di intellettuali che emergono nel panorama coloniale per levatura culturale, impegno religioso o militare. Giudicata una voce affidabile e autorevole, venne spesso citata nell’Ottocento nei dibattiti parlamentari e contribuì alla formazione di una sfera pubblica tesa a promuovere l’ethos imperiale ed a interpretare l’impresa coloniale come la realizzazione di un progetto divino. Nonostante il ruolo centrale che ricoprì nella colonia e nella metropoli, la Calcutta Review non è mai stata oggetto di analisi critiche: Recensendo l’India vuole colmare una lacuna nella storia dei media del periodo e ripercorre i primi 35 anni della vita della rivista. Benché i volumi della Calcutta Review siano oggi disponibili in versione digitale, la consultazione delle copie cartacee è imprescindibile: i testi conservati nelle biblioteche di Londra, Cambridge, Monaco di Baviera, Calcutta e Serampore hanno fornito elementi paratestuali di grande valore per la comprensione della realtà storico-economica della rivista, assenti nelle edizioni virtuali. Il lavoro di ricerca sulla Calcutta Review predilige un approccio empirico: questa chiave di lettura non intende supplire alle esigenze di critica letteraria, esegesi filologica, analisi testuale, ma vuole far emergere la realtà economico-culturale dell’India coloniale britannica. Particolare attenzione viene dedicata al circuito della comunicazione, all’avvicendarsi dei proprietari, dei direttori e alle strategie di marketing adottate nel corso del tempo. Nella misura delle possibilità ricostruttive, viene così ripercorso il processo di produzione e di disseminazione dei testi dall’autore al consumatore, fino allo studio delle pratiche di lettura più frequenti. Il lettore storico ottocentesco rappresenta molto spesso, l’anello debole, anzi, l’elemento mancante nella storia della stampa: se, come nel nostro caso, i libri contabili e la lista degli abbonati non sono stati ancora ritrovati o sono andati, forse irrimediabilmente, perduti, delineare la fisionomia del pubblico della Calcutta Review non è impresa facile. Utilizzando un approccio piuttosto innovativo, si è provato a definire le fasce sociali dell’utenza interpretando il messaggio pubblicitario come lo specchio della fisionomia del consumatore. Per contestualizzare il ruolo che la Calcutta Review ebbe sul mercato editoriale, questa indagine presenta una breve rassegna delle pubblicazioni che avrebbero potuto contenderle la stessa fascia di lettori inserendo la rivista nel panorama della stampa coloniale e sottolinea i fattori differenziali che ne assicurarono il successo. Da alcune riflessioni sulle ragioni che spinsero i direttori del periodico al passaggio dall’anonimato all’autorialità si evince che, malgrado la stampa periodica rappresenti fondamentalmente un prodotto culturale multivocale e poliedrico, essere consapevoli dell’identità dei collaboratori permette di recuperare una sorta di dialogo che si stabilisce fra i testi, storicizzandoli. Parte integrante di questo lavoro di ricerca sono, infatti, le indicazioni bibliografiche che rivelano i nomi degli autori. Per cogliere le reti sociali che supportarono e influenzarono la Calcutta Review viene inoltre illustrata l’avventura esistenziale e letteraria del fondatore e dei primi collaboratori di prestigio: il reverendo Alexander Duff e i coniugi Henry Montgomery e Honoria Lawrence. I testi di scrittori indiani pubblicati sulle pagine della rivista, costituiscono un altro elemento di notevole interesse dal momento che la partecipazione di soggetti subalterni in periodici gestiti dalla classe dominante è un fenomeno ancora poco studiato. Recensendo l'India, vuole restituire alla Calcutta Review la visibilità che merita nel panorama dei media anglo-indiani mettendo in luce l’originalità e il ruolo che essa intese svolgere ai fini della mediazione socio-culturale tra madrepatria e colonia, governo imperiale e amministrazione locale, classe egemone e classi emergenti. Quanto riemerge dal passato garantisce una ricostruzione rilevante, benché parziale e interlocutoria, di un prodotto unico nel panorama della stampa periodica nell’India coloniale e offre l’affresco di un’epoca da una prospettiva inedita perché fondato sullo studio del circuito della comunicazione. I risultati ottenuti sono incompleti, ma si auspica che rappresentino un primo avvio del lavoro di ricerca e l’occasione per approfondimenti futuri sollecitando nuovi e più approfonditi studi sulla rivista, proprio perché molto resta da conoscere, esplorare, investigare.

Recensendo l'India: la "Calcutta Review" dal 1844 al 1878

CONSONNI, Antonietta
2014-01-01

Abstract

La Calcutta Review fece la sua prima comparsa nel 1844, ebbe una diffusione transcontinentale, conobbe un periodo di notevole successo e, pur attraverso momenti di criticità, è ancora pubblicata. Ispirata dal modello della Edinburgh Review e della Quarterly Review fino al 1921, la rivista uscì con cadenza trimestrale proponendo recensioni di libri relativi alla vita economica, amministrativa e culturale del sub-continente indiano con l’obiettivo di offrire alle alte sfere del potere gli strumenti di conoscenza necessari per la gestione e il controllo del paese. Fondata da John William Kaye, giornalista, storico, romanziere e poeta, poté contare sulla collaborazione di intellettuali che emergono nel panorama coloniale per levatura culturale, impegno religioso o militare. Giudicata una voce affidabile e autorevole, venne spesso citata nell’Ottocento nei dibattiti parlamentari e contribuì alla formazione di una sfera pubblica tesa a promuovere l’ethos imperiale ed a interpretare l’impresa coloniale come la realizzazione di un progetto divino. Nonostante il ruolo centrale che ricoprì nella colonia e nella metropoli, la Calcutta Review non è mai stata oggetto di analisi critiche: Recensendo l’India vuole colmare una lacuna nella storia dei media del periodo e ripercorre i primi 35 anni della vita della rivista. Benché i volumi della Calcutta Review siano oggi disponibili in versione digitale, la consultazione delle copie cartacee è imprescindibile: i testi conservati nelle biblioteche di Londra, Cambridge, Monaco di Baviera, Calcutta e Serampore hanno fornito elementi paratestuali di grande valore per la comprensione della realtà storico-economica della rivista, assenti nelle edizioni virtuali. Il lavoro di ricerca sulla Calcutta Review predilige un approccio empirico: questa chiave di lettura non intende supplire alle esigenze di critica letteraria, esegesi filologica, analisi testuale, ma vuole far emergere la realtà economico-culturale dell’India coloniale britannica. Particolare attenzione viene dedicata al circuito della comunicazione, all’avvicendarsi dei proprietari, dei direttori e alle strategie di marketing adottate nel corso del tempo. Nella misura delle possibilità ricostruttive, viene così ripercorso il processo di produzione e di disseminazione dei testi dall’autore al consumatore, fino allo studio delle pratiche di lettura più frequenti. Il lettore storico ottocentesco rappresenta molto spesso, l’anello debole, anzi, l’elemento mancante nella storia della stampa: se, come nel nostro caso, i libri contabili e la lista degli abbonati non sono stati ancora ritrovati o sono andati, forse irrimediabilmente, perduti, delineare la fisionomia del pubblico della Calcutta Review non è impresa facile. Utilizzando un approccio piuttosto innovativo, si è provato a definire le fasce sociali dell’utenza interpretando il messaggio pubblicitario come lo specchio della fisionomia del consumatore. Per contestualizzare il ruolo che la Calcutta Review ebbe sul mercato editoriale, questa indagine presenta una breve rassegna delle pubblicazioni che avrebbero potuto contenderle la stessa fascia di lettori inserendo la rivista nel panorama della stampa coloniale e sottolinea i fattori differenziali che ne assicurarono il successo. Da alcune riflessioni sulle ragioni che spinsero i direttori del periodico al passaggio dall’anonimato all’autorialità si evince che, malgrado la stampa periodica rappresenti fondamentalmente un prodotto culturale multivocale e poliedrico, essere consapevoli dell’identità dei collaboratori permette di recuperare una sorta di dialogo che si stabilisce fra i testi, storicizzandoli. Parte integrante di questo lavoro di ricerca sono, infatti, le indicazioni bibliografiche che rivelano i nomi degli autori. Per cogliere le reti sociali che supportarono e influenzarono la Calcutta Review viene inoltre illustrata l’avventura esistenziale e letteraria del fondatore e dei primi collaboratori di prestigio: il reverendo Alexander Duff e i coniugi Henry Montgomery e Honoria Lawrence. I testi di scrittori indiani pubblicati sulle pagine della rivista, costituiscono un altro elemento di notevole interesse dal momento che la partecipazione di soggetti subalterni in periodici gestiti dalla classe dominante è un fenomeno ancora poco studiato. Recensendo l'India, vuole restituire alla Calcutta Review la visibilità che merita nel panorama dei media anglo-indiani mettendo in luce l’originalità e il ruolo che essa intese svolgere ai fini della mediazione socio-culturale tra madrepatria e colonia, governo imperiale e amministrazione locale, classe egemone e classi emergenti. Quanto riemerge dal passato garantisce una ricostruzione rilevante, benché parziale e interlocutoria, di un prodotto unico nel panorama della stampa periodica nell’India coloniale e offre l’affresco di un’epoca da una prospettiva inedita perché fondato sullo studio del circuito della comunicazione. I risultati ottenuti sono incompleti, ma si auspica che rappresentino un primo avvio del lavoro di ricerca e l’occasione per approfondimenti futuri sollecitando nuovi e più approfonditi studi sulla rivista, proprio perché molto resta da conoscere, esplorare, investigare.
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