L’esigenza etica che si impone, in questi tempi di alienazione-da-lavoro è quella radicale della rigenerazione dell’essere-umano; ed essa può trovare soddisfazione esclusivamente tramite la ripresa del contatto con la fonte ontologica della prassi, con l’essere intero e assoluto, trascendentale dei trascendentali, cui l’umano continua ad essere costitutivamente relativo, pur nell’apparente inconsapevolezza o dimenticanza, che accompagna il processo di detrascendentalizzazione epocale in corso nell’attualità del filosofare. Ed è precisamente in relazione a tale nodo problematico riguardante la possibile sutura tra l’essere per sé e l’essere per noi, che la riflessione di Francesco Totaro consegue il suo risultato più significativo, nella misura in cui rende manifesto il fatto poco osservato che dal tronco ritenuto inaridito dell’etica sgorga tuttora un rivolo d’essere, grazie ad una inattesa «spaccatura», per la quale «l’apertura interale si frange nell’apertura esistenziale» di «un rapporto ‘mancante’ o deficitario ma desiderato» tra esistenza finita ed essere interale. La finitezza antropologica, oggetto della ricerca ontologica più recente, emerge così – e proprio nella sua condizione finita di identità e insieme non identità con l’essere – quale luogo privilegiato della nuova fioritura etica dell’essere. Infatti, nella misura in cui quell’essere assoluto e incondizionato che per sé non accade è, nella nostra esperienza concreta, sempre dato in un apparire e in uno scomparire, dunque in un accadere, cioè nella contraddittorietà di un non-ancora-essere di cui ci sfugge l’evidenza del suo legame ‘determinato’ con l’intero e della modalità incontraddittoria del suo essere incluso, si apre una via etica di approssimazione all’essere, che la prassi umana, nel suo adoperarsi in vista di un-di-più-di-essere rispetto all’essere-che-si-è-già può esplorare e percorrere, assumendosi il compito di far accadere-per noi l’essere per sé. Né si rimane sul piano vanamente esecutivo di un’etica incapace di praticare l’incremento-di-essere, perché, nell’esplicitazione della specifica identità umana, giunge a manifestazione anche la possibilità di una fioritura post-metafisica dell’essere nella praxis e nella poiesis dell’essere umano, complice il pensiero del dinamismo dell’essere o ontopoiesi cui ha molto contribuito la rifondazione della fenomenologia di Husserl in senso metafisico compiuta da A.-T. Tymieniecka.

La fioritura post-metafisica dell'essere nella teoresi di Francesco Totaro

VERDUCCI, Daniela
2014-01-01

Abstract

L’esigenza etica che si impone, in questi tempi di alienazione-da-lavoro è quella radicale della rigenerazione dell’essere-umano; ed essa può trovare soddisfazione esclusivamente tramite la ripresa del contatto con la fonte ontologica della prassi, con l’essere intero e assoluto, trascendentale dei trascendentali, cui l’umano continua ad essere costitutivamente relativo, pur nell’apparente inconsapevolezza o dimenticanza, che accompagna il processo di detrascendentalizzazione epocale in corso nell’attualità del filosofare. Ed è precisamente in relazione a tale nodo problematico riguardante la possibile sutura tra l’essere per sé e l’essere per noi, che la riflessione di Francesco Totaro consegue il suo risultato più significativo, nella misura in cui rende manifesto il fatto poco osservato che dal tronco ritenuto inaridito dell’etica sgorga tuttora un rivolo d’essere, grazie ad una inattesa «spaccatura», per la quale «l’apertura interale si frange nell’apertura esistenziale» di «un rapporto ‘mancante’ o deficitario ma desiderato» tra esistenza finita ed essere interale. La finitezza antropologica, oggetto della ricerca ontologica più recente, emerge così – e proprio nella sua condizione finita di identità e insieme non identità con l’essere – quale luogo privilegiato della nuova fioritura etica dell’essere. Infatti, nella misura in cui quell’essere assoluto e incondizionato che per sé non accade è, nella nostra esperienza concreta, sempre dato in un apparire e in uno scomparire, dunque in un accadere, cioè nella contraddittorietà di un non-ancora-essere di cui ci sfugge l’evidenza del suo legame ‘determinato’ con l’intero e della modalità incontraddittoria del suo essere incluso, si apre una via etica di approssimazione all’essere, che la prassi umana, nel suo adoperarsi in vista di un-di-più-di-essere rispetto all’essere-che-si-è-già può esplorare e percorrere, assumendosi il compito di far accadere-per noi l’essere per sé. Né si rimane sul piano vanamente esecutivo di un’etica incapace di praticare l’incremento-di-essere, perché, nell’esplicitazione della specifica identità umana, giunge a manifestazione anche la possibilità di una fioritura post-metafisica dell’essere nella praxis e nella poiesis dell’essere umano, complice il pensiero del dinamismo dell’essere o ontopoiesi cui ha molto contribuito la rifondazione della fenomenologia di Husserl in senso metafisico compiuta da A.-T. Tymieniecka.
2014
9788834324479
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