La ricorrenza dei cento anni dalla pubblicazione del primo manifesto futurista – «Le Figaro», 20 febbraio 1909, a firma Filippo Tommaso Marinetti – ha segnato l’apice di quella che è stata definita Futurismus-Renaissance, un vasto e persistente fenomeno di revival iniziato alla fine degli anni Sessanta e a tutt’oggi senza soluzione di continuità. In Italia, alla stagione d’avvio del futurismo “eroico”, durata all’incirca fino al 1920, ha fatto seguito una seconda stagione creativa diversamente caratterizzata, proseguita almeno fino al 1944, anno della morte di Marinetti e spartiacque fondamentale nella cultura del Novecento. E come all’interno del primo futurismo vanno tenuti distinti gli esiti milanesi dagli esiti fiorentini, e fra questi ultimi il futurismo di «Lacerba» e dei lacerbiani da quello della “pattuglia azzurra” dei giovani de «L’Italia Futurista», così nel secondo futurismo giungono a maturazione esperienze letterarie e artistiche di diversa specificità, con la più varia dislocazione geografica. Si complica non solo il quadro delle sperimentazioni e delle applicazioni, ma anche la mappa regionale della creatività futurista, con il risultato di proiettare esperienze talora di periferico localismo sul megaschermo della più internazionale tra le avanguardie novecentesche. Pensare al futurismo nei termini di un ponte gettato tra linguaggi diversi e tra centri e periferie pare dunque un presupposto critico fondato dal punto di vista storico-culturale, e insieme anche la modalità interpretativa più adatta a restituire la fisionomia di questo movimento nella sua densità e complessità. Il Convegno di studi "I linguaggi del Futurismo", promosso dall'Università di Macerata, si è inserito da questa angolazione nella discussione sollecitata dalle celebrazioni del centenario, in una prospettiva multidisciplinare che intende chiamare in causa le arti “del tempo” e “dello spazio” (letteratura, lingua, teatro, musica, matematica, pittura, scultura, architettura), accanto alle varie esperienze applicative che rappresentano l’elemento di più spiccata modernità del futurismo: dalla grafica al design, dalla scenografia alla fotografia, dalla pubblicità alla moda alla cucina. Specifica attenzione è rivolta alla geografia del futurismo: da quello marchigiano, ripercorso nelle sue coordinate artistiche e nei rapporti intrattenuti dai suoi protagonisti (Monachesi, Pannaggi, Tulli, Tano, Peschi, Massetani, Buldorini) con le esperienze nazionali e internazionali più consolidate (in particolare con la Firenze futurista riccamente documentata dai locali archivi di conservazione), per arrivare alla Francia, alla Russia, all’America latina.

I linguaggi del Futurismo

MELOSI, LAURA
2013-01-01

Abstract

La ricorrenza dei cento anni dalla pubblicazione del primo manifesto futurista – «Le Figaro», 20 febbraio 1909, a firma Filippo Tommaso Marinetti – ha segnato l’apice di quella che è stata definita Futurismus-Renaissance, un vasto e persistente fenomeno di revival iniziato alla fine degli anni Sessanta e a tutt’oggi senza soluzione di continuità. In Italia, alla stagione d’avvio del futurismo “eroico”, durata all’incirca fino al 1920, ha fatto seguito una seconda stagione creativa diversamente caratterizzata, proseguita almeno fino al 1944, anno della morte di Marinetti e spartiacque fondamentale nella cultura del Novecento. E come all’interno del primo futurismo vanno tenuti distinti gli esiti milanesi dagli esiti fiorentini, e fra questi ultimi il futurismo di «Lacerba» e dei lacerbiani da quello della “pattuglia azzurra” dei giovani de «L’Italia Futurista», così nel secondo futurismo giungono a maturazione esperienze letterarie e artistiche di diversa specificità, con la più varia dislocazione geografica. Si complica non solo il quadro delle sperimentazioni e delle applicazioni, ma anche la mappa regionale della creatività futurista, con il risultato di proiettare esperienze talora di periferico localismo sul megaschermo della più internazionale tra le avanguardie novecentesche. Pensare al futurismo nei termini di un ponte gettato tra linguaggi diversi e tra centri e periferie pare dunque un presupposto critico fondato dal punto di vista storico-culturale, e insieme anche la modalità interpretativa più adatta a restituire la fisionomia di questo movimento nella sua densità e complessità. Il Convegno di studi "I linguaggi del Futurismo", promosso dall'Università di Macerata, si è inserito da questa angolazione nella discussione sollecitata dalle celebrazioni del centenario, in una prospettiva multidisciplinare che intende chiamare in causa le arti “del tempo” e “dello spazio” (letteratura, lingua, teatro, musica, matematica, pittura, scultura, architettura), accanto alle varie esperienze applicative che rappresentano l’elemento di più spiccata modernità del futurismo: dalla grafica al design, dalla scenografia alla fotografia, dalla pubblicità alla moda alla cucina. Specifica attenzione è rivolta alla geografia del futurismo: da quello marchigiano, ripercorso nelle sue coordinate artistiche e nei rapporti intrattenuti dai suoi protagonisti (Monachesi, Pannaggi, Tulli, Tano, Peschi, Massetani, Buldorini) con le esperienze nazionali e internazionali più consolidate (in particolare con la Firenze futurista riccamente documentata dai locali archivi di conservazione), per arrivare alla Francia, alla Russia, all’America latina.
2013
9788860563781
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